G. LATTANZI, M. MAUGERI, G. GRASSO, L. CALCAGNO, A. CIRIELLO (a cura di), Il diritto europeo e il giudice nazionale. Vol. 1: Il diritto dell’Unione europea e il ruolo del giudice nazionale

Giuffrè, Milano, 2023, pp. LIV-610

Non v’è dubbio che il compito dei giudici nazionali nell’applicazione del diritto dell’Unione e nel definirne i rapporti con le fonti nazionali sia divenuto, nel tempo, sempre più impegnativo. L’estensione in nuovi settori delle competenze conferite all’Unione (come il diritto penale), l’attribuzione di forza vincolante alla Carta dei diritti fondamentali e la costante evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia compongono un quadro di riferimento la cui “gestione” presenta significative difficoltà per le giurisdizioni nazionali. A ciò si aggiunge il continuo sviluppo delle fonti derivate dell’Unione, anche attraverso l’adozione di strumenti normativi di particolare complessità tecnica – quali, tra gli altri, i recenti regolamenti sul mercato digitale e sulla intelligenza artificiale –, che mettono in gioco la capacità di costante aggiornamento da parte dei giudici nazionali.

All’intento di agevolare l’adempimento di tale compito da parte, specificamente, dei giudici italiani risponde l’apprezzabile e vastissima raccolta collettanea – in tre volumi – promossa dalla Scuola Superiore della Magistratura (disponibile in open access nel sito della Scuola); un’iniziativa che muove dall’attenta consapevolezza non solo del ruolo cruciale che il giudice riveste ai fini di garantire la corretta applicazione delle fonti europee, ma anche delle notevoli abilità e competenze che sono a tal fine richieste. Il primo volume (qui recensito), frutto del coordinamento di Michele Graziadei, Celestina Iannone, Bruno Nascimbene, Luigi Salvato ed Enzo Vincenti, è dedicato al diritto dell’Unione europea, mentre il secondo e il terzo hanno ad oggetto la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, considerando, rispettivamente, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo e quella della Corte di cassazione italiana. La stretta interrelazione tra la CEDU e l’ordinamento dell’Unione è, comunque, ben evidenziata nel primo volume, evitando, così, una dicotomia tra le due dimensioni di tutela; emergono, infatti, sia il rapporto tra Corte di giustizia e Corte EDU (oggetto del contributo di Laura Tomasi), sia l’incidenza della CEDU che – pur in attesa della tormentata adesione (esaminata da Raffaele Sabato) – entra nel sistema delle fonti dell’Unione europea attraverso l’interpretazione della Carta dei diritti fondamentali e la formulazione giurisprudenziale dei principi generali, e presenta altresì rilevanza riguardo alle conseguenze che discendono dalla violazione dell’obbligo, da parte del giudice di ultimo grado, di porre le questioni in via pregiudiziale.

I 20 contributi pubblicati nel primo volume – redatti da accademici, magistrati della Corte di Cassazione, funzionari e referendari della Corte di giustizia, esperti della ricerca informatica in banche dati nazionali e dell’Unione – sono ripartiti secondo un ordine di trattazione assai ben strutturato, volto ad agevolare l’individuazione, da parte dei lettori, degli argomenti esaminati. Si dedica, infatti, la prima parte alle relazioni tra fonti (“il diritto dell’Unione e il diritto nazionale”), la seconda al rinvio pregiudiziale, la terza ai rapporti tra Corti, per poi considerare alcuni aspetti della cooperazione giudiziaria civile e penale, nonché fornire, infine, utili indicazioni pratiche sui portali web utilizzabili ai fini della ricerca di normativa e giurisprudenza. Nonostante l’apprezzabile ripartizione sistematica, alcune sovrapposizioni appaiono inevitabili riguardo ad aspetti di natura intrinsecamente trasversale, come, tra l’altro, gli effetti diretti, la responsabilità degli Stati per i danni da inadempimento, i rapporti tra diritto dell’Unione e principi costituzionali. Per tale ragione, qualche ulteriore collegamento tra i temi che risultano esaminati in più contributi – eventualmente mediante un maggiore utilizzo dei rimandi interni al volume (che si riscontrano solo in alcuni dei saggi) o la redazione (benché di certo assai impegnativa) di un indice per argomenti – avrebbe potuto facilitare la consultazione dell’opera, dato l’obiettivo prioritariamente conoscitivo.

