Statistiche giudiziarie 2024: questioni scelte

Statistiques judiciaires 2024 : questions choisies

Judicial Statistics 2024: Selected Issues 

1. Introduzione

Il 21 marzo 2025 sono state rese pubbliche le statistiche giudiziarie relative all’attività della Corte di giustizia1 e del Tribunale2 per l’anno 2024.

Si tratta di un anno ricco di novità per il contenzioso europeo interessato, come noto, dalla “riforma della Corte”3. Quest’ultima, tra le altre modifiche, ha trasferito, in determinate materie, il rinvio pregiudiziale al Tribunale, consegnandogli «il ruolo di giudice della nomofilachia che, in passato, si voleva riservata al giudice apicale del sistema»4. Tale riforma acquisisce un senso concreto se si tiene conto di due circostanze: la prima, che nel 2024 il numero di cause promosse dinnanzi alla Corte di giustizia è aumentato del 12% rispetto al 2023 (da 821 a 920 cause); la seconda che, invece, il numero di casi di cui si dovrà occupare il Tribunale è diminuito (786 nuove cause) tanto da essere quello più basso registratosi negli ultimi dieci anni5. Ne risulta che la scelta di trasferire al Tribunale la competenza pregiudiziale in alcune materie6 sia stata lungimirante posto che va nella direzione di riequilibrare il carico del contenzioso tra i due organi giurisdizionali dell’Unione.

Siffatta ridistribuzione delle competenze appare altresì utile al mantenimento – e auspicabilmente al rafforzamento – di un sistema giurisdizionale europeo efficiente. Infatti, è essenziale consolidare il livello di efficienza raggiunto nel 2024, anno in cui la Corte di giustizia ha definito 863 cause, segnando un incremento del 10% rispetto al 2023 (in cui le cause chiuse erano state 783) e il Tribunale ha pronunciato un numero di cause superiore sia rispetto all’anno precedente (922 nel 2024 contro 904 nel 2023), sia rispetto ai nuovi procedimenti iscritti nello stesso anno (786). Questa efficienza deve tradursi anche in tempi ragionevoli di definizione delle cause, in particolare alla luce del crescente ricorso, e del più frequente accoglimento, delle domande di rinvio pregiudiziale sottoposte alla procedura accelerata7. Tale procedura, come noto, comporta una compressione dei termini nella fase scritta e la fissazione immediata dell’udienza. Un dato emblematico di questa tendenza è costituito dal fatto che nel solo 2024 la Corte ha concesso 14 volte l’adozione del procedimento accelerato, pari al numero totale di procedimenti accelerati concessi nei primi quindici anni dalla sua introduzione avvenuta nel 2008.

Oltre ai profili meramente quantitativi, nelle pagine che seguono ci si propone di mettere in risalto, attraverso l’analisi di alcune tra le decisioni più rilevanti (specie quelle che presentano particolari profili processuali), due tendenze di fondo che caratterizzano l’attività giudiziaria del 2024. La prima riguarda il ricorso più frequente da parte del Tribunale alla Grande Sezione (o comunque alla composizione allargata)8 che testimonia il ruolo crescente del giudice di prima istanza nella configurazione dell’assetto giudiziario dell’Unione. Ciò rafforza la legittimità del Tribunale anche alla luce del trasferimento della competenza pregiudiziale e del conseguente dialogo con i giudici comuni (v. infra, parr. 2 e 2.1). La seconda concerne la selezione più accurata dei casi decisi dalla Grande Sezione della Corte di giustizia, tesa a rafforzare il processo di integrazione europea tramite decisioni di questioni “costituzionali”(v. infra, parr. 3, 3.1 e 3.2).

2. Le tendenze del contenzioso dinnanzi al Tribunale: la “riscoperta” della Grande Sezione

Nel 2024, la composizione in Grande Sezione del Tribunale, seppure sinora interpellata solo raramente e in maniera episodica9, ha acquisito centralità in una serie di cause che, come statuito dall’art. 28, comma 1, del regolamento di procedura del Tribunale, per «la difficoltà in diritto o l’importanza della causa o circostanze particolari» giustificano una tale scelta10. Siffatte controversie hanno riguardato interessi costituzionali dell’ordinamento giuridico dell’Unione, riconducibili essenzialmente a due assi tematici: da un lato, il fenomeno del c.d. “Rule of Law Backsliding”; dall’altro lato, il tema delle misure restrittive adottate dall’Unione europea in risposta all’aggressione dell’Ucraina da parte della Federazione russa.

Con riferimento alla questione della salvaguardia dei valori ex art. 2 TUE, il Tribunale si è pronunciato nelle cause Medel e a. c. Consiglio11, in cui le associazioni dei giudici europei avevano chiesto l’annullamento della decisione del Consiglio con cui era stato approvato il Piano ripresa e resilienza polacco, sulla base del fatto che i traguardi posti per l’approvazione non fossero in linea con il diritto dell’Unione (artt. 2 e 19 TUE)12. La questione centrale riguardava il difetto di legittimazione ad agire delle associazioni ricorrenti, ai sensi dell’art. 263, par. 4, TFUE. Il Tribunale ha dichiarato irricevibili i ricorsi, ritenendo che nessuna delle condizioni delineate dalla giurisprudenza Federolio c. Commissione13 risultasse soddisfatta posto che le associazioni: a) non sono ricomprese in nessuna norma procedurale che conferisce a queste ultime di avere tale diritto e ciò non si può, almeno finora, nemmeno desumere dal combinato disposto degli artt. 2 e 19 TUE14; b) non sono in grado di identificare un pregiudizio ai loro interessi in quanto la loro posizione di interlocutrici delle istituzioni dell’Unione, come esse affermano, non è sufficiente a riconoscere loro la qualità di negoziatrice richiesta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia15; c) non si trovano nel caso in cui i membri da esse rappresentati, siano, a loro volta, legittimati ad agire16. Il Tribunale ha inoltre rigettato l’istanza delle ricorrenti volta a ottenere una lettura più elastica dei criteri di ricevibilità, alla luce delle esigenze imperative di tutela giurisdizionale effettiva in un contesto segnato da carenze sistemiche dello Stato di diritto in Polonia. Secondo il Tribunale, tali considerazioni non possono giustificare l’esclusione dell’applicazione dei requisiti espressamente previsti dal trattato17.

Tali ultime affermazioni sono state riproposte dal Tribunale nell’ordinanza18 con cui ha dichiarato irricevibile – sempre per carenza dei requisiti ex art. 263, comma 4, TFUE – il ricorso in annullamento intentato dall’associazione dei procuratori rumeni che ha impugnato la decisione della Commissione di chiudere il Meccanismo di Cooperazione e Verifica per la Romania[19]. Occorre, tuttavia, sottolineare che in quest’ultimo caso la ricorrente ha basato la richiesta di attenuare il test Plaumann20 sul recente orientamento di apertura della Corte EDU nella nota sentenza Verein KlimaSeniorinnen Schweiz e al. contro Svizzera21. Tale circostanza non considerata adeguatamente dal Tribunale potrebbe, invero, trovare giusta considerazione da parte della Corte di giustizia, dinnanzi alla quale pende l’appello della sentenza del Tribunale tanto del caso Medel22, quanto del caso Asociația Inițiativa pentru Justiție23.

Nell’ambito delle misure restrittive adottate dall’Unione a seguito dell’aggressione russa in Ucraina, l’intervento della Grande sezione del Tribunale si è avuto da un lato, nei casi Fridman e a. c. Consiglio e Timchenko e Timchenko c. Consiglio24, e dall’altro nei casi Ordre néerlandais des avocats du barreau de Bruxelles e a. c. Consiglio, Ordre des avocats à la cour de Paris et Couturier c. Consiglio e ACE c. Consiglio25. Nei primi casi il Tribunale è stato chiamato a giudicare della validità della disposizione (art. 1, punto 4, del regolamento (UE) 2022/1273 del Consiglio, del 21 luglio 2022) che impone, alle persone soggette a misure restrittive, obblighi di comunicazione dei fondi e di cooperazione con le autorità nazionali competenti e che prevede, altresì, che l’inosservanza di tali obblighi sia da considerarsi come un’elusione delle misure di congelamento dei fondi, in ragione del fatto che il Consiglio avrebbe ecceduto le proprie competenze. Il Tribunale ha respinto i ricorsi, sostenendo che, ai sensi degli artt. 24 TUE e 29 TUE, il Consiglio definisce, nelle decisioni adottate all’unanimità in materia di PESC, l’oggetto delle misure restrittive in tale settore, mentre in virtù dell’art. 215 TFUE, adotta regolamenti per attuare o dare effetto a misure restrittive e per garantirne l’applicazione uniforme in tutti gli Stati membri.

