Il potere del giudice del rinvio di accertare fatti costituenti reato prima di sottoporre una domanda pregiudiziale
Corte giust., 30 marzo 2023, causa C-269/22, IP e al. (Accertamento della sussistenza dei fatti di cui al procedimento principale II)
Le pouvoir de la juridiction de renvoi d’établir des faits constitutifs d’une infraction avant d’introduire une demande de décision préjudicielle
The referring judge’s power to establish facts constituting an offence before making a reference for a preliminary ruling
Nella causa C-269/22, la Corte di giustizia è stata chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione dell’art. 267 TFUE letto alla luce degli artt. 47, secondo comma, (diritto ad un giudice imparziale) e 48, par. 1, (presunzione di innocenza) CdFUE. Più nel dettaglio, il quesito posto ai giudici di Lussemburgo è se le disposizioni citate ostino a che un giudice nazionale penale stabilisca, prima di qualsiasi pronuncia nel merito e nel rispetto delle garanzie procedurali previste dal diritto nazionale, la sussistenza di taluni fatti al fine di poter sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale ricevibile.
La questione è stata posta nell’ambito di un procedimento penale in cui la Procura bulgara accusava IP, DD, ZI, SS, HYA di aver partecipato ad una organizzazione criminale finalizzata a trasportare, attraverso le frontiere bulgare, cittadini di Stati terzi nell’Unione europea e ad aiutarli illegalmente, dietro il pagamento di tangenti, ad attraversare il territorio nazionale. Tra gli indagati figuravano tre agenti della polizia di frontiera, i quali, durante il controllo dei documenti, autorizzavano l’ingresso dei predetti cittadini in violazione dei loro obblighi derivanti dal regolamento (UE) 2016/399 (Schengen).
Lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato), pur non avendo ancora accertato o meno la responsabilità penale degli imputati, riteneva che, qualora, dopo aver assunto le prove e sentito le parti per stabilire il contesto fattuale, il regolamento Schengen fosse risultato applicabile al caso di specie, sarebbe stato necessario sottoporre alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale di interpretazione delle disposizioni di tale regolamento.
Tuttavia, secondo il Tribunale specializzato, la proposizione di una questione pregiudiziale da parte del giudice penale che non aveva ancora statuito nel merito la causa, era, di fatto, resa impossibile da alcune disposizioni nazionali (artt. 487 e 29, paragrafo 2, del CPN). Infatti, la disciplina bulgara prevede che il giudice che determina il contesto fattuale in un atto diverso dalla sentenza di merito (dunque, nel caso di specie nell’ordinanza di rinvio) commette un’irregolarità procedurale che gli impone di declinare la propria giurisdizione sul caso. Qualora il giudice non dichiari la propria incompetenza la sentenza di merito sarebbe passibile di annullamento.
Sulla base di tali previsioni normative, il Tribunale specializzato sollevava un primo rinvio pregiudiziale (causa C-609/21) in cui si chiedeva se il diritto dell’Unione (artt. 267 TFUE, 94, primo comma, lettera a), del regolamento di procedura della Corte, 4, paragrafo 3, TUE e 47, secondo comma, CDFUE) debba essere interpretato nel senso che esso osti a una norma nazionale che obbliga i giudici penali, in occasione dell’accertamento dei fatti nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale, a ricusarsi, in quanto l’inosservanza di tale obbligo comporterebbe l’annullamento della futura decisione di merito.
La Corte di giustizia, con l’ordinanza del 25 marzo 2022 (Accertamento della sussistenza dei fatti di cui al procedimento principale I), ha dato risposta affermativa al quesito sopracitato. In particolare, i giudici di Lussemburgo, dopo aver ricordato l’importanza dello strumento pregiudiziale, quale «elemento chiave del sistema di amministrazione della giustizia», hanno sottolineato che la spiegazione del contesto fattuale e giuridico ha una duplice funzione. Essa serve, da una parte, a dare ai governi degli Stati membri, nonché alle altre parti interessate, la possibilità di presentare osservazioni nella causa, dall’altra parte, a dimostrare che il problema posto alla Corte di giustizia non è ipotetico, ma ha un nesso reale con la causa principale. Fatte queste premesse, il punto centrale del ragionamento della Corte è il seguente: una norma nazionale che induce un giudice a scegliere di non sottoporre questioni pregiudiziali al fine di evitare la propria ricusazione o l’annullamento della propria futura sentenza di merito ha l’effetto di pregiudicare i poteri conferiti ai giudici nazionali dagli artt. 267 TFUE e 4, par. 3, terzo comma, TUE, e di ridurre sensibilmente l’efficacia della cooperazione tra la Corte di giustizia e i giudici nazionali. Ne consegue che la soluzione scelta dalla Corte è che la norma nazionale che impone ai giudici penali, quando si pronunciano sui fatti nell’ambito di un rinvio pregiudiziale alla Corte, di declinare la propria competenza a pena di annullamento della decisione di merito deve essere disapplicata.
