Il Tribunale adotta nuove norme pratiche di esecuzione del regolamento di procedura in merito alla relazione d’udienza sommaria

Le Tribunal adopte des nouvelles dispositions pratiques d’exécution du règlement de procédure concernant le rapport d’audience sommaire

The General Court adopts new practice rules for the implementation of the rules of procedure relating to the summary report for the hearing

Introduzione

Il 28 aprile 2025, sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea nuove modifiche alle norme pratiche di esecuzione del regolamento di procedura del Tribunale relative alla relazione d’udienza sommaria1.

Elaborate dal comitato “Regolamento di procedura” del Tribunale ed approvate da quest’ultimo in sezione plenaria, tali modifiche «entreranno in vigore» il 1° giugno 20252.

Esse intervengono segnatamente sui punti 210 e 211 delle attuali norme pratiche di esecuzione al fine di rendere la relazione d’udienza sommaria nei ricorsi diretti incardinati innanzi al Tribunale meramente “opzionale”, nonché precisare le condizioni alla quali tale relazione sommaria debba essere disposta nelle cause per le quali sia organizzata un’udienza di discussione comune ai sensi del nuovo art. 106bis del regolamento di procedura del Tribunale3.

È interessante osservare che le modifiche in commento sono pubblicate a poco meno di un anno dalla refonte delle norme pratiche di esecuzione del regolamento di procedura che il Tribunale ha realizzato in occasione dell’entrata in vigore del regolamento UE 2024/20194, il quale, come noto, ha modificato il protocollo n. 3 sullo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea al fine di trasferire al Tribunale la competenza a conoscere, in «materie specifiche», di questioni pregiudiziali sollevate ai sensi dell’art. 267 TFUE5. In tale occasione, se il Tribunale aveva deciso di non introdurre una previsione relativa alla redazione di una relazione d’udienza sommaria con riguardo ai rinvii pregiudiziali (in linea con l’approccio in vigore presso la Corte di giustizia che da tempo l’ha abbandonata in tutte le cause di cui è investita6) lo stesso aveva invece stabilito di mantenere la redazione della relazione d’udienza nei ricorsi diretti.

Tale scelta era stata invero effettuata alla luce delle osservazioni presentate dalle parti interessate consultate dal Tribunale in occasione della citata refonte. Ed invero, interpellati specificamente sull’opportunità o meno di sopprimere la relazione d’udienza nei ricorsi diretti, Stati membri, istituzioni, organi e organismi che più frequentemente intervengono dinnanzi al Tribunale, nonché il Consiglio degli Ordini forensi europei (CCBE), si erano espressi all’unanimità a favore del suo mantenimento.

Tale posizione ben si comprende se si considera la funzionalità propria della relazione d’udienza sommaria.

Quest’ultima, infatti, seppur redatta in forma sintetica, costituisce – come del resto precisato dal considerando n. 2 del documento in commento ‑ «uno strumento di gestione del fascicolo» volto a «consentire di sintetizzare la causa raggruppando o riformulando i motivi e gli argomenti delle parti» che saranno oggetto di discussione in sede di udienza. Essa consente dunque l’instaurarsi di un “dialogo a distanza” tra le parti e il giudice dell’Unione di primo grado, particolarmente utile nell’ambito dei ricorsi diretti incardinati innanzi a quest’ultimo che, quale “giudice del fatto”, è chiamato a dirimere le controversie innanzi ad esso pendenti proprio alla luce degli elementi di fatto e di diritto esposti dalle parti nelle proprie scritture. Ed invero, inviata di regola ai rappresentanti delle parti tre settimane prima della celebrazione dell’udienza, questi hanno la facoltà di presentare osservazioni (prima dell’udienza, indirizzandosi al cancelliere, o all’udienza stessa) qualora ritengano che gli elementi di fatto e di diritto, come esposti dal giudice relatore nella relazione d’udienza sommaria, non siano stati recepiti correttamente e meritino di essere precisati.

Inoltre, messa a disposizione del pubblico davanti alla sala di udienza (e trasmessa su domanda ai giornalisti), la relazione d’udienza sommaria “svela” al pubblico i mezzi e gli argomenti delle parti che faranno oggetto di discussione nel corso dell’udienza. Essa rappresenta dunque uno strumento di pubblicità della causa e, dunque, della giustizia, particolarmente importante in un momento in cui, anche il Tribunale, alla stregua delle altre istituzioni dell’Unione, si adopera per promuovere una maggiore accessibilità della giustizia ai cittadini dell’Unione.