Nel secondo gruppo di sentenze citate il Tribunale, respingendo i ricorsi in annullamento degli ordini degli avvocati francesi e belgi, ha confermato la legittimità del divieto di fornire, direttamente o indirettamente, servizi di consulenza giuridica al governo russo e alle persone giuridiche, alle entità e agli organismi stabiliti in Russia (regolamento del Consiglio [UE] n. 833/2014).

In entrambi i filoni giurisprudenziali il Tribunale sembra seguire una precisa logica: garantire la corretta applicazione (e l’effetto utile) delle misure restrittive UE e delle misure “antielusione”, ovverosia misure che proibiscono attività aventi l’obiettivo o il risultato di eludere, direttamente o indirettamente le misure restrittive adottate dall’Unione26.

2.1 (segue) il maggiore uso delle sezioni a cinque giudici

Insieme alla “riscoperta” della Grande sezione si deve dare conto di un ulteriore trend del Tribunale: l’aumento dei casi decisi da sezioni allargate, ovverosia a cinque giudici (il 20,2 % dei casi, ovverosia 163 sentenze nel 2024). La prassi di statuire attraverso formazioni estese è utilizzata in particolare quando le cause sollevano questioni significative o nuove o, ancora, suscettibili di determinare sviluppi della giurisprudenza.

Tra i casi significativi che sollevano questioni nuove anche sotto il profilo procedurale, si deve dare conto della causa Tercas27, in cui la Banca Popolare di Bari SpA (BPB), dopo aver chiesto invano il risarcimento del danno alla Commissione causato dalla decisione con cui quest’ultima aveva erroneamente qualificato come aiuto di Stato illegittimo l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD) per coprire il deficit patrimoniale di Banca TERCAS, ha proposto un ricorso per responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea ai sensi dell’art. 340, secondo comma, TFUE. Due sono le questioni procedurali di interesse. La prima riguarda l’individuazione del momento a partire dal quale avrebbe dovuto iniziare a decorrere il termine di prescrizione dell’azione proposta. Su questo punto il Tribunale chiarisce, in primo luogo, che il termine comincia a decorrere soltanto a partire dal momento in cui il danno da risarcire si è effettivamente realizzato; e, in secondo luogo, che in caso di atto interruttivo (come la richiesta di risarcimento), e in presenza di un danno a carattere continuativo, la prescrizione si applica al periodo antecedente di oltre cinque anni alla data dell’atto interruttivo della prescrizione, senza pregiudicare i diritti sorti nel corso dei periodi successivi28. La seconda questione, invece, riguarda la decisione del Tribunale di negare la responsabilità dell’Unione europea per l’insussistenza sia del carattere grave e manifesto della violazione compiuta dalla Commissione sia del nesso di causalità. Infatti, il Tribunale riprendendo un orientamento consolidato in virtù del quale quando l’istituzione interessata dispone di un ampio potere discrezionale, il criterio determinante per stabilire l’esistenza di una violazione manifestatamente grave è quello di verificare se tale istituzione abbia manifestamente e gravemente disconosciuto i limiti del proprio potere discrezionale, conferma un indirizzo molto restrittivo in materia di responsabilità delle istituzioni che pone qualche perplessità in termini di rispetto del principio di tutela giurisdizionale effettiva29.

Ancora, il Tribunale, pronunciandosi in composizione allargata a cinque giudici, ha respinto due ricorsi di annullamento30 presentati dalla Repubblica di Polonia contro molteplici decisioni della Commissione31. Con tali decisioni quest’ultima ha recuperato le somme dovute dalla Polonia a titolo di sanzione giornaliera ex art. 279 TFUE imposta dalla Corte di giustizia32, compensandole con crediti che la Polonia vantava nei confronti dell’Unione33. In particolare, la Polonia ha fondato il suo ricorso su due elementi: il primo è che, dopo l’imposizione della penalità, la Polonia ha concluso con la Repubblica Ceca un accordo transattivo; il secondo è che in ragione di tale accordo entrambe le parti hanno chiesto e ottenuto la cancellazione del caso dal registro. Secondo la Polonia queste due circostanze comportano la cessazione retroattiva degli effetti dei provvedimenti provvisori disposti precedentemente, con la conseguenza che il credito recuperato è inesistente e il suo recupero è contrario agli artt. 101 e 102 del regolamento finanziario. Il Tribunale, respingendo il ricorso, ha invece sostenuto che proprio in considerazione della finalità delle sanzioni pecuniarie periodiche, che è quella di garantire l’effettiva applicazione del diritto dell’Unione (componente essenziale dello Stato di diritto, valore sancito dall’art. 2 TUE) che la penalità è dovuta sino al giorno in cui è stato concluso l’accordo e non viene meno per il periodo precedente. Infatti, l’argomentazione della Polonia equivarrebbe a svuotare di ogni contenuto il meccanismo dell’astreinte, in quanto consentirebbe a una parte di sottrarsi deliberatamente all’obbligo di conformarsi alle misure provvisorie disposte in sede di procedimento sommario, compromettendo in tal modo l’efficacia del diritto dell’Unione.

Si segnala che si tratta di un contenzioso in espansione, considerando che la sentenza del Tribunale è stata impugnata dinnanzi alla Corte di giustizia34 e che il giudice di prime cure, si è già pronunciato, con due nuove sentenze35, sempre su ricorso proposto dalla Polonia, confermando la legittimità delle decisioni di compensazione dei crediti per penalità giornaliera comminata nell’ordinanza del 27 ottobre 2021, nella causa C-204/21, Commissione c. Polonia, e poi dimezzata, per intervenuta parziale ottemperanza, con la successiva ordinanza del 21 aprile 202336.

Tra le questioni affrontate dal Tribunale in composizione allargata a cinque giudici, merita particolare attenzione anche la sentenza Inivos e Inivos c. Commissione, riguardante gli appalti pubblici e, in particolare, l’utilizzo della procedura negoziata senza previa pubblicizzazione del bando37. La causa nasce da due ricorsi presentati da società non invitate a partecipare alla consultazione preliminare del mercato relativa a robot per la disinfezione ospedaliera, da cui ha avuto origine la procedura d’appalto. In dettaglio, le ricorrenti chiedevano, ex art. 263 TFUE, l’annullamento: a) della decisione di utilizzare una procedura negoziata senza pubblicazione di un bando; b) della decisione di aggiudicare l’appalto; c) della conclusione dei contratti-quadro con due operatori. Inoltre, ex art. 268 TFUE, chiedevano il risarcimento del danno subito per la perdita di chance di partecipare alla gara. Il Tribunale ha respinto il ricorso, argomentando tanto l’inammissibilità dell’impugnazione di cui al punto a) perché tale atto è considerato preparatorio e privo di effetti giuridici diretti sugli operatori economici38; quanto l’inammissibilità dell’impugnazione di cui al punto b), perché sebbene questo sia un atto impugnabile, le ricorrenti non sono risultate “individualmente riguardate”, non avendo dimostrato di appartenere al gruppo ristretto di operatori potenzialmente invitabili. Quanto al risarcimento per perdita di chance, il Tribunale ha escluso che la mancata possibilità di presentare un’offerta possa configurare un danno reale e certo, trattandosi di un’eventualità ipotetica, priva di garanzie di successo39.

La sentenza del Tribunale appare rilevante sotto il profilo processuale per due ordini di motivi. In primis, perché comporta, di fatto, una sottrazione al controllo giurisdizionale delle decisioni relative al ricorso alla procedura negoziata, compromettendo la possibilità di valutare la legittimità dell’operato della Commissione e dell’eventuale deroga alle regole ordinarie in materia di appalti pubblici. In secundis, perché l’argomento del Tribunale, sulla base del quale la pretesa risarcitoria può essere accolta solo se si dimostra che non vi fosse “alcun dubbio” sul fatto che il ricorrente avrebbe ottenuto l’appalto qualora fosse stata invitata, non tiene conto del fatto che il risarcimento, nel caso di specie, si fondava non sull’esclusione dalla procedura negoziata, ma sull’uso illegittimo, da parte della Commissione, di tale procedura in violazione del diritto dell’Unione40.

