La conformità dei Trattati europei alla Costituzione polacca: una sentenza controversa del Tribunale costituzionale della Repubblica di Polonia
Tribunale costituzionale polacco, 11 dicembre 2023, causa K 8/21
La conformité des Traités Européens avec la Constitution Polonaise : une décision controversée du Tribunal Constitutionnel de la République de Pologne
The compliance of European Treaties with the Polish Constitution: a controversial ruling by the Constitutional Tribunal of the Republic of Poland
Con sentenza dell’11 dicembre 2023, il Tribunale costituzionale della Repubblica di Polonia (d’ora in poi TK), nella causa n. K 8/21, ha valutato (non in maniera inedita, dato i precedenti che saranno richiamati nel prosieguo), la conformità di talune norme di particolare rilievo del diritto primario dell’Unione Europea alla Costituzione polacca.
Il ricorso è stato presentato dal Procuratore Generale che, nell’ordinamento costituzionale polacco, è una figura che coincide con quella del Ministro della Giustizia e, allo stesso tempo, è uno dei soggetti legittimati ad adire il TK.
In particolare, il TK ha valutato la legittimità costituzionale dell’art. 279 TFUE (che prevede la possibilità per la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, d’ora in avanti CGUE, di predisporre dei provvedimenti provvisori negli ambiti di propria giurisdizione), così come dell’art. 39 dello statuto della CGUE (che ha regolato nello specifico la prerogativa di imporre queste stesse misure cautelari su decisione del Presidente o di un giudice della CGUE) in relazione ai seguenti parametri: il principio dello Stato democratico di diritto (art. 2 Cost. polacca), quello di sovranità della nazione (art. 4 comma 1 Cost. polacca), quello del primato della Costituzione (art. 8 comma 1 Cost. polacca) e la disposizione relativa alla procedura per il trasferimento di quote di competenza dello Stato verso organizzazioni internazionali (art. 90 comma 1 Cost. polacca).
In concreto, la questione sollevata dal ricorrente riguardava la legittimità della sanzione pecuniaria imposta alla Polonia, per la mancata osservanza di un provvedimento cautelare precedentemente emesso dalla CGUE nella causa C-121/21 (Corte giust., 21 maggio 2021, causa C-121/21, Repubblica Ceca contro Polonia) (G. D’agnone, 2021). In particolare, la CGUE aveva emesso un’ordinanza cautelare in data 21 maggio 2021, disponendo la cessazione temporanea dell’estrazione della lignite nella miniera di Turów, situata all’interno del territorio polacco, nel contesto di una controversia riguardante l’impatto ambientale transfrontaliero dell’attività mineraria, sollevata dalla Repubblica Ceca. Dal momento che la Polonia non aveva rispettato il provvedimento cautelare disposto durante il procedimento giudiziario e aveva permesso la continuazione delle attività estrattive nonostante quanto disposto dalla CGUE, è stata condannata con ordinanza del 20 settembre 2021 al pagamento di una penalità giornaliera di importo pari a 500.000 euro, fino al momento della completa osservanza della misura. Tale sanzione, infatti, è stata giustificata dalla mancata adesione dello Stato membro alle disposizioni cautelari della CGUE.
Il Procuratore Generale ricorrente, richiamando nella propria argomentazione l’art. 260 TFUE, ha sostenuto la tesi secondo cui il provvedimento sanzionatorio avrebbe potuto essere irrogato alla Polonia esclusivamente con l’adozione di una sentenza della CGUE, una volta compiuto un accertamento giurisdizionale sull’inadempimento del Paese membro, e non in seguito a una decisione cautelare provvisoria adottata dal singolo giudice (nel caso di specie, il vicepresidente della CGUE).
Il TK, decidendo la questione appena descritta, ha individuato dei profili di contrasto fra le disposizioni dell’ordinamento dell’Unione oggetto di valutazione (l’art. 279 TFUE e l’art. 39 dello statuto della Corte di Giustizia) e alcuni degli articoli della Costituzione polacca adottati come parametro (artt. 2, 4 comma 1, 8 comma 1 Cost. polacca). Il TK ha, così, rimarcato la sussistenza di elementi di incompatibilità fra le regole sovranazionali e il dettato della Costituzione polacca.