Fanno seguito ai saggi quattro testimonianze, di particolare valore per il volume, rese dalla giudice della Corte di giustizia Lucia Rossi e dall’ex avvocato generale Giovanni Pitruzzella, dal giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo Raffaele Sabato, dalla ex presidente della Corte costituzionale Silvana Sciarra. La visione “dall’interno” che emerge da tali contributi aiuta a comprendere come le interrelazioni tra le fonti appartenenti ai diversi ma correlati sistemi normativi si riflettano nei rapporti tra Corti e si modellino attraverso il dialogo fra queste ultime sviluppato.

I temi trattati nel volume sono, per la maggior parte, oggetto di ampia attenzione da parte della dottrina, sia in articoli e saggi, sia anche in testi manualistici; tuttavia, i contributi hanno la particolarità e il pregio di esaminare le diverse questioni nella prospettiva dei giudici nazionali, calandosi, con descrizioni teoriche ma anche con rilievi pratici, nel ruolo che essi sono chiamati a svolgere. Così, anche aspetti come quelli relativi a principi cardine del sistema – quale il primato e i suoi diversi corollari – vengono declinati dal punto di vista della loro applicazione giudiziale e analizzati alla luce della ricostruzione fornita dalla più recente giurisprudenza. Di grande utilità appaiono i suggerimenti per la redazione delle domande in via pregiudiziale, che guidano, attraverso un’analisi puntuale della giurisprudenza della Corte di giustizia, alla formulazione corretta dei quesiti e alle (complesse) valutazioni di necessità e pertinenza, ponendo in rilievo l’autonomia del giudice rispetto sia alle parti del giudizio, sia a regole o principi limitativi eventualmente posti dagli ordinamenti nazionali. Le condizioni di ricevibilità vengono trattate guardando anche alle ipotesi più complesse, come quelle relative alla identificazione delle situazioni puramente interne e alle discriminazioni al rovescio; è costantemente evidenziata l’esigenza che nelle ordinanze sia esplicitata la motivazione del rinvio e che l’oggetto della domanda concerna effettivamente l’interpretazione o la validità del diritto dell’Unione, evitando così la riformulazione da parte della Corte di giustizia e, soprattutto, il rischio della irricevibilità della questione (aspetti oggetto dei contributi di Massimiliano Puglia, Celestina Iannone e Luca Terminiello e, sulla tutela cautelare, di Simona Caporusso, nonché approfonditi nella testimonianza di Lucia Rossi).

I riferimenti specifici alla prassi italiana e alle domande in  via pregiudiziale originate dal nostro ordinamento, contenuti ampiamente nel volume – riguardo, tra l’altro, alla formulazione delle ordinanze di rinvio pregiudiziale, alle condizioni sostanziali dell’azione risarcitoria, all’obbligo di interpretazione conforme (esaminato, nel contributo di Andrea Circolo, anche attraverso la prassi delle giurisdizioni superiori nazionali) –, non portano a restringere l’angolo visuale dei temi trattati, bensì forniscono una prospettiva nazionale che più agevolmente può costituire un punto di riferimento per i giudici ai fini dell’interpretazione e applicazione del diritto dell’Unione.

Se la vocazione del volume è, come si è detto, ricognitiva e informativa, si sbaglierebbe però a ritenere che esso possa essere assimilato ad un lavoro di tipo manualistico. Non mancano, infatti, rilievi critici che vengono posti alla riflessione del lettore, né proposte di soluzioni sul piano interpretativo e ricostruttivo. Limitandosi a menzionare solo alcuni degli aspetti maggiormente problematici rilevati, si segnala, in diversi saggi, la difficoltà di individuare i limiti all’autonomia procedurale degli Stati membri, di definire compiutamente la nozione di effetto diretto delle direttive (anche distinguendola da quella di applicabilità diretta), di stabilire le complesse conseguenze derivanti dalla intersezione dei principi e diritti enunciati dalla Carta e dalla Costituzione italiana. A quest’ultimo riguardo, è oggetto di approfondimento in vari contributi (e, specificamente, in quelli di Tomaso Epidendio e di Luigi Salvato) l’assetto che, riguardo alla dibattuta problematica della “doppia pregiudizialità”, risulta dalle pronunce della Corte costituzionale successive alla celebre sentenza n. 269/2017, dalle quali può trarsi un paradigma – definito efficacemente come «269 temperato» (Ilaria Anrò, Jacopo Alberti, p. 75) – che avvalora la discrezionalità del giudice comune nell’individuare la soluzione più confacente al caso concreto.

