Sindacato sulla discrezionalità tecnica e obbligo di motivazione delle Commissioni di ricorso delle agenzie dell’UE: novità, opportunità e criticità dopo Aquind e TenneT TSO
Trib., 25 settembre 2024, causa T-482/21, TenneT TSO e TenneT TSO BV c. ACER, EU:T:2024:650
Contrôle du pouvoir d’appréciation et obligation de motivation des commissions de recours des agences de l’UE: nouveautés, opportunités et criticités après Aquind et TenneT TSO
Review of technical discretion and duty to state reasons of the Boards of appeal of EU agencies: novelties, opportunities and criticalities after Aquind and TenneT TSO
L’importanza sistemica della sentenza segnalata
Il 25 settembre 2024, il Tribunale dell’Unione europea ha pronunciato sei sentenze in altrettante cause connesse, con le quali ha accolto i ricorsi per annullamento proposti contro una decisione della commissione di ricorso dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (ACER) (d’ora in avanti, la «decisione impugnata»).
Le cause riguardavano la questione, particolarmente tecnica, della definizione della metodologia per la ripartizione dei costi di ridispacciamento e degli scambi in controflusso di energia elettrica per la zona del mercato comune che comprende gli Stati membri dell’Europa centrale. La decisione adottata a tal fine da ACER (nel prosieguo, la «decisione contestata») era stata confermata dalla commissione di ricorso di tale agenzia, mediante la decisione impugnata. Con le suddette sentenze, il Tribunale ha statuito che la metodologia in questione non era stata definita in modo conforme ai requisiti previsti dal diritto derivato e ha pertanto annullato la decisione impugnata, nella parte in cui conferma, sul punto, la decisione contestata.
Tra le sei pronunce del Tribunale, quella resa nella causa TenneT TSO e TenneT TSO BV/ACER (in seguito, la «sentenza TenneT TSO») è particolarmente interessante, perché accoglie inoltre una specifica censura sollevata dai ricorrenti in tale causa, volta a contestare l’intensità del sindacato esercitato dalla commisione di ricorso di ACER sulla decisione contestata e, in particolare, sulle valutazioni tecnico-scientifiche poste a fondamento di tale decisione. L’interesse deriva dal fatto che, esaminando questa censura, il Tribunale ha apportato rilevanti precisazioni riguardo al sindacato delle commissioni di ricorso delle agenzie dell’Unione sulla discrezionalità tecnica, sotto il profilo della motivazione degli atti in cui si manifesta tale sindacato, nonché riguardo all’intensità del successivo controllo giurisdizionale dell’adeguatezza di tale motivazione.
È su queste precisazioni che si concentrerà la presente segnalazione. Per comprenderne l’importanza per il sistema delle commissioni di ricorso delle agenzie dell’UE, è tuttavia necessario soffermarsi brevemente sulla pronuncia della Corte di giustizia nella causa ACER/Aquind Ltd. (d’ora in poi: «sentenza Aquind»), nel cui solco si inscrive la sentenza in commento.
Il “controllo completo” sugli atti delle agenzie
Occorre innanzitutto ricordare che tutte le agenzie dell’Unione che adottano decisioni vincolanti sono dotate di commissioni di ricorso interne (sulle quali si v., tra tutti, M. Chamon–A. Volpato–Mariolina Eliantonio; G. Greco, 2020; e B. Marchetti). Adite su ricorso dei destinatari delle decisioni delle agenzie o dei soggetti riguardati da tali decisioni, queste commissioni sono incaricate di procedere ad un primo controllo di legittimità di dette decisioni. Questo controllo, previsto e disciplinato dai regolamenti istitutivi di ciascuna agenzia ai sensi dell’art. 263, par. 5, TFUE, è esercitato mediante un procedimento contraddittorio, all’esito del quale la commissione di ricorso adotta una decisione che, a seconda dei casi, conferma quella contestata, la sostituisce o deferisce la causa all’agenzia, decisione che è impugnabile dinanzi al Tribunale dell’Unione europea.