È operazione complessa analizzare e interpretare la sentenza, dal momento che il TK, pur avendo pubblicato da alcuni mesi il dispositivo, non ha reso note le ragioni giuridiche delle proprie conclusioni. In ogni caso, è necessario confrontarsi con quanto stabilito dal TK, focalizzando l’attenzione sul caso nel suo complesso e tentando di inquadrare i contenuti del dispositivo in un contesto più ampio.
La decisione in questione presenta diversi profili di particolare interesse dal punto di vista giuridico, a partire dalla modalità di presentazione dello stesso ricorso di fronte al TK.
In primo luogo, è interessante notare che il ricorso è stato presentato dal Procuratore Generale, soggetto legittimato ad adire il TK (art. 191 Cost. polacca), che, nell’ordinamento polacco, coincide con la figura del Ministro della Giustizia.
Stando al dettato della Costituzione polacca, hanno possibilità di accedere al giudizio di costituzionalità sia quegli organi costituzionali che possono essere considerati di matrice politico-partitica (il Presidente del Consiglio, un gruppo di deputati o di senatori, gli enti di autogoverno territoriale), sia quelli di garanzia istituzionale (il Presidente della Repubblica, il Maresciallo della Dieta e il Maresciallo del Senato), sia quelli che costituiscono i vertici del sistema giudiziario (il Primo Presidente della Corte Suprema, il Presidente della Corte Suprema Amministrativa, il Procuratore Generale, il Presidente della Suprema Camera di Controllo). Dal punto di vista della presente analisi, nel caso del Procuratore Generale, la sovrapposizione fra questa figura e quella del Ministro della Giustizia ha suscitato dei dubbi in primis sotto il profilo della garanzia della piena separazione dei poteri e, nello specifico, dell’indipendenza del potere giudiziario da quello esecutivo. Altre criticità, in secundis, sono state riconosciute alla luce della disparità che si è venuta a creare fra la posizione di un Ministro, quello della Giustizia, che di fatto ha avuto la possibilità di un accesso privilegiato al TK, in quanto Procuratore Generale, e gli altri membri del Governo cui non è stata riconosciuta una simile prerogativa (fatta eccezione per il Presidente del Consiglio).
Nell’ambito del c.d. ciclo d’esame dello Stato di diritto, come rilevato dal «2023 Rule of Law Report. Country chapter on the rule of law situation in Poland» (Rapporto 2023 sullo Stato di diritto per la Polonia), la sovrapposizione delle due cariche istituzionali di Ministro della Giustizia e Procuratore Generale ha rappresentato e rappresenta tutt’ora uno dei principali elementi di fragilità della forma di governo polacca: infatti il rapporto citato, ribadendo quanto già affermato l’anno precedente, ha chiarito che «sono stati compiuti alcuni progressi per garantire l’indipendenza funzionale della Procura rispetto al Governo, mentre non è stato compiuto alcun progresso per separare l’ufficio del Ministro della Giustizia e quello del Procuratore Generale».
In secondo luogo, occorre riflettere sull’operazione che il TK ha compiuto. Nell’ordinamento giuridico della Polonia, la competenza a giudicare la conformità dei Trattati internazionali rispetto al dettato della Carta fondamentale è stata espressamente attribuita al TK: la Costituzione polacca, infatti, ha stabilito che «il Tribunale Costituzionale decide delle questioni (…) di conformità delle leggi e degli accordi internazionali alla Costituzione» (art. 188 Cost. polacca). Anche per questa ragione, nel corso degli anni, si è sviluppata una giurisprudenza costituzionale particolarmente ricca e controversa, riguardante la conformità dei Trattati che fondano l’Unione Europea alla Costituzione polacca. La causa n. K 8/21 si inserisce nel contesto di questa casistica giurisprudenziale.
Alcune questioni di costituzionalità di simile natura sono state sollevate, in effetti, a ridosso dell’ingresso della Polonia nell’Unione Europea, essendo stati sottoposti al vaglio di costituzionalità gli stessi Trattati istitutivi e il Trattato con cui dieci nuovi Stati membri hanno aderito all’Unione (TK, 11 maggio 2005, causa n. K 18/04) (J. Sawicki, 2019, p. 18). Il Trattato di adesione è stato ratificato dalla Polonia in seguito alla celebrazione di un referendum nazionale, in cui il 77% dei votanti ha espresso parere favorevole alla sottoscrizione. Dopo aver preso in esame i rilievi mossi nei confronti del Trattato d’adesione e dei Trattati fondativi, il TK ha respinto il ricorso, affermando che l’ingresso della Polonia all’interno dell’Unione Europea non aveva messo in dubbio la posizione di supremazia della Costituzione in seno all’intero ordinamento giuridico nazionale, così come la sovranità delle istituzioni della Repubblica polacca in senso più generale.
