Le conseguenze di una cancellazione dal ruolo di un ricorso principale sulle penalità adottate dal giudice cautelare ai sensi dell’art. 279 TFUE
Trib., 29 maggio 2024, cause riunite T-200/22 e T-314/22, Polonia c. Commissione
Les conséquences de la radiation d’un recours au principal sur les astreintes adoptées par le juge des référés sur la base de l’article 279 TFUE
The consequences of removing a case in the main proceedings on the penalties adopted by the judge hearing an application for interim measures on the basis of Article 279 TFEU
1. Con la sentenza del 29 maggio 2024, nelle cause riunite T-200/22 e T-314/22, Polonia c. Commissione (di seguito, anche “sentenza Polonia/Commissione”), in Sezione Ampliata, il Tribunale ha rigettato due ricorsi introdotti contro le decisioni del 7 febbraio 2022, 8 febbraio 2022, 16 marzo 2022 e 31 marzo 2022 (causa T-200/22) e del 16 maggio 2022 (causa T-314/22) (le decisioni contestate), con le quali la Commissione ha recuperato mediante compensazione le somme dovute dalla Polonia a titolo di penalità giornaliere disposte nell’ordinanza della vicepresidente della Corte di giustizia del 20 settembre 2021 [Repubblica Ceca/Polonia (Miniera di Turów), C-121/21 R, EU:C:2021:752], a seguito dell’inottemperanza dell’ordinanza di quest’ultima del 21 maggio 2021 [Repubblica Ceca/Polonia (Miniera di Turów), C-121/21 R EU:C:2021:420], per i periodi compresi, rispettivamente, tra il 20 settembre 2021 e il 17 gennaio 2022 e tra il 18 gennaio 2022 e il 3 febbraio 2022.
2. Prima di esaminare la sentenza Polonia/Commissione, è opportuno offrire qualche elemento di contesto. In primo luogo, essa si inserisce in un contenzioso più ampio per il quale continuano a essere pendenti dinanzi al Tribunale le cause T-830/22, T-156/23 e T-1033/23, Polonia/Commissione, con le quali sono contestate altrettante compensazioni effettuate dalla Commissione in ragione del mancato versamento da parte polacca delle penalità giornaliere disposte nell’ordinanza del vicepresidente della Corte di giustizia del 27 ottobre 2021 [Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici), C-204/21 R, EU:C:2021:878], a causa dell’inesecuzione dell’ordinanza del suo predecessore del 14 luglio 2021 [Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici)].
Questo contenzioso trova la sua origine in un’importante evoluzione in materia cautelare. In effetti, per la prima volta nell’ordinanza del 20 novembre 2017 [Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C-441/17 R, EU:C:2017:877], in qualità di giudice della tutela provvisoria, la Corte ha configurato la possibilità di comminare una penalità come conseguenza del mancato ottemperamento da parte dello Stato convenuto di una misura cautelare precedentemente adottata [ordinanza del vicepresidente della Corte del 27 luglio 2017, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża]. Per via pretoria, il giudice cautelare ha così colmato una lacuna quanto agli strumenti a sua disposizione qualora le parti non rispettino i suoi provvedimenti. In effetti, in assenza di disposizioni nel diritto primario e derivato aventi per oggetto le conseguenze dell’inottemperanza di una misura decisa dal giudice della tutela cautelare, quest’ultimo risultava privo di strumenti per garantire che, nelle more del ricorso principale, la decisione che aveva adottato fosse effettivamente eseguita dalle parti (M.F. Orzan, 2023). L’affermazione di principio contenuta nell’ordinanza del 20 novembre 2017 ha trovato una prima applicazione concreta in quella del 20 settembre 2021, Repubblica Ceca/Polonia (Miniera di Turów), su cui le decisioni contestate nelle cause T-200/22 e T-314/22 si fondano.