Da ultimo, si ritiene opportuno dare conto della sentenza con la quale il Tribunale, in sezione a cinque giudici, si è espresso per la prima volta sul Digital Markets Act (DMA)41 e in particolare sull’onere della prova richiesto alle imprese. La pronuncia prende le mosse dal ricorso presentato da ByteDance (società fondata in Cina nel 2012 che gestisce la piattaforma digitale TikTok) per chiedere l’annullamento della decisione della Commissione che la designa come gatekeeper42. Si ricordi preliminarmente che in virtù del DMA, la Commissione designa un’impresa come «gatekeeper» (ovverosia come “controllore dell’accesso” ai mercati nel settore digitale), imponendole una serie di obblighi, quando sono soddisfatti determinati criteri qualitativi cumulativi43 e determinate soglie quantitative stabilite in base al suo fatturato, al suo valore di mercato e al numero di utenti. Tuttavia, se un’impresa soddisfa le soglie quantitative, come la ricorrente nel caso di specie, può comunque contestare la sua designazione presentando argomenti «sufficientemente fondati» per dimostrare che, in via eccezionale, non soddisfa i criteri qualitativi cumulativi (art. 3, par.5, DMA). Il Tribunale, nel caso di specie, ha respinto il ricorso, ma ha fornito qualche ulteriore indicazione sull’onere della prova richiesta all’impresa per mettere in discussione le presunzioni citate. Infatti, l’impresa, deve presentare argomenti che aveva già presentato in sede amministrativa (a meno che, con le suddette argomentazioni e prove, essa miri a contestare un elemento di diritto o di fatto rilevato nella decisione impugnata riguardo al quale essa non ha potuto prendere posizione durante tale procedimento), che siano sufficientemente motivati e che mettano manifestamente in discussione, con un elevato grado di plausibilità, che le presunzioni di cui all’arti. 3, par. 2, del DMA sono rovesciate44. Sebbene le specificazioni del Tribunale siano ancora da valutare nella pratica, si sottolinea che qualche ulteriore dettaglio potrebbe giungere dalla Corte di giustizia, dinanzi alla quale pende il ricorso contro la decisione del Tribunale45.

3. Le tendenze del contenzioso dinnanzi alla Corte di giustizia: il crescente ruolo costituzionale attraverso le sentenze della Grande Sezione in materia di valori 

Sebbene il numero di pronunce provenienti dalla Grande Sezione per il 2024 sia diminuito rispetto agli anni precedenti (44 nel 2024, 69 nel 2023, 46 nel 2022; 71 nel 2021, 74 nel 2020) nonostante l’aumento delle cause (1206 nel 2024), la disamina di questa parte della giurisprudenza consente di individuare le questioni di particolare importanza politica, giuridica e sistemica che richiedono l’intervento di una composizione più “autorevole” della Corte e che consentono di portare avanti il processo di costituzionalizzazione del progetto di integrazione europea46.

Di natura costituzionale sono le sentenze che si occupano dei valori fondativi dell’Unione ex art. 2 TUE e in particolare, del principio dell’indipendenza del giudice che concretizza il valore dello Stato di diritto.

In primo luogo, si deve segnalare la sentenza G. contro M.S. e BC, DC contro X, in cui le domande pregiudiziali riguardavano la conformità con il diritto UE (con gli artt. 2, 6, par., 1-3, 19, par.1, TUE in combinato disposto con l’art. 47 CDFUE) della composizione dei collegi giudicanti polacchi in cui due giudici erano stati nominati dal Consiglio nazionale della magistratura47. La Corte ha dichiarato irricevibili le questioni, osservando che non vi era una controversia effettiva dinanzi al giudice del rinvio tale da giustificare l’attivazione dell’art. 267 TFUE e posto che i quesiti non rispondevano a un’esigenza concreta nella definizione delle controversie, bensì miravano a ottenere un giudizio astratto e generale. Il fatto che la Corte abbia scelto di pronunciarsi con sentenza, anziché con una ordinanza, e che lo abbia fatto in Grande sezione sembra avere una valenza politica. Pare trattarsi di una sentenza “monito” attraverso la quale la Corte invita i giudici, presidio dell’indipendenza del potere giudiziario, a usare lo strumento di cui all’art. 267 TFUE solo quando sussistono le condizioni di ammissibilità oggettive, quali la necessità e la rilevanza della domanda pregiudiziale. In altri termini, da un lato, lo strumento pregiudiziale rappresenta un valido rimedio contro il deterioramento dello Stato di diritto48. Dall’altra parte, il rinvio pregiudiziale non può essere usato, o meglio “abusato”, quando non sussistono i criteri oggettivi per operare il rinvio, con l’ulteriore conseguenza che si aggrava o meglio ritarda la definizione del procedimento principale nazionale, oltre ad aumentare il carico di lavoro della Corte di giustizia.

Anche nel caso NADA la Corte ha scelto di dichiarare irricevibile il rinvio proveniente dalla Commissione arbitrale austriaca in materia di lotta contro il doping con una sentenza pronunciata in Grande sezione49. In questo caso, l’indipendenza veniva in rilievo come criterio per valutare se l’organo potesse qualificarsi come «organo giurisdizionale» ai sensi dell’art. 267 TFUE. Dopo una fase in cui la Corte sembrava adottare un doppio standard nella valutazione dell’indipendenza (più rigoroso per gli artt. 19 TUE e 47 CDFUE, più “blando” per l’art. 267 TFUE)50, con la sentenza NADA la Corte sembra avvicinare le due valutazioni, adottando un’interpretazione più restrittiva51. Questo orientamento appare coerente con lo sviluppo della giurisprudenza in materia di Stato di diritto, soprattutto se si considera che la Corte di giustizia, nell’ordinanza relativa al caso Krajowa Rada Sadownictwa, è giunta finanche a rovesciare la presunzione secondo cui un giudice nazionale è sempre una “giurisdizione” ex art. 267 TFUE52.

In maniera inedita, la Grande sezione si è occupata anche della compatibilità con gli artt. 19, par. 2, terzo comma TUE e 254, secondo comma, TFUE – che impongono il rispetto delle «garanzie di indipendenza» e del requisito della «capacità per l’esercizio di alte funzioni giurisdizionali» – delle decisioni di nomina dei giudici del Tribunale dell’Unione. L’occasione origina dal caso Valančius53, ex giudice del Tribunale dell’Unione non rinnovato, che ha contestato la legittimità delle decisioni del governo lituano di designazione del candidato giudice, prodromiche dunque alla “nomina di comune accordo da parte dei governi degli Stati membri”, dopo le valutazioni del comitato 255. Tale governo, anziché riproporre la nomina del ricorrente, primo classificato nell’elenco di merito redatto da esperti indipendenti, ha, prima, proposto il nome del secondo candidato, che però ha ottenuto parere negativo dal comitato 255, e poi il nome del terzo in elenco, che invece, dopo la valutazione positiva del comitato 255, è stato nominato giudice del Tribunale secondo la procedura del citato art. 254 TFUE.

La sentenza si presta ad una lettura ambivalente. La Corte, richiamando il principio di attribuzione delle competenze e di autonomia procedurale e riconoscendo agli Stati membri ampia discrezionalità, sembra adottare uno standard più flessibile rispetto a quello applicato nella valutazione delle norme interne in materia di nomina dei giudici nazionali54. Tuttavia, il ragionamento della Corte mostra come la nomina dei giudici della Corte e del Tribunale gode di una sorta di “garanzia rafforzata” posto che non è esclusivo appannaggio del Governo, ma si attua attraverso tre diverse fasi in cui lo Stato membro e il comitato 255 “collaborano” per la scelta del candidato più idoneo. Tanto è vero che la Grande sezione nel ritenere compatibile con il diritto dell’Unione la normativa lituana, valorizza due elementi: 1) il fatto che il comitato 255 ha espresso parere favorevole sul candidato proposto; 2) la previsione, nella legislazione lituana, di una procedura di selezione affidata a un gruppo a maggioranza composto da esperti indipendenti incaricati di valutare i candidati alla luce dei requisiti dell’art. 19, par. 2, TUE e dell’art. 254 TFUE.

3.1. (segue) … in materia di diritti fondamentali

La Corte di giustizia si è distinta anche per aver affrontato in Grande sezione una serie di casi attraverso i quali, bilanciando i diversi interessi in gioco, ha contribuito dinamicamente allo sviluppo del contenuto dei diritti fondamentali alla luce dei mutamenti sociali promuovendo un’effettiva tutela sostanziale e la costruzione di un sistema sempre più autonomo di tutela.