Dovendo compiere valutazioni tecnico-scientifiche complesse, le agenzie dell’UE godono, in via di principio, di un ampio margine di discrezionalità nell’esercizio dei loro poteri decisionali. Secondo costante giurisprudenza della Corte, ciò si traduce in una limitazione del sindacato giurisdizionale esercitabile sugli atti adottati nell’esercizio di tale discrezionalità. In base a questa giurisprudenza – sulla quale si tornerà in seguito – il giudice dell’Unione deve infatti limitarsi a verificare che l’atto impugnato non sia viziato da errore manifesto di valutazione o da sviamento o eccesso di potere (v., in tal senso, ordinanza Rütgers Germany e a./Agenzia europea per le sostanze chimiche(ECHA), punto 25 e sentenza PlasticsEurope AISBL/ECHA, punto 46).
Fin dalla loro istituzione, buona parte delle commissioni di ricorso hanno generalmente richiamato e applicato meccanicamente tale giurisprudenza al controllo da esse esercitato sugli atti della rispettiva agenzia. La Corte di giustizia ha tuttavia sconfessato questa prassi decisionale con la già citata sentenza Aquind.
La Corte ha infatti ritenuto – confermando sul punto la pronuncia del Tribunale impugnata dinanzi ad essa (sulla quale si v. C. Vlachou, p. 81 e ss.; e C. Tovo, pp. 51-53) – che la commissione di ricorso di ACER fosse incorsa in un errore di diritto limitandosi a verificare se l’agenzia avesse commesso errori manifesti di valutazione. Per assicurare l’effettività della successiva tutela giurisdizionale davanti al giudice dell’Unione, il mandato conferito a tale commissione di ricorso dal regolamento istitutivo di ACER doveva al contrario essere interpretato nel senso che tale commissione era tenuta ad esercitare un «controllo completo» delle decisioni dell’agenzia contenenti valutazioni complesse di ordine tecnico ed economico, volto ad accertare «se gli argomenti addotti dalla parte ricorrente fossero tali da dimostrare che le considerazioni alla base [di tali decisioni] erano viziate da errori» (v., in tal senso, punti 55, 63, 67, 69-70 e 72).
Sebbene la sentenza Aquind riguardi una decisione della commissione di ricorso di ACER, il ragionamento della Corte pare, per come è formulato e articolato, estendibile alle decisioni rese dalle altre commissioni di ricorso (v., in particolare, punti 58, 59 e 68-70). Una successiva pronuncia del Tribunale ha peraltro chiarito che l’esigenza di procedere ad un “controllo completo” degli atti della rispettiva agenzia non dipende dal fatto che la commissione di ricorso sia dotata del potere – tipico degli organi di revisione amministrativa, ma di cui sono oramai prive diverse commissioni di ricorso – di sostituire la decisione contestata, o si debba invece limitare a confermare tale decisione o deferire la causa all’agenzia (v. ordinanza Gaz-System S.A./ACER, punti 34-37).
La sentenza Aquind pare dunque definire il nuovo standard di controllo degli atti delle agenzie dell’UE, applicabile a tutte le commissioni di ricorso esistenti (v., in tal senso, A. Biondi, p. 63, O. Stefan e, implicitamente, G. Greco, 2023, p. 254 e ss.; contra M. Lamandini, D. Ramos Muñoz, p. 253 e ss.; quanto all’impatto, attuale e potenziale, della sentenza sul controllo effettuato dalle diverse commissioni di ricorso si v. S. Oosterhuis, p. 120 e ss.; M. Navin-Jones, p. 196 e ss.; M. Sánchez Rydelski, p. 210 e ss.; A. Buchet, p. 227 e ss. e J. Alberti, 2024, p. 312 e ss.). Tale sentenza non chiarisce tuttavia in che modo il “controllo completo” richiesto alle commissioni di ricorso debba manifestarsi nelle decisioni che lo operano per distinguersi da quello limitato del giudice dell’Unione, né quale sia l’intensità del successivo ed eventuale controllo giurisdizionale, da parte del Tribunale, su tali decisioni. Ciò rende particolarmente significative le precisazioni apportate sul punto dallo stesso Tribunale nella pronuncia in commento, sulle quali verterà la restante parte della presente segnalazione.