In secondo luogo, è utile segnalare una differenza fondamentale tra le cause T-200/22 e T-314/22 e le tre che restano pendenti. Nelle prime due, le decisioni contestate riguardano le penalità giornaliere adottate dal giudice cautelare nell’ambito del ricorso Repubblica Ceca/Polonia (Miniera di Turów), che si è concluso il 4 febbraio 2022 con una cancellazione dal ruolo, a seguito di una transazione intervenuta il giorno precedente tra i due Stati. Diversamente, nelle altre tre cause, le decisioni con cui la Commissione ha recuperato mediante compensazione le somme dovute dalla Polonia concernono penalità giornaliere decise nel quadro del ricorso Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici), che è terminato con la sentenza del 5 giugno 2023 [Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici), C-204/21, EU:C:2023:442] nella quale la Corte ha constatato la violazione da parte polacca del diritto dell’Unione.
Ora, come si avrà modo di evidenziare nel prosieguo dell’analisi, nelle cause T-200/22 e T-314/22, il Tribunale si è dovuto pronunciare sugli effetti che la cancellazione dal ruolo della causa Repubblica Ceca/Polonia (Miniera di Turów) ha avuto sulla legalità delle decisioni della Commissione di recuperare mediante compensazione le somme dovute dalla Polonia a titolo di penalità giornaliere comminate dal giudice cautelare nel quadro di questa causa.
Con riferimento, invece, alle tre cause tuttora pendenti, dalle informazioni desumibili dalla GUUE, si evince che la Polonia sostiene di avere eseguito il 15 luglio 2022, nelle more del ricorso principale nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici), le misure provvisorie ordinate dal giudice cautelare nell’ordinanza del 14 luglio 2021, [Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici)], con la conseguenza che le penalità giornaliere disposte da quest’ultimo nell’ordinanza del 27 ottobre 2021, adottata per l’inesecuzione della precedente ordinanza, non dovrebbero essere più corrisposte a far data, appunto, dal 15 luglio 2022. Pertanto, le compensazioni effettuate dalla Commissione, a fronte del mancato versamento da parte polacca di tali penalità successivamente a questa data sarebbero illegali. Queste cause sembrano quindi sollevare questioni differenti che attengono, da un lato, al ruolo della Commissione nel recupero delle penalità giornaliere stabilite dal giudice cautelare e, dall’altro, all’articolazione tra i poteri di quest’ultimo e la valutazione dell’esecuzione delle misure provvisorie effettuata dalla Commissione.
In terzo luogo, è utile precisare, al fine di agevolare la comprensione del ragionamento effettuato dal Tribunale nella sentenza Polonia/Commissione, che, dopo la cancellazione dal ruolo della causa Repubblica Ceca/Polonia (Miniera di Turów), l’8 febbraio 2022, la Polonia ha introdotto dinanzi al giudice cautelare una domanda fondata sull’art. 163 del regolamento di procedura della Corte (RP Corte), chiedendo la revoca delle ordinanze del 21 maggio 2021 e del 20 settembre 2021, sulla base di un mutamento delle circostanze. Tale domanda è stata rigettata dal vicepresidente della Corte con l’ordinanza del 19 maggio 2022 [Repubblica ceca c. Polonia (Miniera di Turów), C-121/21 R-RAP, EU:C:2022:408]. Innanzitutto, il vicepresidente ha rilevato che in una domanda introdotta conformemente all’art. 163 RP Corte non è possibile contestare gli effetti di una decisione adottata in precedenza, ma unicamente richiedere una nuova valutazione per il futuro. Il Vicepresidente ha osservato, poi, sulla base, rispettivamente, degli artt. 160, parr. 1 e 2, e 162, par. 3, RP Corte, che il procedimento cautelare è accessorio al ricorso principale e che l’efficacia delle misure adottate nel suo ambito cessa alla data indicata nei provvedimenti provvisori o, in mancanza, alla pronuncia della sentenza definitiva. Egli ha quindi concluso che, a far data dal 4 febbraio 2022, giorno della cancellazione dal ruolo della causa Repubblica Ceca/Polonia, la Polonia non era più tenuta a rispettare né l’ordinanza del 21 maggio 2021, che le imponeva di sospendere le attività di estrazione di lignite nella miniera di Turów, né quella del 20 settembre 2021, che la condannava al pagamento di una penalità di 500.000 euro al giorno per l’inesecuzione dell’ordinanza del 21 maggio 2021. Egli ha, di conseguenza, rigettato la domanda della Polonia.