Meritano di essere richiamati alcuni casi relativi al diritto alla protezione dei dati personali – ambito in cui la Corte è intervenuta rafforzando i rimedi giurisdizionali nazionali e ampliando la platea dei soggetti legittimati a tutelare tale diritto – nonché, in materia di politica sociale, dove la Corte, facendo leva sull’art. 47 della Carta, ha assicurato una tutela effettiva del diritto del lavoratore a tempo determinato a conoscere le ragioni del proprio licenziamento.

Con riferimento al primo ambito, si rammenta innanzitutto la causa Österreichische Datenschutzbehörde55, dove la Corte di giustizia, da un lato, ha escluso che le attività svolte da una commissione di inchiesta parlamentare costituiscano una deroga all’applicabilità del GDPR56; dall’altro lato, affermando l’effetto diretto57 di alcune disposizioni del GDPR (quelle relative alla competenza delle autorità nazionali di controllo e al diritto di proporre reclamo), ha inciso, ampliandola, sulla competenza dell’(unica) autorità nazionale di controllo incaricata della protezione dei dati. Secondo la Corte, sebbene il GDPR lasci agli Stati membri un margine di discrezionalità per quanto riguarda il numero delle autorità di controllo da istituire, esso determina, per contro, la portata delle loro competenze in materia di controllo dell’applicazione del GDPR. Pertanto, qualora uno Stato membro decida di istituire un’unica autorità nazionale di controllo, tale autorità dispone necessariamente di tutte le competenze previste da tale regolamento, dunque, anche quello di esaminare un reclamo. Ciò anche se le disposizioni costituzionali nazionali escludono tale possibilità, altrimenti sarebbe compromessa l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione.

Ancora, nella sentenza Lindenapotheke58 la Corte, interpretando le disposizioni del GDPR che prevedono il diritto di proporre reclamo ad una autorità di controllo (artt. 77 – 80 GDPR), ha ribadito la stretta relazione di complementarità e convergenza tra i rimedi previsti dal GDPR e quelli stabiliti dal diritto della concorrenza59. La sentenza, infatti, si pone nel solco tracciato dalla pronuncia Meta Platforms60 in cui la Corte ha affermato che l’art. 80, par. 2, GDPR legittima una associazione a tutela dei consumatori (che non ha ricevuto mandato ad agire da parte degli interessati dei dati) a proporre un’azione inibitoria contro le pratiche commerciali sleali, fondata sulla presunta violazione delle norme del GDPR. A completamento di questo orientamento, la Grande sezione nella causa Lindenapotheke, ha stabilito che le disposizioni del GDPR consentono anche a un concorrente di intentare la suddetta azione, ampliando, così, il perimetro soggettivo di controllo sul rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali. Secondo i giudici di Lussemburgo, tale possibilità «non solo non pregiudica gli obiettivi previsti dal GDPR, ma, al contrario, è tale da rafforzare l’effetto utile di tali disposizioni e, quindi, il livello elevato di protezione degli interessati con riguardo al trattamento dei loro dati personali, come indicato in tale regolamento»61. In altri termini, la Corte con questa sentenza ha, da un lato, riconosciuto al GDPR il ruolo di criterio di correttezza nelle pratiche commerciale, ovverosia quale regola destinata a disciplinare il comportamento delle imprese digitali sul mercato62; dall’altra parte, ha ampliato la portata della protezione dei dati personali, valorizzando il regolamento anche come mezzo di enforcement privato.

In materia di politica sociale, quindi, i giudici della Corte di giustizia, nella prima causa, K.L.63, si sono occupati della compatibilità con il diritto europeo (direttiva 1999/70/CE del Consiglio relativa all’accordo quadro sulle condizioni di lavoro a tempo determinato e il principio generale di non discriminazione) del diverso trattamento, previsto dalla normativa polacca, tra il licenziamento in caso di contratto a tempo indeterminato (che deve essere motivato) e nel caso di contratto a tempo determinato (che non richiede una specifica motivazione). La sentenza, come sottolinea attenta dottrina64, si inserisce nell’ormai copiosa giurisprudenza che, dalla pronuncia Mangold65, stabilisce eccezioni al divieto dell’effetto diretto delle direttive nelle controversie orizzontali, confermando la tendenza al “rovesciamento” del rapporto tra regola ed eccezione66. Anche in questa occasione, l’eccezione sembra giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei diritti conferiti ai lavoratori dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Ed è a questo scopo che la Corte afferma che la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato osta a una normativa nazionale secondo la quale un datore di lavoro non è tenuto a motivare per iscritto il recesso con preavviso da un contratto di lavoro a tempo determinato e, che, in virtù dell’effetto diretto dell’art. 47 Carta, il giudice nazionale può disapplicare, nella misura necessaria a tutelare il diritto del singolo, qualsiasi disposizione nazionale contraria. Il ragionamento è il seguente: poiché si applica l’accordo quadro citato, la normativa polacca in materia di licenziamento rientra nell’ambito di applicazione della Carta e deve quindi rispettare il diritto a un ricorso effettivo sancito dall’art. 4767. Il fatto che ai lavoratori a tempo determinato non venga fornita una motivazione circa il licenziamento li priva degli elementi utili a decidere se adire un tribunale per tutelare i propri diritti, compromettendo il diritto fondamentale a un ricorso effettivo sancito dall’art. 4768. Dunque, posto che l’art. 47 della Carta è sufficiente di per sé e non necessita di essere specificato da disposizioni di diritto dell’Unione o nazionale per conferire ai singoli un diritto di cui essi possono avvalersi in quanto tale, il giudice nazionale è tenuto «a disapplicare l’articolo 30, paragrafo 4, del codice del lavoro nella misura necessaria a garantire la piena efficacia di tale disposizione della Carta»69.

3.2. (segue) …con riguardo all’azione esterna

Tra le pronunce rilevanti della Grande sezione, si devono ricordare anche quelle in cui la Corte si è occupata di questioni procedurali di non poco momento, che qualificano e innovano l’assetto giurisdizionale costituzionale europeo in materia di azione esterna.

In primis, si fa riferimento alla sentenza KS e KD70 con la quale la Corte di giustizia ha esteso in via pretoria le sue competenze in materia di PESC71, limitate dagli att. 24 TUE e 275, par. 2, e 40 TFUE72. Sebbene la Corte non si sia spinta sino a seguire l’AG Ćapeta, che suggeriva che i giudici dell’UE dovrebbero essere competenti a controllare qualsiasi misura PESC, anche di natura politica o strategica, al fine di garantirne la conformità con i diritti fondamentali73, essa non ha perso l’occasione di ampliare la sua giurisdizione, aggiungendo un tassello rispetto a quanto aveva precedentemente statuito74. La Corte infatti,  afferma che estendere il controllo giurisdizionale a «tutte le misure PESC che limitano i diritti dei singoli» sarebbe contrario agli stessi principi costituzionali dell’ordinamento europeo, ovverosia al principio di attribuzione e di equilibrio istituzionale75; tuttavia, stabilisce che le situazioni che non rientrano nell’ambito di applicazione degli artt. 24, par. 1, TUE e 275, par. 2, TFUE non sono automaticamente escluse dall’ambito del controllo giurisdizionale. Infatti, la competenza della Corte può comunque sussistere quando gli atti e le omissioni in questione «non sono direttamente connessi alle scelte politiche o strategiche compiute dalle istituzioni, dagli organi o dalle agenzie dell’Unione nel contesto della PESC, e in particolare della PSDC»76. Ebbene applicando la “political question doctrine77, la Corte ha stabilito, nel caso di specie, che mentre le decisioni relative alle risorse messe a disposizione di una missione PESC78 e le decisioni di revocare il mandato esecutivo di una missione PESC79 riguardano entrambe scelte politiche e strategiche – e sulle quali pertanto la Corte è incompetente –; per contro, la scelta del personale impiegato in una missione PSAC80, le modalità organizzative relative al comitato di revisione dei diritti umani 81 e le disposizioni in materia di assistenza legale82 costituiscono atti di gestione corrente piuttosto che scelte politiche o strategiche non soggette a controllo giurisdizionale. Di conseguenza, la Corte di giustizia ha annullato l’ordinanza del Tribunale nella parte in cui quest’ultimo aveva dichiarato la propria incompetenza manifesta su tali questioni, ampliando il sindacato giurisdizionale in siffatta materia.