Vero è tuttavia che, come ricordato dal considerando n. 3 del documento in commento, la redazione sistematica della relazione d’udienza sommaria ha un impatto economico non trascurabile, «generando notevoli oneri di traduzione», nonché un impatto procedurale significativo sulla durata del giudizio, dato che essa deve essere finalizzata, tradotta e notificata, in linea di principio, tre settimane prima dell’udienza».

Di qui la decisione del Tribunale di avviare una nuova riflessione in merito all’opportunità di mantenere la relazione d’udienza nei ricorsi diretti e la scelta di emendare il punto 210 delle attuali norme pratiche di esecuzione.

Il nuovo punto 210 delle norme pratiche di esecuzione: abbandono della redazione sistematica della relazione d’udienza sommaria nei ricorsi diretti

L’esigenza di «facilitare uno svolgimento rapido e mirato del giudizio, coerente con una gestione proattiva delle cause»7 ha così prevalso in seno al Tribunale e indotto quest’ultimo a modificare l’attuale formulazione del punto 210 delle norme pratiche di esecuzione prevedendo che «una relazione d’udienza sommaria sia redatta solo quando il Tribunale [rectius il collegio giudicante] o il giudice relatore lo ritengano opportuno nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia».

La scarna formulazione originale del punto 210 delle norme pratiche di esecuzione secondo la quale «[i]l Tribunale si impegna a far pervenire una relazione d’udienza sommaria ai rappresentanti delle parti tre settimane prima dell’udienza» atteso che «[l]a relazione d’udienza sommaria serve a preparare l’udienza di discussione» “cede il passo” a una formulazione più articolata in virtù della quale «[q]ualora il Tribunale o il giudice relatore lo ritengano opportuno nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia, il giudice relatore redige una relazione d’udienza sommaria che serve a preparare l’udienza di discussione. Il Tribunale si impegna a far pervenire la relazione d’udienza sommaria ai rappresentanti delle parti tre settimane prima dell’udienza».

Frutto di una soluzione di “compromesso” tra la scelta di mantenere la relazione d’udienza sommaria in tutti i ricorsi diretti e quella di un suo totale abbandono, alla stregua di quanto già previsto per i rinvii pregiudiziali trasferiti alla competenza del Tribunale in virtù della modifica al protocollo n. 3 sullo statuto della Corte di giustizia, la nuova formulazione della norma di esecuzione pratica in commento affida al giudice relatore o al collegio giudicante l’apprezzamento dell’opportunità di redigere ‑ nell’interesse della buona amministrazione della giustizia – una relazione d’udienza sommaria.

Dal 1° giugno 2025, la decisione di redigere tale relazione d’udienza nei procedimenti relativi ai ricorsi diretti pendenti innanzi al Tribunale potrà dunque essere adottata dal giudice relatore, senza alcuna formalità, o dal collegio giudicante. In tal caso, la cancelleria avrà cura di dare atto di tale decisione nel verbale della conférence de chambre e di notificare alle parti la relazione d’udienza sommaria, redatta dal giudice relatore, di propria iniziativa o in seguito a una decisione del collegio giudicante, non appena tale relazione sia disponibile nella lingua del procedimento.

La scelta di una duplice competenza (giudice relatore o collegio giudicante) e, in particolare, la scelta di conferire un’autonomia di apprezzamento al giudice relatore si spiega alla luce del fatto che, nella prassi, la relazione d’udienza sommaria viene predisposta da quest’ultimo e non richiede, almeno in principio (sebbene non manchino eccezioni), osservazioni da parte del collegio giudicante. D’altra parte, il giudice relatore è colui che più di ogni altro è in grado di apprezzare l’opportunità di redigere la relazione d’udienza sommaria e colui che più di ogni altro beneficia di tale documento quale strumento di gestione del fascicolo di causa.

Così disponendo, il Tribunale si discosta, almeno parzialmente8, dalla scelta operata dalla Corte di giustizia che, come sopra evidenziato, ha optato già da tempo, per un totale abbandono della redazione di una relazione d’udienza sommaria in tutte le tipologie di cause incardinate innanzi ad essa, siano esse rinvii pregiudiziali o ricorsi diretti9. Abbandono che, se risponde indubbiamente alle esigenze di contrarre i tempi di durata dei procedimenti dinnanzi alla Corte, così da assicurare il rispetto del principio della durata ragionevole del processo sancito all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione10, non ha mancato di suscitare dubbi in dottrina proprio con riguardo ai procedimenti relativi ai ricorsi diretti, per i quali ‑ si è osservato – preferibile sarebbe stato lasciare alle parti la possibilità di verificare che le loro argomentazioni fossero state recepite e comprese correttamente dal giudice relatore11.