3. Ai fini della presente segnalazione, benché la Polonia abbia sollevato due motivi a sostegno dei propri ricorsi, vertenti sulla violazione, rispettivamente, degli artt. 101 e 102 del regolamento finanziario, in combinato disposto con l’art. 98 del medesimo regolamento, che costituisce il fondamento giuridico delle decisioni contestate, e dell’art. 296 TFUE, dell’art. 41, par. 2, lett. c), e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, appare opportuno limitare l’analisi al primo dei due che, in sostanza, riguarda le conseguenze della cancellazione dal ruolo della causa Repubblica Ceca/Polonia (Miniera di Turów) sulle misure provvisorie adottate nell’ambito di tale causa.
Secondo la Polonia, in sostanza, la cancellazione dal ruolo della causa avrebbe prodotto effetti ex tunc sull’ordinanza del 20 settembre 2021, facendo venire meno la base giuridica delle decisioni contestate. Da parte sua, la Commissione ha sostenuto che gli effetti della cancellazione avrebbero operato ex nunc, ossia a partire dal momento della transazione tra Repubblica Ceca e Polonia, intervenuta il 3 febbraio 2022, e, pertanto, essa non avrebbe prodotto conseguenze sulle somme dovute dalla Polonia nel periodo compreso tra la notifica dell’ordinanza del 20 settembre 2021 e la transazione del 3 febbraio 2022.
Innanzitutto, a titolo preliminare, il Tribunale si è soffermato sulla natura e sulle finalità delle penalità imposte in base all’art. 279 TFUE, indicando, da un lato, che esse sono necessarie per garantire la piena efficacia della decisione definitiva. Dall’altro lato, il Tribunale ha rilevato che, qualora una parte non si conformi ad un’ordinanza adottata dal giudice cautelare, quest’ultimo deve potere intervenire per assicurare l’efficacia dell’ingiunzione rivolta a titolo di misura provvisoria, ricorrendo, se necessario, all’imposizione di una penalità. Il Tribunale ha aggiunto che l’imposizione di siffatta penalità mira quindi a far rispettare i provvedimenti provvisori e a garantire l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione, che è intrinseca al valore dello Stato di diritto sancito all’art. 2 TUE. Sulla base di questo ragionamento, il Tribunale ha concluso che una penalità giornaliera rappresenta una misura di carattere accessorio, non sanzionatorio, come concordano la Polonia e la Commissione, ma di natura coercitiva, funzionale a dissuadere la parte che non si sia conformata ad un una misura provvisoria decisa dal giudice cautelare dal ritardare l’adeguamento del suo comportamento a siffatta misura.
Il Tribunale ha poi esaminato la portata del procedimento sommario alla luce dell’art. 279 TFUE, ricordando che, dai già citati artt. 160, parr. 1 e 2, e 162, par. 3, RP Corte, si evince che tale procedimento ha natura accessoria al ricorso principale e che l’efficacia delle misure adottate nel suo ambito cessa alla data indicata nei provvedimenti provvisori o, in mancanza, alla pronuncia della sentenza definitiva. Sulla base di queste premesse, il Tribunale ha constatato che, le ordinanze del 21 maggio 2021 e del 20 settembre 2021, Repubblica ceca/Polonia hanno cessato di essere efficaci a decorrere dal 4 febbraio 2022. Inoltre, il Tribunale ha rilevato che l’ordinanza del 19 maggio 2022 precisa espressamente che, a decorrere dal 4 febbraio 2022, data dell’ordinanza che ha disposto la cancellazione della causa C‑121/21 dal ruolo della Corte, la Polonia non è più tenuta a cessare immediatamente le attività di estrazione di lignite nella miniera di Turów, con la conseguenza che, a decorrere da tale data, deve ritenersi ugualmente caducata la penalità di 500.000 euro prevista dall’ordinanza del 20 settembre 2021.