La seconda questione riguarda l’ultimo atto (almeno per ora) della saga Fronte Polisario83 con cui la Corte, in Grande sezione, ha confermato la sentenza del Tribunale84 che aveva annullato la decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell’accordo commerciale tra l’Unione europea e il Marocco85. La pronuncia prende in esame una serie di questioni procedurali, innovandone la soluzione, che meritano di essere ricordate: in particolare, la capacità, ex art. 263, comma 4, TFUE, di stare in giudizio del Fronte Polisario (movimento di liberazione che rappresenta i diritti del popolo del Sahara occidentale), e la portata del controllo giurisdizionale sugli accordi internazionali conclusi dall’Unione europea alla luce del diritto internazionale consuetudinario che conduce all’annullamento dell’accordo.

Sul primo punto, la Corte ha optato per un’interpretazione ampia delle disposizioni procedurali e ha aperto la strada all’accesso al sistema giudiziario dell’UE per gli attori internazionali quali enti non statali86. Infatti, nel caso di specie, la Corte, statuendo che il Fronte Polisario presenta «un’esistenza giuridica sufficiente per poter stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione». In dettaglio, il ricorrente sebbene non sia stato ufficialmente riconosciuto come unico rappresentante del popolo del Sahara occidentale, partecipando a diversi forum internazionali e intrattenendo relazioni giuridiche bilaterali a livello internazionale conformemente alle risoluzioni delle Nazioni Unite (comprese quelle del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite) costituisce un interlocutore privilegiato nell’ambito del processo condotto sotto l’egida delle Nazioni Unite, al fine di determinare il futuro status del Sahara occidentale87.

Il secondo punto interessante riguarda l’argomentazione giuridica che ha portato all’esito, inedito, di annullare un atto giuridico dell’Unione sulla base della sua violazione del diritto internazionale consuetudinario (e segnatamente, nel caso di specie, del principio di autodeterminazione e del principio dell’effetto relativo dei trattati, secondo cui i trattati non devono né nuocere né operare a vantaggio di soggetti terzi). Infatti, mentre i casi precedenti vertevano su questioni relative all’applicazione territoriale degli accordi, Front Polisario II verte sulla questione del consenso. La Grande sezione ha confermato che gli accordi UE-Marocco sono stati conclusi senza il consenso della popolazione del Sahara occidentale.

4. Brevi conclusioni

Le sentenze analizzate rivelano una duplice traiettoria: da un lato, un crescente consolidamento del Tribunale nella gestione di contenziosi strategici, attraverso l’uso sempre più sistematico di formazioni allargate. Questa evoluzione istituzionale riflette un sistema giurisdizionale che non mira solo a rispondere alla pressione quantitativa, ma a riorganizzarsi in modo funzionale rispetto alle sfide attuali dell’integrazione europea.

Dall’altro lato, le pronunce passate in rassegna dimostrano un rafforzamento della funzione eminentemente costituzionale della Corte di giustizia nell’ordinamento giuridico dell’Unione. La qualità e la densità delle questioni affrontate confermano che tale formazione continua a essere il luogo in cui si elaborano orientamenti giurisprudenziali di portata sistemica.

L’anno 2024 si configura come un momento di assestamento e insieme di rilancio della funzione giurisdizionale dell’Unione, in cui le scelte processuali assumono un valore politico oltre che tecnico, nella misura in cui plasmano – anche implicitamente – le dinamiche tra istituzioni, Stati membri e società civile.


1 Statistiche giudiziarie della Corte di giustizia – 2024, reperibile all’indirizzo: https://curia.europa.eu/jcms/jcms/Jo2_7032/it/.

2 Statistiche giudiziarie del Tribunale – 2024, reperibile all’indirizzo: https://curia.europa.eu/jcms/jcms/Jo2_7041/it/.

3 Per una ricostruzione delle “tappe” che hanno portato alla modifica dello Statuto, e della dottrina sul tema si v. la scheda pubblicata su questa Rivista reperibile all’indirizzo: https://europeanlitigation.eu/2023/07/18/le-tappe-della-modifica-del-protocollo-n-3-sullo-statuto-della-corte-di-giustizia-dellunione-europea/. Si v. anche i contributi di C. Tovo, D. P. Domenicucci, M. F. Orzan, R. G. Conti, La riforma dello statuto della Corte di giustizia, nel fascicolo speciale a cura di B. Nascimbene, G. Greco, in Eurojus, 2025; C. Amalfitano, Nizza arriva (infine) a Lussemburgo: il futuro della Corte di giustizia dell’Unione europea tra garanzie e sfide, in Il Diritto dell’Unione europea, 2024, p. 1 ss.

4 M. Condinanzi, C. Amalfitano, Il Tribunale oltre il pregiudizio: le pregiudiziali al Tribunale, in questa Rivista, 2024, p. 9. Sul rapporto tra giudice comune e Tribunale dell’Unione in seguito alla riforma, si v. ex multis, R G. Conti, C’era una volta il rinvio pregiudiziale. Alla ricerca della fiducia – un po’ perduta – fra giudici nazionali ed europei, in Eurojus, 2025;  J. Alberti, Il trasferimento del rinvio pregiudiziale al Tribunale, all’alba della sua entrata in vigore, in Quaderni AISDUE, 6 aprile 2024, p. 22; G. Grasso, La riforma del rinvio pregiudiziale e le nuove raccomandazioni ai giudici nazionali, in questa Rivista, 15 ottobre 2024. Si v., altresì, le considerazioni prima dell’entrata in vigore della riforma di C. Amalfitano, Il futuro del rinvio pregiudiziale nell’architettura giurisdizionale dell’Unione europea, in Il Diritto dell’Unione europea, 2022, p. 487 ss.

5 Il cancelliere del Tribunale Vittorio Di Bucci, nell’intervento esplicativo che introduce la relazione annuale relativa alle statistiche 2024 (v. nota n. 2), ha evidenziato che la netta diminuzione di azioni in annullamento (da 733 nell’anno 2023 a 282 del 2024) è dovuta principalmente a due fattori: la riduzione del contenzioso in materia di proprietà intellettuale e nel settore bancario. Nel primo caso, il calo del numero di cause intentate (268 rispetto alle 310 del 2023) è dovuto al fatto che il numero di ricorsi presentati dinanzi alle Commissioni di ricorso dell’EUIPO è diminuito e il ricorso a meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie dinanzi all’EUIPO è diventato obbligatorio o è stato incoraggiato. Invece, per quanto riguarda il settore della politica economica e monetaria, la diminuzione si spiega con il fatto che dal 2024, ossia dopo la fine del periodo iniziale di otto anni a partire dal 1° gennaio 2016, il Comitato di risoluzione unico ha cessato di riscuotere contributi ex ante dagli istituti tenuti a versare al Fondo di risoluzione unico, che costituiva la principale fonte di contenzioso.

6 La relazione segnala 19 rinvii pregiudiziali, tenendo evidentemente conto solo di quelli del 2024 e, in particolare, di quelli sollevati dopo l’entrata in vigore della riforma e quindi dal 1° ottobre 2024. Per un commento alle prime questioni pregiudiziali sollevate, si v. F. Marino, Alea iacta est! Trasferite al Tribunale le prime cause pregiudiziali, in questa Rivista, 3 dicembre 2024. Attualmente i rinvii al Tribunale sono più di 30.

7 Ex art. 23 bis Statuto e artt. 105-106 del regolamento di procedura della Corte. In tema v. I. Taccani, Articolo 105 – Procedimento accelerato, in C. Amalfitano, M. Condinanzi, P. Iannuccelli (a cura di), Le regole del processo dinanzi al giudice dell’Unione europea. Commento articolo per articolo, Napoli, 2017, p. 654 ss.

8 Art. 28 del regolamento di procedura del Tribunale. In tema v. F. Orzan,  Articolo 28 – Rimessione dinanzi a una sezione che si riunisce con un numero diverso di giudici, in C. Amalfitano, M. Condinanzi, P. Iannuccelli (a cura di), cit., p. 1016 ss.

9 Dal 2007 al 2022, la Grande Sezione del Tribunale è stata investita di sole 5 cause, decise con le  sentenze del 12 settembre 2007, causa T‐36/04, API c. Commissione, ECLI:EU:T:2007:258, e del 17 settembre 2007, causa T‐201/04, Microsoft c. Commissione, EU:T:2007:289; e le ordinanze del 7 settembre 2010, causa T‐532/08, Norilsk Nickel Harjavalta e Umicore c. Commissione, EU:T:2010:353, e causa T-539/08, Etimine e Etiproducts c. Commissione, ECLI:EU:T:2010:354, e del 14 febbraio 2019, causa T‐726/16, VFP c. Commissione, ECLI:EU:T:2019:103.