L’insufficienza della motivazione della decisione impugnata nel caso di specie
L’occasione di fornire tali precisazioni è stata offerta al Tribunale da uno degli argomenti addotti dai ricorrenti a sostegno del loro primo motivo di ricorso nella causa in commento, che, come detto, era diretto proprio a contestare l’effettiva completezza del controllo svolto dalla commissione di ricorso di ACER. Dopo aver richiamato la giurisprudenza Aquind nei termini sopra descritti, il Tribunale osserva infatti che l’esame della questione se, nel caso di specie, tale commissione di ricorso abbia esercitato il proprio controllo con l’intensità richiesta da questa giurisprudenza presuppone che la decisione impugnata consenta materialmente di procedere a tale esame, decidendo quindi di sollevare d’ufficio un motivo di ricorso volto a contestare il difetto di motivazione di tale decisione (v. sentenza TenneT TSO, punto 178).
Al riguardo, il Tribunale ricorda la costante giurisprudenza della Corte, secondo la quale la motivazione deve far apparire in modo chiaro e inequivocabile il ragionamento seguito dall’autore dell’atto riguardo agli elementi essenziali dello stesso, in modo da consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata e al giudice dell’Unione di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale (ibid., punto 181). Il Tribunale ne deduce che, poiché, in ossequio alla giurisprudenza Aquind, la commissione di ricorso di ACER era tenuta ad effettuare un controllo completo della decisione contestata e delle valutazioni tecnico-economiche in essa contenute, la motivazione della decisione impugnata doveva segnatamente permettere ai ricorrenti e al Tribunale di verificare che tale commissione avesse effettivamente proceduto a tale controllo. Vale a dire, che detta commissione avesse effettivamente «esamina[to], avvalendosi delle competenze dei suoi membri, se gli argomenti dedotti dai ricorrenti dinanzi ad essa erano tali da dimostrare che le considerazioni su cui si fondava la decisione contestata erano viziate da errori» (ibid., punti 176-177 e 185-186).
Venendo al controllo effettuato dalla commissione di ricorso di ACER nel caso di specie, il Tribunale rileva che i ricorrenti avevano sollevato dinanzi ad essa dettagliate censure riguardo alla validità scientifica del metodo scelto dall’agenzia per determinare uno degli elementi essenziali della decisione contestata e ritiene che la motivazione fornita dalla decisione impugnata per respingere tali censure non sia conforme ai requisiti esposti in precedenza (ibid., punti 188-192). La commissione di ricorso si sarebbe infatti «limitata ad enunciare affermazioni di carattere generale» e a basarsi su tali affermazioni nel prosieguo del suo esame, «creando l’apparenza di una motivazione circostanziata senza tuttavia rispondere realmente agli argomenti fatti valere dai ricorrenti» (ibid., punto 194). Nel merito, la commissione di ricorso si sarebbe erroneamente limitata a rilevare l’esistenza di differenti metodi, senza tuttavia pronunciarsi sulla loro validità e, in particolare, senza esplicitare le ragioni per cui quello scelto dall’agenzia fosse adeguato e corretto malgrado le critiche formulate in tal senso dai ricorrenti (v., in tal senso, ibid., punti 196-214, in particolare 199, 203 e 206).
Il Tribunale sottolinea che l’obbligo di motivazione va modulato in funzione del contesto nel quale l’atto in questione è stato adottato, nonché del livello di comprensione di tale contesto da parte dei destinatari dell’atto, ammettendo che l’argomento di cui trattasi è estremamente tecnico e complesso e che i ricorrenti possiedono una vasta esperienza nel settore (ibid., punti 181-183 e 216-217). Ciò nonostante, il Tribunale ritiene che il fatto che questi ultimi abbiano reiterato dinanzi ad esso gli argomenti già dedotti davanti all’agenzia e poi alla sua commissione di ricorso dimostri l’inadeguatezza della motivazione con la quale la commissione ha rigettato detti argomenti, che non avrebbe permesso ai ricorrenti di comprendere le ragioni di tale rigetto (ibid., punti 218-219).
Il Tribunale conclude quindi che la motivazione della decisione impugnata è incompleta e insufficiente ed annulla pertanto tale decisione per violazione delle forme sostanziali (ibid., punti 223-224).