Il Tribunale ha quindi analizzato le conseguenze della cancellazione dal ruolo della causa Repubblica ceca/Polonia (Miniera di Turów) rispetto alla pretesa polacca di considerare estinto il debito derivante dal mancato pagamento delle penalità con effetto retroattivo.
In primo luogo, il Tribunale non ha accolto la tesi avanzata dalla Polonia di applicare per analogia la giurisprudenza relativa agli effetti dell’annullamento di un atto da parte del giudice dell’Unione, rilevando la non pertinenza di questa giurisprudenza nel caso di specie, dal momento che l’ordinanza del 20 settembre 2021, Repubblica Ceca/Polonia (Miniera di Turów) non è impugnabile e non può quindi essere annullata retroattivamente.
In secondo luogo, il Tribunale ha respinto l’argomento secondo il quale la maggior parte delle norme processuali degli Stati membri predisporrebbero che i provvedimenti cautelari adottati in attesa di una decisione definitiva cesserebbero retroattivamente di produrre i loro effetti quando il procedimento principale divenga privo di oggetto. Sul punto, da un lato, il Tribunale ha giudicato che il rinvio alle norme processuali nazionali è irrilevante, in quanto la legittimità delle decisioni contestate deve essere esaminata unicamente alla luce delle norme del diritto dell’Unione. Dall’altro, il Tribunale ha ritenuto che, anche ammettendo che le norme processuali di alcuni ordinamenti giuridici riconoscano il carattere retroattivo della cancellazione dal ruolo di una causa sugli effetti di una misura cautelare, ciò non è sufficiente a dimostrare che dette norme procedurali fanno parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e sono, quindi, fonti del diritto dell’Unione.
In terzo luogo, il Tribunale ha rigettato l’argomento per il quale la Polonia ha fatto valere che il proseguimento dell’esecuzione dei provvedimenti provvisori, nonostante la cancellazione dal ruolo della causa Repubblica Ceca/Polonia (Miniera di Turów), sarebbe andato al di là della sola finalità perseguita da tali provvedimenti, vale a dire quella di garantire l’efficacia della sentenza nel merito. Innanzitutto, il Tribunale ha ritenuto che le penalità inflitte ai sensi dell’art. 279 TFUE non mirano soltanto a garantire l’efficacia della sentenza definitiva, ma hanno altresì l’obiettivo di far rispettare i provvedimenti provvisori prescritti. Inoltre, il Tribunale ha rilevato che l’accoglimento di un siffatto argomento equivarrebbe a svuotare di significato il meccanismo della penalità imposta ai sensi dell’art. 279 TFUE, in quanto condurrebbe ad accettare che la parte destinataria della misura violi deliberatamente l’obbligo di conformarsi ai provvedimenti provvisori disposti in sede di procedimento sommario fino alla fine della controversia principale, pregiudicando in tal modo l’efficacia del diritto dell’Unione.
In quarto luogo, per le stesse ragioni, il Tribunale non ha accolto l’argomento in forza del quale l’esecuzione delle penalità renderebbe meno attrattiva la conclusione di una transazione e ostacolerebbe in tal modo lo sviluppo delle relazioni di buon vicinato.
Infine, il Tribunale ha esaminato e rigettato un ultimo argomento del primo motivo relativo all’interpretazione dell’art. 101, par. 6, del reg. finanziario nonché il secondo motivo vertente, in sostanza, sulla violazione dell’obbligo di motivazione.