A fronte di tale ordinanza, il Tribunale penale bulgaro ha sollevato un ulteriore rinvio pregiudiziale (causa C-269/22). Secondo quest’ultimo, se è vero che il contesto fattuale e giuridico del procedimento nazionale è considerato un elemento costitutivo dei rinvii pregiudiziali, potrebbe anche accadere che la domanda pregiudiziale possa, tuttavia, essere presentata in modo tale da violare i diritti fondamentali delle parti. La questione pregiudiziale sottoposta è se il giudice nazionale violi il diritto alla presunzione di innocenza (art. 48, par. 1, CdFUE) quando nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale stabilisce che l’imputato ha commesso taluni reati, e se la sua futura decisione nel merito a seguito della risposta della Corte violi il diritto a un giudice imparziale (art.47, secondo comma, CdFUE). Ciò a maggior ragione se si considera il fatto che la Corte di Strasburgo ritiene violato l’art. 6 CEDU – che contiene le garanzie corrispondenti agli artt. 47 e 48 CdFUE – quando un giudice, statuendo su questioni diverse dal merito, in particolare questioni procedurali, si pronuncia o esprime un parere preliminare nel merito.
La Corte, nella sentenza del 30 marzo 2023 (Accertamento della sussistenza dei fatti di cui al procedimento principale II) in primo luogo, sottolinea che, come ammesso dallo stesso giudice del rinvio, quest’ultimo non esprime un parere preliminare o un’idea preconcetta nel merito, ma si pronuncia sui fatti di causa, applicando l’insieme delle garanzie procedurali previste dal diritto nazionale, al fine di poter formulare una domanda di pronuncia pregiudiziale ricevibile (punti 20 e 21). Ciò è possibile solo esponendo il contesto di fatto e di diritto del procedimento principale. In questo modo il giudice del rinvio si limita a rispettare i requisiti dell’articolo 267 TFUE e dell’articolo 94 del regolamento di procedura, adempiendo così alla logica di cooperazione inerente al meccanismo stesso del rinvio pregiudiziale, senza che si possa ritenere violato il diritto di essere sentiti da un giudice imparziale sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta o il diritto alla presunzione di innocenza garantito dall’articolo 48, paragrafo 1, della medesima (punto 15).
Secondo i giudici del Lussemburgo, stabilire la sussistenza di fatti di causa nella fase del rinvio pregiudiziale non implica, di per sé, una violazione del diritto a un giudice imparziale o del diritto alla presunzione di innocenza, dal momento che non viene impedito al giudice interessato di applicare, in tale fase, l’insieme delle garanzie procedurali previste dal suo diritto nazionale. In virtù di ciò, si ritiene che l’art. 267 TFUE, letto alla luce dell’art. 47, secondo comma, e dell’articolo 48, paragrafo 1, della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che, prima di qualsiasi pronuncia nel merito, un giudice nazionale in materia penale stabilisca, nel rispetto delle garanzie procedurali previste dal diritto nazionale, la sussistenza di taluni fatti al fine di poter sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale ricevibile (punti 16 e 17).
A ben vedere, la Corte era giunta alla medesima conclusione nel caso Ognyanov (C-614/14). In quella occasione la Corte di giustizia ha ritenuto che non si potesse concludere per la sussistenza di un legame immediato e diretto tra la violazione dei diritti fondamentali delle parti e la presentazione del contesto fattuale e giuridico del procedimento principale in una richiesta di pronuncia pregiudiziale.
Occorre osservare che, sebbene con un ragionamento chiaro la Corte respinge la circostanza secondo la quale la descrizione dei fatti di causa e delle norme di diritto (rilevanti per attivare il dialogo con la Corte di giustizia) possa automaticamente costituire una violazione delle garanzie penali citate, una risposta così netta non fornisce alcuna indicazione pratica al giudice nazionale. La soluzione tranchant piuttosto che chiarire la portata e lo scopo degli artt. 47 e 48 CdFUE, in relazione all’art. 267 TFUE, riafferma le prerogative dei tribunali nazionali nel processo pregiudiziale. In altre parole, la Corte non poteva che pervenire ad una tale soluzione al fine di preservare il funzionamento di quella che è la “chiave di volta” del sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione europea dal momento che l’interpretazione delle norme nazionali – come quelle nel caso di specie e in Ognyanov – in sostanza, paralizzano, il dialogo dei giudici nazionali con la Corte di giustizia. Tuttavia, vista la peculiarità del caso di specie – come della precedente ordinanza emersa nel medesimo procedimento principale, nonché del caso Ognyanov – rappresentata dalla “particolare” interpretazione bulgara delle garanzie penali, la Corte meglio avrebbe fatto se si fosse maggiormente soffermata sulla definizione del contenuto normativo dei diritti fondamentali invocati insieme all’art. 267 TFUE. In altri termini, l’operazione di leggere l’art. 267 TFUE alla luce degli artt. 47, secondo comma, e 48, paragrafo 1, della CdFUE avrebbe richiesto, da parte della Corte, qualche considerazione in più, magari, rispetto allo standard legale dell’imparzialità e della presunzione di innocenza adottato dalla Corte di giustizia quando valuta l’ordinanza di rinvio pregiudiziale o, anche rispetto al livello di precisione della descrizione dei fatti richiesto per la proposizione di questioni pregiudiziali ricevibili in materia penale.