10 Sulle modifiche di natura ordinamentale, tra cui la creazione della sezione intermedia del Tribunale in vista del trasferimento della competenza pregiudiziale, si v. D. P. Domenicucci, L’impatto del trasferimento parziale della competenza pregiudiziale sulle regole di funzionamento del processo dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, in Eurojus, 23 gennaio 2025, spec. pp. 84-85.

11 Trib., 4 giugno 2024, cause riunite da T‑530/22 a T‑533/22, Medel e a. c. Consiglio, ECLI:EU:T:2024:363. Si v. il commento di T. L. Boekestein, This Chapter is Closed, but the Saga Continues: MEDEL and Others v. Council of the European Union, in questa Rivista, 18 settembre 2024.

12 Decisione di esecuzione del Consiglio del 17 giugno 2022, relativa all’approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza della Repubblica di Polonia, come modificata dalla decisione di esecuzione del Consiglio dell’8 dicembre 2023.

13 Trib., 30 settembre 1997, causa T- 122/96, Federazione nazionale del commercio oleario (Federolio) c. Commissione delle Comunità europee, ECLI:EU:T:1997:142, punto 61.

14 Trib., Medel, cit., punti 41-45. In questo senso si è espressa anche la Corte di giustizia (v. Corte giust., 8 maggio 2024, causa C-53/23, Forumul Judecătorilor din România (Associations de magistrats), ECLI:EU:C:2024:388, chiamata a pronunciarsi sulla seguente questione: se l’articolo 2 e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, in combinato disposto con gli articoli 12 e 47 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che, subordinando all’esistenza di un legittimo interesse privato la ricevibilità di un ricorso di annullamento avverso la nomina di procuratori competenti ad esercitare l’azione penale nei confronti dei magistrati, esclude, in pratica, che un tale ricorso possa essere proposto da associazioni professionali di magistrati al fine di tutelare il principio dell’indipendenza dei giudici). Si consenta il rinvio a M. Lanotte, La richiesta (negata) delle associazioni dei giudici rumeni ad ottenere la legittimazione ad agire dinnanzi alle autorità nazionali in forza del diritto UE, in questa Rivista, 30 luglio 2024.

15 Ibidem,  punti 46-51.

16 Ibidem.

17 Ibidem, punti 110-118.

18 Trib., 3 febbraio 2025, causa T-1126/23, Asociația Inițiativa pentru Justiție c. Commissione, ECLI:EU:T:2025:138, sulla quale si legga A. Marini, Different Role, Same Criteria: the Locus Standi Regime for Professional Judicial Association, in questa Rivista, 19 marzo 2025.

19 Decisione (UE) 2023/1786 della Commissione, del 15 settembre 2023, che abroga la decisione 2006/928/CE che istituisce un meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione.

20 Corte giust., 15 luglio 1963, Causa 25/62, Plaumann, ECLI:EU:C:1963:17.

21 Con sentenza del 9 aprile 2024, la Corte di Strasburgo si è pronunciata sul caso Verein Klimaseniorinnen Schweiz e altri c. Svizzera (ricorso n. 53600/20). La Corte EDU ha reinterpretato il termine vittima previsto dall’articolo 34 CEDU stabilendo che si tratta di persone che sono direttamente, indirettamente o potenzialmente colpite da presunte violazioni della convenzione. La Corte ha stabilito che, sebbene debba  esserci un legame tra una vittima e il danno che costituisce la base della richiesta le questioni relative allo status di vittima e alla legittimazione ad agire sono separate. Pertanto, a un’associazione può essere concessa la legittimazione ad agire per rappresentare le vittime senza dover dimostrare di essere essa stessa una vittima.

22 La sentenza Medel e a. è stata impugnata con ricorso iscritto alla cancelleria della Corte con il numero di causa C-555/24 P.

23 La sentenza Asociația Inițiativa pentru Justiție c. Commissione è stata impugnata con ricorso iscritto alla cancelleria della Corte con il numero di causa C-284/25 P.

24 Trib., 11 settembre 2024, causa T-635/22, Fridman and Others v Council, ECLI:EU:T:2024:620; Trib., 11 settembre 2024, causa T-644/22, ECLI:EU:T:2024:621, Gennady Nikolayevich Timchenko e Elena Petrovna Timchenko c. Consiglio dell’Unione europea.

25 Trib., 2 ottobre 2024, causa T-797/22, Ordre néerlandais des avocats du barreau de Bruxelles e a. c. Consiglio, ECLI:EU:T:2024:670; Trib., 2 ottobre 2024, causa T-798/22, Ordre des avocats à la cour de Paris et Couturie c. Consiglio, ECLI:EU:T:2024:671; Trib., 2 ottobre 2024, causa T‑828/22, ACE c. Consiglio, ECLI:EU:T:2024:672. Si legga, L. Lonardo, The European Union can Lawfully Prohibit the Provision of Certain Legal Services to Russian Entities, in questa Rivista, 1 dicembre 2024.

26 F. Finelli, Principio di effettività e misure restrittive UE: la lotta all’elusione nel contesto della guerra in Ucraina, in Quaderni AISDUE, 7 luglio 2023, p. 726 ss; S. Poli, F. Finelli, Context specific and structural changes in EU restrictive measures adopted in reaction to Russia’s aggression on Ukraine, in Eurojus, 17 luglio 2023, p. 19 ss.

27 Trib, 20 dicembre 2023, causa T-415/21, Banca Popolare di Bari SpA c. Commissione europea, ECLI:EU:T:2023:833.

28 Con riferimento al profilo relativo alla prescrizione, si v. F. Ferri, La sentenza Banca Popolare di Bari S.p.A c. Commissione europea: brevi note in tema di prescrizione dell’azione per responsabilità extracontrattuale dell’Unione, in questa Rivista, 9 febbraio 2025.

29 Si tratta di un orientamento che trova origine nella sentenza relative alle cause cause riunite 83 e 94/76, e 4, 15 e 40/77, HNL e al. c. Consiglio e Commissione in cui al par. 6 si affermava «[…] in un contesto normativo come quello in esame, caratterizzato dall’esercizio di un ampio potere discrezionale, indispensabile per l’attuazione della poli­ tica agricola comune, la responsabilità della Comunità può quindi sussistere solo se l’istituzione di cui trattasi ha disconosciuto, in modo palese e grave, i limiti che s’impongono all’esercizio dei suoi poteri»; poi riproposto anche nella sentenza del 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm, punto 44. Sebbene vi sia stata una evoluzione dell’azione di responsabilità extracontrattuale, si v. sul punto K. Gutman, The evolution of the action for damages against the European Union and its place in the system of judicial protection, in CMLR, 2011, p. 695 ss. e più recente, EU Procedural Law, (eds) K. Lenaerts, K. Gutman, J.T. Nowak, Oxford University Press, p. 473 ss., non si può non sottolineare come il «rapporto di inversa proporzionalità tra gravità e discrezionalità in capo all’istituzione UE» (in questi termini D. Gallo, Aiuti di Stato e risarcimento del danno, in Eurojus, 16 luglio 2019, p. 86) rende particolarmente problematico l’utilizzo proficuo dell’azione. Sulle puntate precedenti della “saga” Tercas v. anche A. Circolo, Gli aiuti di Stato nel settore bancario e l’affaire Tercas: quando finisce la discrezionalità e quando inizia la responsabilità, in Eurojus, 15 giugno 2021, p. 187.

30 Trib., 29 maggio 2024, cause riunite T-200/22 e T-314/22, Polonia c. Commissione, ECLI:EU:T:2024:329, su cui  v. M. F. Orzan, Le conseguenze di una cancellazione dal ruolo di un ricorso principale sulle penalità adottate dal giudice cautelare ai sensi dell’art. 279 TFUE, in questa Rivista, 18 giugno 2024.