4. La sentenza Polonia/Commissione offre interessanti spunti di riflessione. Innanzitutto, essa apporta alcune precisazioni sulla natura delle penalità comminate nell’ambito del procedimento cautelare, conformemente all’art. 279 TFUE. In effetti, nell’ordinanza Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), il giudice cautelare della Corte si è limitato a escludere che tali penalità potessero essere considerate sanzioni ai sensi dell’art. 260, parr. 2 e 3, TFUE (in generale, sui procedimenti ex art. 260, parr. 2 e 3, TFUE v. C. Amalfitano, M. Condinanzi, 2020, pp. 265-279), e le ha qualificate come «misure supplementari per garantire l’efficacia dei provvedimenti provvisori richiesti» e «l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione, la quale è inerente al valore dello Stato di diritto sancito all’art. 2 TUE e su cui l’Unione è fondata».
Ora, nella sentenza qui segnalata, oltre ad avere ricordato che le penalità inflitte dal giudice cautelare non sono sanzioni, il Tribunale ha giudicato che «una penalità inflitta in via accessoria rispetto a provvedimenti provvisori […] è uno strumento di natura coercitiva». Il Tribunale giunge a questa conclusione all’esito di un ragionamento che mette in evidenza come, nell’ambito del procedimento cautelare dinanzi alle giurisdizioni del Lussemburgo, la penalità risponda all’esigenza di dissuadere la parte che non si è conformata a una prima ordinanza dal continuare nel suo comportamento. Il giudice cautelare interviene quindi ex post con un’autonoma misura provvisoria nei confronti del destinatario che non esegue la sua prima decisione perché vi si conformi.
In proposito, anche se non è certo questa la sede per un esame comparato degli ordinamenti giuridici degli Stati membri, tuttavia, almeno dall’analisi di quello italiano, emergono le peculiarità delle penalità nell’ambito del procedimento cautelare davanti alla CGUE. In effetti, sebbene il nostro ordinamento riconosca la possibilità di comminare una penalità a fini coercitivi, nondimeno, in primo luogo, questa possibilità è ammessa unicamente nell’ambito del processo esecutivo sia ammnistrativo che civile. In secondo luogo, a differenza di quanto affermato per via pretoria dalla Corte, tale penalità non può essere adottata come un’autonoma misura provvisoria, ma rappresenta piuttosto il corollario di una decisione del giudice dell’esecuzione e opera come fonte di dissuasione ex ante. In questo senso depongono gli artt. 114 del decreto legislativo n. 104 (Attuazione dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), inserito nel Titolo I, relativo al giudizio di ottemperanza, e l’art. 614 bis del c.p.c., i quali, anche se in ambiti applicativi differenti, prevedono in termini analoghi che, a meno che ciò non sia manifestamente iniquo, su richiesta di parte, il giudice fissa la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento.
La sentenza Polonia/Commissione affronta poi la questione delle conseguenze prodotte dalla cancellazione dal ruolo di un ricorso principale sull’esistenza della penalità adottata nell’ambito del procedimento sommario incardinato all’interno di tale ricorso. In termini generali, da un lato, è opportuno ricordare che, in ragione della sua accessorietà, una misura provvisoria produce i suoi effetti entro e non oltre la decisione che mette fine al procedimento. Dall’altro lato, secondo la giurisprudenza, l’ordinanza del giudice cautelare non deve pregiudicare la decisione finale, producendo effetti irreversibili. Con riguardo a questa seconda caratteristica, è stato precisato che per non produrre tali effetti un’ordinanza del giudice cautelare non deve anticipare il senso della futura decisione di merito, privandola di effetto utile (ordinanza del presidente della Corte del 17 maggio 1991, causa C‑313/90 R, CIRFS e a. c. Commissione, punto 24).
Ora, rispetto a queste caratteristiche delle misure cautelari, come ricordato dal Tribunale, una penalità produce i suoi effetti al massimo fino al giorno della pronuncia che mette fine al procedimento. Inoltre, essa né pregiudica né anticipa la decisione che viene adottata dal giudice nel procedimento principale. In effetti, nell’ambito di un ricorso per infrazione, al di fuori dell’ipotesi contemplata all’art. 260, parr. 2 e 3, TFUE, la Corte si limita a constatare la violazione di un obbligo derivante dal diritto dell’Unione. Da questo punto di vista, il fatto che, in pendenza di giudizio, lo Stato membro convenuto, che non ha ottemperato a una misura provvisoria emessa dal giudice cautelare, sia, in ragione di tale inadempimento, destinatario di una misura accessoria consistente in una penalità, è privo di incidenza sulle valutazioni svolte dal giudice del merito.