L’obbligo di motivazione come corollario del “controllo completo” delle commissioni di ricorso: pro …
La sentenza TenneT TSO afferma dunque che il “controllo completo”, che la commissione di ricorso di ACER deve esercitare sulle decisioni dell’agenzia in base alla giurisprudenza Aquind, ha come corollario, da un lato, un particolare obbligo di motivazione in capo a tale commissione e, dall’altro, un dovere di controllo del giudice dell’Unione sul suo rispetto.
Più precisamente, la sentenza sottolinea che, in base a tale giurisprudenza, la commissione di ricorso deve esaminare se gli argomenti addotti dai ricorrenti dimostrano che le considerazioni complesse di ordine tecnico-scientifico che fondano la decisione da essi contestata sono viziate da errori. Secondo la sentenza, da ciò consegue, da un lato, che la motivazione della decisione che rigetta (nel merito) tali argomenti deve far apparire in modo chiaro e inequivocabile che la commissione di ricorso ha effettivamente proceduto ad esaminarli approfonditamente nel merito, nonché l’iter logico che l’ha condotta a ritenerli infondati, in modo da consentire alle parti e al Tribunale di verificare l’intensità del controllo effettuato. Dall’altro lato, spetta a quest’ultimo assicurare il rispetto di questo standard motivazionale, anche rilevandone d’ufficio la violazione da parte della commissione di ricorso.
Questo duplice corollario che il Tribunale deduce dalla giurisprudenza Aquind – e che, pertanto, come detto, vale per tutte le commissioni di ricorso – è condivisibile e, se si vuole, piuttosto scontato. In effetti, il Tribunale non fa altro che modulare la costante giurisprudenza della Corte sulla motivazione delle decisioni amministrative, già ricordata in precedenza, in funzione dell’intensità del controllo che le commissioni di ricorso devono oramai esercitare in base a tale sentenza, come peraltro richiesto da detta giurisprudenza.
La sentenza in commento non pare in tal senso operare un revirement rispetto a precedenti pronunce, anche recenti, rese dal Tribunale in materia (v., in particolare, le sentenze gemelle nelle cause T-606/20 e T-607/20, Austrian Power Grid e a./ACER, d’ora in poi: «sentenze Austrian Power Grid»). È vero che, in queste ultime, il Tribunale si era mostrato meno esigente (e più deferente) rispetto all’obbligo di motivazione delle commissioni di ricorso. Tuttavia, questo standard meno rigoroso pare giustificabile con il diverso sindacato giurisdizionale che il Tribunale poteva esercitare sulle decisioni impugnate in tali casi. Infatti, dato che, come detto, la motivazione deve permettere ai ricorrenti e al Tribunale di disporre degli elementi sufficienti per verificare che la commissione di ricorso abbia esercitato il proprio controllo con l’intensità richiesta, pare corretto valutare l’adeguatezza di tale motivazione anche in funzione dell’intensità del sindacato che il Tribunale può effettuare su tale controllo, secondo un rapporto di proporzionalità inversa.
Così, qualora le decisioni delle commissioni di ricorso abbiano ad oggetto valutazioni giuridiche e siano dunque pienamente sindacabili dal Tribunale, la motivazione di dette decisioni può anche essere implicita (v., in tal senso, la sentenza E- Control/ACER, punti 65, 69, 71-72 e le sentenze Austrian Power Grid, punti 190-196). Laddove, invece, come nella sentenza in commento, le commissioni di ricorso procedano al controllo di valutazioni complesse di ordine tecnico-scientifico, e godano dunque della medesima ampia discrezionalità riconosciuta alle rispettive agenzie, l’eventuale successivo controllo giurisdizionale del merito delle loro decisioni da parte del Tribunale sarà circoscritto ad errori manifesti di valutazione o ad ipotesi di sviamento o eccesso di potere (v. in tal senso, sentenza Aquind, punti 57, 59 e 67). La motivazione di tali decisioni dovrà pertanto essere più articolata e completa per assicurare l’effettività di un tale controllo ristretto.
Oltre ad assicurare la conformità con la giurisprudenza della Corte, senza creare incoerenze in quella del Tribunale, un obbligo di motivazione così come definito nella sentenza TenneT TSO concorre ad assicurare il rispetto, da parte delle commissioni di ricorso, del diritto dei soggetti riguardati dalle loro decisioni ad una buona amministrazione, di cui all’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (sul punto v. anche A. Biondi, p. 65 e, più in generale, L. Bolzonello, p. 574 e D. Ritleng, pp. 312-5, nonché C. Zadra, p. 289 e P. Stancanelli–A. Menéndez Fernández, p. 302).