Alcune osservazioni espresse nei saggi si collocano, peraltro, nell’ambito del dibattito scientifico del diritto dell’Unione, ripercorrendo le origini e analizzando gli sviluppi attuali del processo di integrazione: si riscontrano, tra l’altro, in vari contributi, riletture sull’attivismo giudiziale della Corte, viene analizzato, attraverso un percorso nella giurisprudenza, il valore del “precedente” (Michele Graziadei), è ricostruita l’evoluzione della cooperazione giudiziaria sia civile (Elisabetta Bergamini e Marta Ferrari) che penale (Chiara Amalfitano e Matteo Aranci). Per cogliere soltanto alcuni spunti ricostruttivi tra i molti offerti dal volume, si prospetta l’esigenza di individuare nuovi percorsi interpretativi riguardo alla peculiare forma di responsabilità degli Stati membri prevista dal diritto dell’Unione, differenziandola sul piano nazionale dalla responsabilità personale dei magistrati (Fabio Ferraro) o si esplorano le possibili conseguenze della violazione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, anche immaginando «l’adozione di misure da parte dello Stato per garantire la riapertura del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione» (Patrizia De Pasquale, p. 222).

È dedicata attenzione, in vari contributi, alla riforma in atto del rinvio pregiudiziale, che prevede l’attribuzione al Tribunale della competenza a pronunciarsi riguardo alle questioni relative ad alcune materie di carattere eminentemente tecnico. Non mancano, in alcuni saggi, perplessità riguardo alla riforma: si osserva, tra l’altro, come essa porti a rendere più complesso il compito delle giurisdizioni nazionali e rischi di incidere sull’atteggiamento del giudice nella formulazione delle questioni o anche di influenzare la posizione delle parti del giudizio principale. Alcuni dei rilievi critici espressi possono ritenersi superati, considerando che al momento della stesura del volume non erano ancora definiti tutti gli aspetti della riforma, in particolare quello relativo al meccanismo fondato sul guichet unique;  tale soluzione, pur non risolvendo le complesse questioni che la ripartizione di funzioni può comportare, evita, tuttavia, le possibili incertezze che avrebbe potuto sollevare l’individuazione, da parte dei giudici nazionali, della giurisdizione competente.

Il volume aiuta inoltre a identificare, attraverso i contributi che ripercorrono le origini dei diversi profili esaminati, i tratti evolutivi che hanno segnato il processo di integrazione e che ne influenzano le attuali caratteristiche. Tra questi, risaltano anzitutto la creatività della giurisprudenza della Corte di giustizia, espressa, in particolare, dal principio del primato – asse portante del sistema, mai enunciato nei Trattati –, declinato nel corso del tempo in una varietà di implicazioni, e dalle numerose pronunce sulla crisi dello stato di diritto. Queste ultime sono esaminate da diversi angoli visuali, considerando le implicazioni dell’interpretazione degli articoli 19 par. 1, comma 2, TUE e 47 della Carta in relazione soprattutto al requisito di indipendenza dei giudici nazionali (approfondito, con riguardo anche all’impatto negli ordinamenti interni, nella testimonianza di Silvana Sciarra). Un tratto comune che emerge dai contributi è certamente il «ruolo trainante» (B. Nascimbene, P. De Pasquale, p. 20) del rinvio pregiudiziale del quale viene messa in luce non solo la rilevanza nella enunciazione dei principi costituzionali del sistema, ma anche l’evoluzione: esso, infatti, da strumento funzionale alla soluzione della singola controversia attraverso la collaborazione e l’assistenza al giudice nazionale, va, in realtà, ben oltre il caso concreto (come rileva Lucia Rossi) e assume sempre più la fisionomia di uno  «strumento nomofilattico con effetti erga omnes – mutamento che la riforma è destinata a potenziare» (Patrizia De Pasquale, p. 230). Frequenti appaiono, peraltro, nella prassi recente, le questioni pregiudiziali “di metodo”, volte ad ottenere chiarimenti sulla portata dell’obbligo di rinvio.

Dalle pagine del volume risulta, infine, costantemente valorizzato il ruolo del giudice comune nella sua funzione di giudice dell’Unione, dipinto in modo assai suggestivo come un «alchimista» che, soppesando di volta in volta gli elementi strutturali, permette all’ordinamento il suo progressivo sviluppo (Ilaria Anrò, Jacopo Alberti, pp. 65-66). Nell’esercizio di tale ruolo, il giudice può trovare nel volume una guida esaustiva e autorevole ai fini dell’applicazione del diritto dell’Unione, grazie ad un’opera che, tuttavia, trascende tale obiettivo, offrendo elementi conoscitivi e di riflessione rilevanti anche per la comunità scientifica.