Sebbene le penalità comminate sulla base dell’art. 279 TFUE abbiano le stesse caratteristiche delle ordinanze provvisorie solitamente adottate dal giudice cautelare, esse presentano alcuni tratti peculiari, che obbligano a una riflessione. Certo, una penalità è accessoria e non irreversibile ai sensi della giurisprudenza sopraccitata ma, al tempo stesso, produce effetti definitivi nei confronti del suo destinatario. Infatti, quest’ultimo è tenuto a corrispondere il montante stabilito dal giudice cautelare fino alla data in cui non si conformi, nelle more del ricorso principale, alla decisione di tale giudice dal cui inadempimento trae origine la penalità o, al più tardi, qualora non ottemperi a siffatta decisione, alla data di adozione della pronuncia che mette fine a siffatto ricorso. La persistenza dell’obbligo al pagamento della penalità trova la propria ragion d’essere nella circostanza che, se così non fosse, il suo destinatario potrebbe continuare nella propria condotta senza subire alcuna conseguenza, facendo così venire meno la finalità coercitiva della penalità. È questo l’insegnamento che si trae dalla sentenza Polonia/Commissione. Peraltro, nel caso di specie, il Tribunale si è pronunciato sull’ipotesi particolare di un ricorso cancellato dal ruolo per transazione, ma il suo ragionamento è estendibile anche ai ricorsi che arrivino normalmente a sentenza. Se il destinatario di una penalità comminata ai sensi dell’art. 279 TFUE non si conforma all’ordinanza su cui tale penalità si fonda, tanto nell’ipotesi di cancellazione dal ruolo che in quella di pronuncia di una sentenza, quest’ultimo, con il suo comportamento, in pendenza di giudizio, impedisce l’effettiva applicazione del diritto dell’Unione.
Tuttavia, rispetto all’ipotesi in cui il ricorso arrivi a sentenza, è opportuno effettuare un distinguo. In effetti, nel caso in cui la pronuncia constati la violazione da parte dello Stato membro del diritto dell’Unione, la persistenza dell’obbligo al pagamento di una penalità è in linea con la logica che sottende la sua irrogazione. Qualora, invece, la sentenza accerti l’assenza della violazione contestata, la persistenza di tale obbligo può sembrare severa. In effetti, se al termine del procedimento principale, la Corte conclude che la normativa dello Stato membro convenuto non è contraria al diritto dell’Unione, è lecito domandarsi se ciò non potrebbe incidere sulla persistenza di siffatto obbligo, che trova la sua origine nel mancato ottemperamento ad un’ordinanza con cui è stato intimato a tale Stato di sospendere l’esecuzione di una normativa, rivelatasi conforme al diritto dell’Unione. Anche se la persistenza dell’obbligo di onorare la penalità può apparire eccessivamente rigida, da un punto di vista teorico, un altro approccio non sembra possibile, nella misura in cui le ordinanze con cui il giudice cautelare dell’Unione eroga una penalità in base all’art. 279 TFUE sono definitive. Ciò detto, non è da escludere che, sul piano rimediale, in assenza di una disciplina cristallizzata nel regolamento di procedura della Corte, uno Stato, che dovesse trovarsi in questa particolare ipotesi, potrebbe introdurre un ricorso avverso una compensazione effettuata dalla Commissione per recuperare il montante dovuto in base a una penalità comminata conformemente all’art. 279 TFUE, al fine di ottenere, per via pretoria, una deroga al carattere definitivo di siffatta penalità nella specifica situazione appena descritta.