Da un lato, tale obbligo di motivazione garantisce la conformità delle decisioni delle commissioni di ricorso all’art. 41, par. 2, lett. c), della Carta. Il contenuto dell’obbligo di motivazione prescritto da quest’ultima disposizione coincide infatti con quello di cui all’art. 296, co. 2, TFUE, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte (v., in tal senso, da ultimo, le sentenze Austrian Power Grid, punti 190-191), giurisprudenza che, come detto, la sentenza TenneT TSO ha correttamente applicato alle specificità degli atti delle commissioni di ricorso.
Dall’altro lato, un siffatto dovere di motivazione, implicando, di fatto, una nuova valutazione, da parte di tali commissioni, degli elementi tecnico-scientifici posti a fondamento della decisione contestata dinanzi a loro, contribuisce ad assicurare il rispetto, da parte di dette commissioni, dell’obbligo di esaminare con cura e imparzialità gli elementi pertinenti della situazione di cui trattasi, di cui all’art. 41, par. 1, della Carta. Peraltro, quest’ultimo obbligo costituisce l’altra fondamentale garanzia procedurale che, insieme al dovere di motivazione, deve fare da necessario contraltare al riconoscimento di un ampio potere discrezionale ad un’autorità amministrativa (si v., in tal senso, le sentenze Gauweiler, punto 69, Weiss e a., punto 30 e BCE/Crédit lyonnais, punto 57). Il dovere di motivazione delineato dalla sentenza in commento, contribuendo al rispetto di tale garanzia, pare dunque rafforzare, anche sotto questo profilo, la tutela dei diritti procedurali dei soggetti riguardati dalle decisioni delle commissioni di ricorso.
(segue) … e contro
Sono piuttosto le modalità concrete con le quali il Tribunale ha verificato, nel caso di specie, il rispetto dell’obbligo di motivazione da parte della commissione di ricorso di ACER a destare qualche perplessità di ordine metodologico. Esse meritano di essere brevemente illustrate, perché mettono in luce altrettante criticità insite nella possibile scelta del Tribunale di procedere a un controllo sistematico del rispetto dell’obbligo di motivazione delle commissioni di ricorso.
In primo luogo, occorre osservare che la decisione, piuttosto irrituale, di rilevare d’ufficio il difetto di motivazione della decisione impugnata, avrebbe dovuto precludere al Tribunale la possibilità di esaminare nel merito tale decisione. Va infatti ricordato che, secondo costante giurisprudenza della Corte, peraltro richiamata dalla stessa sentenza TenneT TSO (punto 184), l’obbligo di motivazione è una forma sostanziale il cui rispetto prescinde dalla fondatezza della stessa, che attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Ebbene, laddove prende in esame il modo in cui la commissione di ricorso ha risposto alle censure dei ricorrenti riguardo al metodo scientifico scelto dall’agenzia per determinare uno degli elementi essenziali della decisione contestata, il Tribunale pare talvolta travalicare questo confine, misurando l’adeguatezza della motivazione addotta dalla commissione di ricorso per respingere gli argomenti dei ricorrenti in base alla plausibilità scientifica della stessa (v. punti 189 e 199-201).
In secondo luogo, astraendo dalle specificità del caso di specie, si deve rilevare che, in virtù della medesima giurisprudenza della Corte, richiamata dalla sentenza TenneT TSO (punti 181 e 183), l’obbligo di motivazione va parametrato alla natura dell’atto, al contesto nel quale è stato adottato, nonché ai suoi destinatari. Ora, la decisione di cui trattasi è un provvedimento adottato da un organo di revisione amministrativa, all’esito di un procedimento quasi giurisdizionale avviato su iniziativa di parte e volto ad esaminare la fondatezza degli argomenti addotti da un ricorrente, che è il destinatario di tale provvedimento (v., in tal senso, la sentenza Aquind del Tribunale, punti 75-81; sul punto si v. anche A. Buchet, p. 227 e M. Krajewski, pp. 284-5).