Altre questioni di legittimità costituzionale relative ai Trattati europei sono state proposte in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ma sono state ugualmente rigettate dal Tribunale costituzionale polacco (TK, 24 novembre 2010, causa n. K 32/09).
Successivamente, però, il TK polacco ha cambiato la propria tendenza interpretativa nell’approcciarsi ai Trattati europei. In un primo caso, il Tribunale ha affermato che la CGUE, emanando provvedimenti cautelari provvisori nei confronti della Polonia e chiedendo la sospensione dell’efficacia di una parte della normativa riguardante il funzionamento del sistema giudiziario polacco, aveva di fatto agito al di fuori delle proprie competenze e in senso contrario alla Costituzione polacca (TK, 14 luglio 2021, causa n. P 7/20) (L. Pech, 2021; F. Severa 2023). Mantenendosi su questa linea, il TK ha quindi affermato, in senso ancor più generale, che «the European Union authorities act outside the scope of the competences conferred upon them by the Republic of Poland in the Treaties» (TK, 7 ottobre 2021, causa n. K 3/21). Le istituzioni europee, pertanto, avrebbero agito ultra vires, mettendo in dubbio il primato della Costituzione nazionale: di conseguenza, the Constitution is not the supreme law of the Republic of Poland, which takes precedence as regards its binding force and application; the Republic of Poland may not function as a sovereign and democratic state» (TK, 7 ottobre 2021, causa n. K 3/21) (w. Brzozowski, 2021, p. 965 ss.; M. Coli, 2021; C. Curti Gialdino, 2021; G. Di Federico, 2021; L.F. Pace, 2021).
In seguito alle due sentenze richiamate, che hanno dichiarato l’incompatibilità di alcune disposizioni dei Trattati europei con la Costituzione polacca, la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti della Polonia, inviando la lettera di costituzione in mora in data 22 dicembre 2021 e dando seguito alla stessa con un successivo ricorso di fronte alla CGUE.
Per concludere, è necessario porre l’accento su come, nella causa n. K 8/21 oggetto della presente trattazione, il TK abbia emesso la propria sentenza rendendo noto esclusivamente il dispositivo della stessa: il Tribunale ha stabilito l’incostituzionalità di alcune disposizioni dei Trattati europei, senza tuttavia pubblicare le motivazioni alla base della decisione. Questo aspetto, in particolar modo, ha costituito un elemento di particolare debolezza della sentenza, dal momento che non è stato condiviso l’iter argomentativo complessivo che è stato svolto da parte dei giudici costituzionali. In prima battuta, non sono stati resi noti né la ricostruzione fattuale, né tantomeno i passaggi logico-giuridici successivi. Di fatto, l’intero ragionamento giuridico su cui è stata fondata la sentenza non è stato esposto in maniera formalizzata. In seconda istanza, la conseguenza immediata della mancata condivisione delle motivazioni è stata che non è stato possibile, ai giuristi così come ai cittadini, compiere una valutazione maggiormente approfondita della decisione giudiziaria. La mancanza è risultata evidente soprattutto perché si è trattato di una sentenza che ha avuto una risonanza significativa dal punto di vista dei rapporti politici, sia per quanto ha riguardato il dibattito politico interno alla Polonia, che dalla prospettiva della posizione europea della Polonia stessa. A maggior ragione, proprio perché particolarmente impattante, la sentenza avrebbe dovuto essere sorretta da una motivazione adeguata. In terza battuta, dalla lettura del dispositivo è emerso come questa decisione sia stata adottata con l’espressione di un’opinione dissenziente da parte di quattro giudici degli undici presenti fra quelli componenti il collegio: la pubblicazione delle motivazioni a favore della decisione avrebbe legittimato le conclusioni fatte proprie dalla maggioranza del collegio del TK, rafforzando in definitiva la funzione pubblica dell’istituzione stessa.