31 Decisioni della Commissione del 7 e 8 febbraio 2022, del 16 e 31 marzo 2022 e del 16 maggio 2022.

32 Corte giust., 21 maggio 2021, causa C-121/21R, Repubblica Ceca c. Polonia, ECLI:EU:C:2021:420.

33 Come previsto dall’art. 101, par. 1, e l’art. 102 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione.

34 Ricorso presentato il 14 agosto 2024 dalla Repubblica di Polonia contro l’ordinanza del Tribunale (Seconda Sezione, composizione estesa) pronunciata il 29 maggio 2024 nelle cause riunite T-200/22 e T-314/22 Repubblica di Polonia contro Commissione, causa pendente C-554/24 P.

35 Trib., 5 febbraio 2025, cause T‑830/22 e T‑156/23, Repubblica di Polonia c. Commissione, ECLI:EU:T:2025:131; Trib, 5 febbraio 2025, causa T-1033/23, Repubblica di Polonia c. Commissione, ECLI:EU:T:2025:129. La sentenza è interessante anche perché il Tribunale analizza per la prima volta la modifica dell’art. 51 Statuto della Corte di giustizia relativo alla ripartizione di competenze tra Tribunale e Corte, chiamata a pronunciarsi sui ricorsi contro le decisioni di ingiunzione della Commissione relative al recupero di sanzioni pecuniarie inflitte nel contesto di procedimenti di infrazione. In tema v. P. Pohjankoski, Guaranteeing Primacy of EU Law via offsetting, again: General Court upholds the Commission’s Recovery of EUR 320 million in Interim Measure Penalties (T- 830/22 & T-156/23, Poland v Commission; T-1033/23, Poland v Commission), in EuLawLive, 20 marzo 2025.

36 Su cui v. M. Lanotte, Warsaw does not fulfil, and Luxembourg cuts the sanction in half. It doesn’t add up!, in Quaderni AISDUE, 18 luglio 2023.

37 Trib., 21 febbraio 2024, causa T-38/21, Inivos e Inivos c. Commissione, ECLI:EU:T:2024:100.

38 Ibidem, punti 29-31.

39 Ibidem, punti 90-92.

40 D. Sørlie Lund, You shall not pass! The General Court dismisses claim for damages and action for annulment in case concerning emergency acquisition of disinfection robots during the COVID-19 pandemic (Case T-38/21), in EU Law Live, 13 marzo 2024.

41 Trib., 17 luglio 2024, causa T-1077/23, Bytedance c. Commissione, ECLI:EU:T:2024:478.

42 Commission Decision C(2023) 6102 final of 5 September 2023 designating ByteDance as a gatekeeper in accordance with Article 3 of the DMA.

43 Vale a dire: i) essa ha un peso significativo sul mercato interno; ii) fornisce un servizio di piattaforma di base che costituisce un importante punto di accesso che consente agli utenti commerciali di raggiungere gli utenti finali; e iii) gode di una posizione solida e duratura nelle sue attività o, con ogni probabilità, godrà di tale posizione nel prossimo futuro.

44 Ibidem, punto 71.

45 L’impresa Bytedance ha presentato il ricorso avverso la sentenza del Tribunale il 26 settembre 2024. Il numero della causa è registrato causa C-627/24 P.

46 K. Lenaerts, The autonomy of European Union Law, in I Post di Aisdue, I (2019). Disponibile on line su https://www.aisdue.eu/koen-lenaerts-the-autonomy-of-european-union-law/.

47 Corte giust., 9 gennaio 2024, cause riunite C-181/21 e C-269/21, G. e a. (Nomina dei giudici ordinari in Polonia), ECLI:EU:C:2024:1.

48 Si pensi, tra le tante, alla sentenza Hann-Invest (Corte giust., 11 luglio 2024, cause riunite C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, Hann-Invest, ECLI:EU:C:2024:594) in cui sempre Grande sezione ha dichiarato l’incompatibilità all’art. 19 TUE del diritto croato che prevedeva che la definizione di un procedimento con sentenza giudiziaria era subordinata all’approvazione da parte di un giudice della registrazione (della decisione) non appartenente a tale collegio giudicante e alla posizione giuridica – che se contraria richiedeva la modifica del contenuto della sentenza – del dipartimento a cui appartiene l’organo giudicante. Siffatti meccanismi, secondo la Corte, rappresentano ingerenze esterne in grado di influenzare il collegio giudicante che assume la decisione.

49 Corte giust., 7 maggio 2024, causa C-115/22, NADA, ECLI:EU:C:2024:384.

50 S. Barbieri, Il dilemma nel dialogo: indipendenza del giudice del rinvio e crisi dello Stato di diritto fra coerenza ed effettività , in Quaderni AISDUE, 2022.

51 A. Circolo, Il nuovo orientamento restrittivo della Corte sulla nozione di giurisdizione ex art. 267 TFUE, in B. Nascimbene, C. Greco (a cura di), I grandi arrêts della Corte di giustizia dell’Unione europea negli ultimi dieci anni, Milano 2025, p. 1 ss.

52 Corte giust., 21 dicembre 2023, causa C-718/21, L. G. c. Krajowa Rada Sądownictwa, ECLI:EU:C:2023:1015. Si consenta il rinvio M. Lanotte, La chiusura del dialogo “giudice a giudice” come extrema ratio nella sentenza L.G. c Krajowa Rada Sadownictwa, in European Papers, 30 luglio 2024. Si v. anche sulle successive applicazioni di tale orientamento di chiusura, si v. P. Filipek, M. Taborowski, Can defectively appointed judges enter into dialogue with the Court of Justice? – Maybe yes; and yet no”, in Eu Law Live, 7 marzo 2024.

53 Corte giust., 29 luglio 2024, causa C-119/23, Virgilijus Valančius c. Lietuvos Republikos Vyriausybė, ECLI:EU:C:2024:653, sui cui v. F. Battaglia, L’influenza della procedura di nomina sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati generali della Corte di giustizia alla luce del caso Valančius, in questa Rivista, 18 marzo 2025; M.E. Bartoloni, The “255 Committee” and the Procedure for Appointing EU Judges. The (Perhaps Unintended) Implications of the Valancius Judgment, in European Papers, 15 dicembre 2024, p. 846.

54 Sebbene la Corte ricordi che il requisito di indipendenza dei giudici […] concretizza uno dei valori sanciti dall’articolo 2 TUE «ed il cui rispetto si impone sia all’Unione che agli Stati membri» (corsivo per enfatizzare), specifica che per quanto riguarda la fase nazionale di proposta di un candidato alle funzioni di giudice del Tribunale – in discussione nella controversia di specie – in assenza, nel diritto dell’Unione, di disposizioni specifiche a tal fine «spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro disciplinare le modalità procedurali di proposta di tale candidato, purché tali modalità non facciano nascere, nei singoli, legittimi dubbi quanto al rispetto, da parte del candidato proposto, dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione.

55 Corte giust., 16 gennaio 2024, causa C-33/22, Österreichische Datenschutzbehörde, ECLI:EU:C:2024:46. La vicenda origina da un caso in cui il Consiglio nazionale austriaco ha istituito una commissione d’inchiesta per verificare eventuali influenze politiche sull’Ufficio federale per la protezione della Costituzione e la lotta al terrorismo. Durante i lavori, WK è stato ascoltato come testimone e, nonostante avesse chiesto l’anonimato, il verbale con i suoi dati personali è stato pubblicato online sul sito del Parlamento. Sostenendo che tale divulgazione della sua identità era contraria al GDPR, WK ha presentato un reclamo al Garante per la protezione dei dati, che si è dichiarato incompetente, invocando la separazione dei poteri.

56 Ibidem, punto 43. In particolare, la Grande sezione, ha stabilito che l’attività di una commissione d’inchiesta parlamentare (istituita dal Parlamento di uno Stato membro) nell’esercizio del suo potere di controllo sull’esecutivo non consente, di per sé, di ritenere che il trattamento dei dati personali sia effettuato nell’ambito di un’attività che esula dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e non rientra automaticamente nell’eccezione ai sensi dell’art. 2, par. 2, lett. a) GDPR volta a salvaguardare la sicurezza nazionale.

57 Sul vastissimo tema dell’effetto diretto, si v. D. Gallo, Direct Effect in EU Law, Oxford, 2025.

58 Corte giust., 4 ottobre 2024, causa C-21/23, ND c. DR, ECLI:EU:C:2024:846.

59 OECD, The Intersection between Competition and Data Privacy, in OECD Roundtables on Competition Policy Papers, No. 310, Paris, 2024.