Alla luce di ciò, lo standard di adeguatezza di tale motivazione non dovrebbe essere fissato ad un livello tale da determinare un’inversione dell’onere della prova. Ossia, alle commissioni di ricorso dev’essere richiesto di esplicitare le ragioni per cui – all’esito di una nuova valutazione degli elementi tecnico-scientifici posti a fondamento della decisione contestata – esse ritengono che gli argomenti dei ricorrenti non sono tali da dimostrare che detta decisione è inattendibile (ovvero, che essa non è una delle possibili decisioni corrette). Non si può invece addossare, di fatto, alle commissioni di ricorso l’obbligo di dimostrare che la decisione contestata è quella maggiormente attendibile (ovvero, è la decisione più corretta), come pare invece fare il Tribunale in certi passaggi della sentenza TenneT TSO (v. punti 199 e 207-209).
Del resto, uno standard motivazionale eccezionalmente rigoroso non è nemmeno indispensabile per consentire al giudice dell’Unione di disporre degli elementi necessari ad esercitare il proprio sindacato giurisdizionale sul merito delle decisioni delle commissioni di ricorso. Infatti, come già rilevato in precedenza, laddove queste decisioni comportino valutazioni complesse di ordine tecnico-scientifico, tale sindacato è necessariamente limitato, essendocircoscritto ad errori manifesti di valutazione o ad ipotesi di sviamento o eccesso di potere.
È certamente vero che, in base alla giurisprudenza della Corte relativa al controllo giurisdizionale di atti che implicano valutazioni economiche complesse, il controllo dell’errore manifesto di valutazione comporta concretamente che il Tribunale verifichi non solo l’esattezza materiale, l’attendibilità, la coerenza e la completezza degli elementi che fondano la decisione impugnata, ma anche la loro concludenza (v., da ultimo, sentenza BCE/Crédit lyonnais, punto 56 e giurisprudenza ivi citata; sulla comparabilità di questo standard di controllo con quello applicabile alle commissioni di ricorso si v. M. Lamandini, D. Ramos Muñoz, p. 261 e ss.), operando quella che è stata definita una process-oriented review (v. E. Vos, p. 151 e R. Widdershoven, § 6.1.; v. anche, più in generale, K. Lenaerts).
Va tuttavia rilevato che, nel campo delle valutazioni tecnico-scientifiche, la Corte pare mettere l’accento sul controllo della pertinenza, attendibilità e completezza degli elementi fattuali complessi posti a fondamento dell’atto impugnato, piuttosto che su quello della loro idoneità a corroborare le conclusioni che ne sono tratte (v., in tal senso, sentenza PlasticsEurope AISBL/ECHA, punti 47 e 52). Inoltre, e soprattutto, resta il fatto che il Tribunale non può comunque in ogni caso sostituire la propria valutazione di tali elementi fattuali a quella operata dalla commissione di ricorso (v., in tal senso, la stessa sentenza BCE/Crédit lyonnais, punto 55 e giurisprudenza citata), a differenza di quanto può fare quest’ultima rispetto alla decisione dell’agenzia contestata dinanzi ad essa.
Ciò pare comportare che, una volta verificato che la commissione di ricorso abbia preso in considerazione l’insieme degli elementi fattuali pertinenti e che questi siano materialmente corretti, il Tribunale debba limitarsi ad esaminare se la valutazione di tali elementi da parte di detta commissione non sia manifestamente errata. Ossia se, considerati gli elementi fattuali dati, così come constatati e nuovamente valutati dalla commissione di ricorso, la decisione di quest’ultima sia plausibile (v., per analogia, sentenza BCE/Crédit lyonnais, punti 67-72). Suggerendo che la commissione di ricorso debba dimostrare la maggiore attendibilità tecnico-scientifica della decisione contestata per adempiere correttamente al proprio obbligo di motivazione, la sentenza in commento parrebbe invece indicare l’intenzione del Tribunale di procedere ad un sindacato giurisdizionale più intenso sul merito delle decisioni delle commissioni di ricorso.
Obbligo di motivazione e intensità del sindacato giurisdizionale sul merito delle decisioni delle commissioni di ricorso: spetterà alla Corte fare chiarezza?