La prassi potrà confermare se la scelta operata dal Tribunale volta a rendere la redazione della relazione d’udienza sommaria nei procedimenti relativi ai ricorsi diretti meramente opzionale sia in grado di sortire gli effetti sperati in termini di una riduzione dei costi e dei tempi del processo, specie nel caso in cui la decisione di predisporre tale relazione sommaria sia adottata dal collegio giudicante in sede di conférence de chambre e se tale modifica non sarà che il preludio di un definitivo abbandono della relazione d’udienza sommaria anche nei procedimenti relativi ai ricorsi diretti così come già disposto, in linea con la Corte di giustizia, per i procedimenti relativi ai rinvii pregiudiziali.

Il nuovo punto 211 delle norme pratiche di esecuzione: precisazioni in merito alla relazione d’udienza sommaria nelle cause per le quali il Tribunale decide di organizzare un’udienza di discussione comune

Diversa la portata delle modifiche adottate con riguardo al punto 211 delle norme pratiche di esecuzione relativo alle cause per le quali il Tribunale decide di organizzare un’udienza di discussione comune in virtù dell’art. 106bis del regolamento di procedura.

Per tali cause, infatti, la relazione d’udienza sommaria riveste un’importanza peculiare rappresentando «l’unico mezzo che consente di prendere conoscenza dei motivi e degli argomenti di tutte le parti nelle cause oggetto di tale udienza»12 nonché permettere di apprezzare similitudini e differenze tra tali cause.

Introdotto in occasione della refonte delle norme pratiche di esecuzione del regolamento di procedura del Tribunale all’indomani dell’entrata in vigore del regolamento UE 2024/2019 al fine di precisare la norma di cui al nuovo art. 106bis del regolamento di procedura, il punto 211 delle norme pratiche di esecuzione si limitava a prevedere, nella sua formulazione originaria, che quando il Tribunale decide di organizzare un’udienza di discussione comune a più cause, «la relazione d’udienza sommaria redatta in ciascuna causa interessata viene notificata nella lingua processuale a tutte le altre parti convocate a tale udienza».

Le recenti modifiche in commento completano il dettato del punto 211 prevedendo un’eccezione alla regola. Le stesse precisano infatti che una relazione d’udienza sommaria sia redatta “salvo diversa decisione del Tribunale o del giudice relatore”.

Ne deriva che, per le cause per le quali è disposta un’udienza comune, la regola è quella della redazione di una relazione d’udienza sommaria, regola alla quale si può tuttavia derogare (nel qual caso la relazione d’udienza sommaria non sarà predisposta13) qualora una decisione in tal senso sia adottata dal collegio giudicante o dal giudice relatore il quale, ancora una volta, è investito di quell’autonomia di apprezzamento riconosciutagli con riguardo alla decisione di disporre la relazione d’udienza nell’ambito dei procedimenti relativi ai ricorsi diretti di cui al nuovo punto 210 delle norme pratiche di esecuzione.

Le modifiche apportate al punto 211 di queste ultime non si limitano tuttavia a tale precisazione. Esse, infatti, mirano, da un lato, a “codificare” la prassi, già invalsa in talune udienze comuni, volta a permettere, in alternativa all’ipotesi che una relazione d’udienza sommaria sia redatta «separatamente per ciascuna causa interessata», anche l’ipotesi – non espressamente contemplata dal tenore originale della previsione in commento ‑ che una relazione d’udienza sommaria sia redatta «cumulativamente per l’insieme di tali cause».

Dall’altro lato, le stesse modifiche intervengono al fine di garantire che la relazione d’udienza sommaria sia resa disponibile in tutte le lingue procedurali dei casi interessati e che essa sia notificata a tutte le parti convocate a tale udienza in tutte le lingue processuali delle cause di cui trattasi. Il testo originale della previsione in commento, come concepito in occasione della refonte delle norme pratiche di esecuzione, prevedeva, infatti, che, quand’anche la relazione d’udienza sommaria fosse stata predisposta separatamente per ciascuna causa interessata, essa dovesse essere redatta nella lingua di procedura della causa. Essa non permetteva dunque alle parti convocate all’udienza comune di avere informazioni, nella propria lingua di procedura, sul contenuto delle altre cause discusse nel corso dell’udienza comune e caratterizzate da una lingua di procedura diversa.

Al fine di ovviare a tale inconveniente e migliorare lo svolgimento dell’udienza comune a più cause, il nuovo punto 211 delle norme pratiche di esecuzione dispone dunque che la relazione o le relazioni d’udienza «vengono notificate a tutte le parti convocate» all’udienza comune «in tutte le lingue processuali delle cause di cui trattasi».