60 Corte giust., 28 aprile 2022, causa C‑319/20,  Meta Platforms e a., ECLI:EU:C:2022:322.

61 Ibidem, punto 62.

62 Già nella sentenza Meta Platforms (Corte giust., 4 luglio 2023, causa C-251/21, Meta Platforms e a., ECLI:EU:C:2023:537) era venuto in rilievo il rapporto – controverso, come sottolinea la dottrina – tra antitrust e privacy, risolto secondo l’affermazione che, al fine di evitare discrepanze tra l’interpretazione del GDPR fornita incidentalmente da un’autorità garante della concorrenza che valuta il comportamento di un’impresa e l’interpretazione data da un’autorità di controllo (GDPR), l’autorità garante della concorrenza deve rispettare il principio di leale cooperazione. Si legga sul rapporto controverso, tra antitrust e privacy, P. Manzini, Antitrust e privacy: la strana coppia, in P. Manzini (a cura di), I confini dell’antitrust, diseguaglianze sociali, diritti individuali, concorrenza, Giappichelli, Torino, 2023, p. 123.

63 Corte giust., 20 febbraio 2024, causa C-715/20, K.L., ECLI:EU:C:2024:139.

64 V. L. Cecchetti, Something new under the Sun: The direct effect of directives plus Article 47 Charter in horizontal situations in the K.L. judgment, in Quaderni AISDUE, 24 aprile 2024.

65 Corte giust., 22 novembre 2005, causa C-144/04, Mangold, ECLI:EU:C:2005:420.

66 L. Cecchetti, Unravelling horizontal direct effect in EU law: the case of the fundamental right to paid annual leave between ‘myth’ and ‘practice’, in Yearbook of European Law, 2023, p. 42.

67 Corte giust., K.L., cit., punto 77.

68 Ibidem, punto 79.

69 Ibidem, punto 81.

70 Corte giust., 10 settembre 2024, C‑29/22 P e C‑44/22 P, KS e KD, ECLI:EU:C:2024:725. Con la loro rispettiva impugnazione, KS e KD, da un lato, nonché la Commissione europea, dall’altro lato, chiedono l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale del 10 novembre 2021, KS e KD c. Consiglio e a. (T‑771/20, ECLI:EU:T:2021:798), con la quale quest’ultimo si è dichiarato manifestamente incompetente a conoscere del ricorso proposto da KS e KD sulla base dell’art. 268 TFUE, in combinato disposto con l’art. 340, secondo comma, TFUE, diretto a ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito da queste ultime a causa di diversi atti ed omissioni del Consiglio dell’Unione europea, della Commissione e del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) nell’ambito dell’attuazione dell’azione comune 2008/124/PESC del Consiglio, del 4 febbraio 2008, relativa alla missione dell’Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo, EULEX KOSOVO, relativi, in particolare, alle indagini condotte durante tale missione e vertenti sulla tortura, la scomparsa e l’assassinio dei loro familiari, avvenuti nel 1999, a Pristina (Kosovo). Per un commento a questa pronuncia, insieme a quella della Corte giust., 10 settembre 2024, C-351/22, Neves 77 Solutions SRL, ECLI:EU:C:2024:723, v. L. Grossio, One Step too Far, One Step too Close. The Rocky Road Towards Defining the Scope of Judicial Review in CFSP Matters in light of KS and KD v Council and others and Neves77 Solutions, in questa Rivista, 6 dicembre 2024.

71 R. Baratta, La iurisdictio in ambito PESC: la dubbia ratio decidendi della Corte di giustizia, in Eurojus, 31 maggio 2024, p. 308 ss.

72 M. E. Bartoloni, S. Poli (a cura di), L’azione esterna dell’Unione europea, Napoli, 2021.

73 Conclusioni dell’AG Capeta, 23 novembre 2023, cause riunite C‑29/22 P e C‑44/22, KS e KD, ECLI:EU:C:2023:901. Si legga, E. Spaventa, Escaping Jurisdictional Blackholes: Why National Courts Should Step Up in the Area of EU Common Foreign and Security Policy and Actively Protect Fundamental Rights, in VerfBlog, 15 dicembre 2023; C. Contartese, Conclusioni dell’AG Ćapeta nelle cause KS/KD (C-29/22 P e C-44/22 P) e Neves (C-351/22) del 23 novembre 2023, ovvero come la CGUE dovrebbe assicurarsi che “qualsiasi treno che possa arrivare a Strasburgo deve prima fermarsi a Lussemburgo”?, in BlogDUE, 1 febbraio 2024.

74 In particolare, la Corte ha statuito di essere competente a pronunciarsi sulla validità di misure restrittive in un procedimento pregiudiziale (sentenza del 28 marzo 2017, causa C-72/15, Rosneft); conoscere di un ricorso per risarcimento nei confronti dell’UE per danni a singoli causati da misure restrittive (sentenza del 6 ottobre 2020, causa C-134/19 P, Bank Refah Kargaran c. Consiglio); statuire sui ricorsi per annullamento nel contesto di un appalto pubblico e per la gestione del personale nell’ambito di missioni civili PESC (sentenza del 12 novembre 2015, causa C-439/13 P, Elitaliana c. Eulex Kosovo; sentenza del 19 luglio 2016, C-455/14 P, H c. Consiglio e a.); nonché essere competente in merito alla conclusione di accordi internazionali in materia PESC sulla base dell’articolo 37 TUE (sentenza del 24 giugno 2014, causa C-658/11, Parlamento c. Consiglio, “Mauritius”).

75 Conclusioni dell’AG Ćapeta, KS e KD, cit., parr. 72 e 73.

76 Corte giust., KS e KD, cit., punti 115-118.

77 Sulla dottrina dell’atto politico nella sentenza in questione, S. Vandenbosch, The Political Question Doctrine Under Close Control: What the European Court of Human Rights and the Court of Justice of the European Union Tell Us About the Changing Contours of Judicial Review in Europe, in VerfBlog, 30 ottobre 2024. In generale, sulla dottrina dell’atto politico, ex multis, v. G. Butler, In Search of the Political Question Doctrine in EU Law, in Legal Issues of Economic Integration, 2018, p. 329 ss.; L. Lonardo, The Political Question Doctrine as Applied to Common Foreign and Security Policy, in European Foreign Affairs Review, 2018, p. 571 ss.

78 Corte giust., KS e KD, cit., par. 126.

79 Ibidem, punto 137.

80 Ibidem, punti 127-128.

81 Ibidem, punto 131-133.

82 Ibidem, punti 129-130.

83 Corte giust., 4 ottobre 2024,  cause riunite C-779/21 P e C-799/21 P, Front Polisario II, ECLI:EU:C:2024:835. Per un commento si legga M. Gatti, La sentenza Fronte Polisario 2: la Corte annulla un accordo applicato ad un territorio non autonomo senza il consenso del suo popolo, in questa Rivista, 9 dicembre 2024. Per una ricostruzione della “saga” Fronte Polisario, v. A. Pau, Accordi internazionali conclusi dall’Unione europea e principio di autodeterminazione dei popoli: il caso Front Polisario, in B. Nascimbene, C. Greco (a cura di), cit., p. 157 ss.

84 Trib., 29 settembre 2021, causa T‑279/19, Fronte Polisario c. Consiglio, ECLI:EU:T:2021:639.

85 Con un ricorso diretto all’annullamento della decisione 2019/217 del Consiglio che approva, a nome dell’UE, la conclusione del nuovo accordo commerciale tra l’UE e il Marocco. È importante notare che il ricorso del Polisario era diretto contro l’atto dell’UE – la decisione del Consiglio – e non contro l’accordo commerciale tra l’UE e un paese terzo (il Marocco) e, in quanto tale, poteva solo ottenere l’annullamento della decisione, non invalidare l’accordo internazionale (come spiegato nella causa C‑266/16 Western Sahara Campaign UK).

86 Si ricordi Corte giust., 22 giugno 2021, causa C- 872/19 P, Venezuela c. Consiglio, ECLI:EU:C:2021:507 in cui la Corte riconosce che uno Stato terzo è una persona giuridica legittimata, ai sensi dell’art. 263, comma 4, TFUE, a ricorrere in annullamento avverso un atto UE che introduce misure sanzionatorie. Su questa premessa si fonda la scelta della Corte nel caso Fronte Polisario II. Su questo specifico profilo relativo al locus standi si v. K. Szepelak, Taking Locus Standi of International Actors Seriously: Joined Cases C-779/21 P and C-799/21 P (Front Polisario II), in VerfBlog, 15 ottobre 2024.

87 Corte giust., Front Polisario II, cit., punto 89.