La determinazione della corretta intensità del sindacato giurisdizionale del Tribunale sulle decisioni delle commissioni di ricorso è dunque cruciale e, come messo in luce in precedenza, si riflette direttamente sulla valutazione dell’adeguatezza della motivazione di tali decisioni.
A tal proposito, merita di essere segnalato che, dopo la sentenza Aquind della Corte, il Tribunale ha accolto come manifestamente fondato un ricorso di annullamento proposto contro una decisione della commissione di ricorso di ACER, proprio in ragione del fatto che tale commissione si era limitata ad esercitare un controllo dell’errore manifesto di valutazione (v. ordinanza Gaz-System S.A./ACER, punti 37, 40 e 45). Il Tribunale ha così dimostrato di voler assicurare un’applicazione rigorosa e sistematica del nuovo standard di “controllo completo” definito dalla Corte, anche rispetto a decisioni, come quella in esame, adottate precedentemente alla propria sentenza Aquind e dunque sul presupposto dell’applicabilità dello standard di “controllo limitato” allora invalso nella prassi decisionale delle commissioni di ricorso.
Dall’altro lato, con due sentenze gemelle, rese poche settimane prima della pronuncia della sentenza Aquind della Corte, lo stesso Tribunale ha però respinto le azioni di annullamento proposte contro due decisioni della commissione di ricorso di ACER, malgrado, in tali decisioni, adottate anch’esse sulla base del medesimo presupposto, detta commissione avesse appunto affermato di dover procedere ad un controllo limitato delle valutazioni complesse di ordine tecnico compiute dall’agenzia (v. sentenze Austrian Power Grid, punti 200-205). Il Tribunale ha infatti ritenuto che, conformemente a quanto richiesto dalla propria sentenza Aquind, la commissione di ricorso avesse comunque esercitato un «controllo completo» delle valutazioni giuridiche effettuate dall’agenzia e che laddove, eccezionalmente, tale commissione aveva dovuto esaminare valutazioni tecniche complesse, essa avesse «svolto in pratica un controllo che andava oltre un semplice controllo limitato» (v. sentenze Austrian Power Grid, punti 202-204). Secondo il Tribunale, detta commissione aveva infatti «verificato se [l’agenzia] potesse correttamente concludere» nel senso contestato dai ricorrenti, così «di fatto assol[vendo] i propri obblighi per quanto riguardava l’intensità del controllo che doveva effettuare» (ibid., punto 204).
Contro queste ultime sentenze del Tribunale sono state proposte altrettante impugnazioni dinanzi alla Corte nelle cause riunite Polskie sieci elektroenergetyczne e a./ACER, volte, tra l’altro, proprio a censurare l’errore di diritto nel quale sarebbe incorso il Tribunale concludendo che la commissione di ricorso di ACER non aveva violato il proprio obbligo di “controllo completo” delle decisioni dell’agenzia contestate dinanzi ad essa. Va segnalato che tali impugnazioni sono state introdotte prima dell’entrata in vigore, lo scorso 1° settembre 2024, della riforma che le avrebbe assoggettate al meccanismo di ammissione preventiva di cui all’art. 58 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’UE, al quale sarà invece sicuramente sottoposta l’eventuale impugnazione che ACER intendesse presentare contro la sentenza TenneT TSO, di cui, ad oggi, non vi è notizia. Anche se la Corte decidesse di non ammettere quest’ultima impugnazione, essa avrà quindi comunque l’opportunità di pronunciarsi sul punto.
Sarebbe dunque opportuno che la Corte cogliesse l’occasione delle impugnazioni nelle cause riunite Polskie sieci elektroenergetyczne e a./ACER – nelle quali si attendono le conclusioni dell’avvocato generale dopo l’udienza tenutasi lo scorso 24 ottobre 2024 – per ribadire e precisare quale sia l’intensità del sindacato giurisdizionale richiesto al Tribunale sulle decisioni delle commissioni di ricorso delle agenzie dell’UE dopo la sentenza Aquind. Un approccio coerente a quello applicato alle (altre) decisioni adottate nell’esercizio di ampia discrezionalità tecnico-scientifica, che, diversamente da quanto sembra suggerire la sentenza in commento, limiti il sindacato giurisdizionale del Tribunale alla c.d. process-oriented review nei termini descritti in precedenza, pare senz’altro auspicabile.