* L’Autrice si esprime a titolo strettamente personale e non impegna l’Istituzione di appartenenza.

1 GUUE L, 2025/810, 28 aprile 2025.

2 Cfr. l’art. 2 del documento in commento. In particolare, le nuove norme pratiche di esecuzione si applicheranno a tutte le udienze di discussione che si celebreranno a partire dal 1° giugno 2025.

3 Ai sensi di tale norma «[q]ualora lo consentano le somiglianze esistenti tra più cause, il Tribunale può decidere di organizzare un’udienza di discussione comune a tali cause».

4 Regolamento (UE, Euratom) 2024/2019 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 aprile 2024, che modifica il protocollo n. 3 sullo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea in GUUE L, 2024/2019, 12 agosto 2024.

5 Per un primo commento relativo alla refonte delle norme pratiche di esecuzione del Tribunale, sia consentito il rinvio a M. Bottino, Le nuove norme pratiche di esecuzione del regolamento di procedura del Tribunale, in questa Rivista. Si veda altresì D. P. Domenicucci, L’impatto del trasferimento parziale della competenza pregiudiziale sulle regole di funzionamento del processo dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, in Eurojus, fascicolo speciale dedicato a La riforma dello Statuto della Corte di giustizia, p. 46 ss., spec. p. 82.

6 Ciò, come noto, conformemente alla modifica dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea operata dal regolamento (UE, Euratom) n. 741/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 agosto 2012, che modifica il protocollo sullo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e il relativo allegato I, in GUUE 2012, L 228, p. 1.

7 Cfr. considerando n. 4 del documento in commento.

8 Ovvero con solo riguardo ai procedimenti relativi ai ricorsi diretti giacché, come già ricordato, per quelli relativi ai rinvii pregiudiziali il Tribunale si è allineato alla soluzione adottata dalla Corte di giustizia omettendo l’obbligo di predisporre una relazione d’udienza sommaria.

9 Come noto, a tale abbandono si è giunti per il tramite della modifica apportata all’art. 20 dello statuto della Corte da parte del citato regolamento n. 741/2012 il quale ha rimosso dall’art. 20 dello statuto ogni riferimento alla lettura della relazione d’udienza quale primo “atto” della fase orale della procedura, rectius dell’udienza, di fatto codificando una prassi già da tempo invalsa che aveva indotto il presidente del collegio giudicante a non dare più lettura della relazione d’udienza in apertura di quest’ultima ma a darla per letta in considerazione del previo invio della stessa alle parti e agli interessati ai sensi dell’art. 23 dello statuto. Tale modifica si è poi tradotta in concreto nell’abolizione della redazione della relazione d’udienza sommaria in tutti i procedimenti incardinati innanzi alla Corte di giustizia. Per un’utile ricostruzione dell’iter che ha condotto all’abbandono della redazione di una relazione d’udienza nelle cause pendenti innanzi alla Corte si veda C. Amalfitano, Commento all’art. 20 dello Statuto della Corte di giustizia, in C. Amalfitano, M. Condinanzi, P. Iannuccelli (a cura di), Le regole del processo dinanzi al giudice dell’Unione europea. Commento articolo per articolo, Napoli, 2017, p. 92 ss., spec. pp. 103-104; M. Condinanzi, Innovazione e continuità alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in C. Amalfitano e M. Condinanzi (a cura di), La Corte di giustizia dell’Unione europea oltre i trattati: la riforma organizzativa e processuale del triennio 2012-2015, Milano, 2018, p. 1.

10 Per una riflessione più ampia sul tema della durata ragionevole del processo dinnanzi ai giudici dell’Unione si veda C. Amalfitano, Durata ragionevole ed efficienza del processo dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in C. Amalfitano e M. Condinanzi (a cura di), op. cit., p. 79.

11 P. Iannuccelli, La réforme des règles de procédure de la Cour de justice, in DUE, 2013, p. 107.

12 Cfr. considerando n. 5 del documento in commento.

13 Tale situazione potrà verificarsi, a titolo di esempio, quando le cause oggetto di un’udienza comune oppongano le medesime parti o parti rappresentate dagli stessi avvocati o agenti o, ancora, quando le cause presentino notevoli similitudini. Se è vero che in tali situazioni le cause in questione potrebbero essere formalmente congiunte, è più frequente, nella prassi, che esse facciano piuttosto l’oggetto di un’udienza comune. Ciò al fine di evitare di dover gestire taluni problemi di riservatezza legati all’accesso al fascicolo che si presentano ogni qualvolta le cause vengano congiunte.