Ad ogni modo, nel complesso, la soluzione accolta dal Tribunale appare condivisibile ed è la naturale conseguenza della funzione riconosciuta alla penalità come autonoma misura provvisoria adottata sulla base dell’art. 279 TFUE. Tuttavia, la formulazione adoperata da quest’ultimo nel rigettare, benché a titolo sovrabbondante, l’argomento polacco, vertente sulla pretesa esistenza di un principio generale desumibile dagli ordinamenti giuridici degli Stati membri secondo il quale in caso di estinzione di un procedimento principale le misure cautelari cesserebbero retroattivamente, evidenzia uno scenario non omogeneo. In effetti, giudicando che “anche supponendo che in taluni ordinamenti giuridici nazionali i provvedimenti cautelari […] cessino retroattivamente di produrre i loro effetti quando il procedimento principale diviene privo di oggetto, tale constatazione non può essere sufficiente a dimostrare che dette norme procedurali fanno parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri”, il Tribunale ha ammesso che le norme processuali di alcuni Stati membri riconoscono all’estinzione del ricorso principale la produzione di effetti ex tunc sulle misure provvisorie adottate al suo interno. Certo, un numero di ordinamenti non adeguato a concludere circa l’esistenza di un principio comune alle tradizioni costituzionali degli Stati membri, ma almeno sufficiente per una formulazione cauta da parte del Tribunale nell’escluderlo. In sostanza, siffatta formulazione mette in luce come gli Stati membri si dividano sulle conseguenze da attribuire alla cancellazione dal ruolo di una causa sulle misure cautelari, e in particolare sulle penalità, adottate nell’ambito di tale causa. In proposito, anche in questo caso senza pretese di esaustività, le norme del processo esecutivo italiano e di quello tedesco esemplificano questa diversità d’approccio. Per quanto riguarda l’ordinamento italiano, l’art. 310 c.p.c. italiano dispone che l’estinzione del procedimento determina la cessazione degli effetti, salvo delle sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e la Corte di cassazione ha riconosciuto tali effetti all’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione determina le conseguenze del non rispetto di un’obbligazione che dà luogo a una penalità (Corte suprema di cassazione sentenza n° 3722, del 9 marzo 2012). L’ordinamento italiano sembra quindi in linea con l’approccio del Tribunale nella sentenza qui commentata nella misura in cui, nell’ipotesi in cui il giudizio principale si estingue, esso attribuisce effetti definitivi alla decisione che infligge una penalità incardinata in tale giudizio. I codici di procedura civile e amministrativa tedeschi, invece, prevedono che una transazione implicante l’annullamento di un titolo esecutivo dà luogo a una cessazione con effetti retroattivi della penalità (art. 167, par. 1, prima frase, codice di procedura amministrativa tedesca).
Infine, nel ricorso Repubblica ceca/Polonia (Miniera di Turùow), la Polonia non si è conformata all’ordinanza con cui il giudice cautelare della Corte le aveva ingiunto di cessare dall’estrazione della lignite dalla miniera di Turów. Di conseguenza, nell’ambito delle cause T-200/22 e T-314/22, il Tribunale è stato chiamato a pronunciarsi sulla questione specifica dell’incidenza della cancellazione dal ruolo di una causa sulle penalità non onorate dalla Polonia fino alla decisione che ha messo fino a tale causa. Nondimeno, il ragionamento svolto dal Tribunale nella sentenza Polonia/Commissione evidenzia che l’obiettivo della penalità decisa a titolo di misura provvisoria dal giudice cautelare dell’Unione è quello di dissuadere il suo destinatario dal perpetrare una condotta non conforme a una sua precedente decisione.
È lecito quindi domandarsi cosa accada qualora nelle more del ricorso principale il destinatario della penalità si conformi (o affermi di conformarsi) all’ordinanza il cui non ottemperamento ha indotto tale giudice a comminargli siffatta penalità. Come anticipato, questa domanda sembra, in sostanza, l’oggetto delle tre cause T-830/22, T-156/23 e 1033/23, Polonia/Commissione, attualmente pendenti dinanzi al Tribunale, quindi… Stay tuned … To be continued …