Stay of the main proceedings during the preliminary ruling procedure: some clarifications from the Court of justice
Sospensione del giudizio a quo in pendenza del rinvio pregiudiziale: qualche precisazione dalla Corte di giustizia
La suspension de la procédure au principal pendant le traitement du renvoi préjudiciel : quelques précisions de la Cour de justice
Con la sentenza del 17 maggio 2023 [causa C-176/22, BK e ZhP (Sospensione parziale del procedimento principale)], la Corte di giustizia si pronuncia su un aspetto specifico delle modalità di interazione tra il rinvio pregiudiziale e il giudizio a quo, vale a dire sulla possibilità di procedere alla sospensione parziale del giudizio principale in pendenza del procedimento pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia.
La vicenda ha origine da un atto di imputazione introdotto a carico di due investigatori della polizia bulgara per presunti fatti di corruzione commessi nell’esercizio delle loro funzioni. A seguito dell’opposizione di uno dei due imputati quanto alla qualificazione giuridica dei fatti, il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte una domanda relativa al diritto dell’imputato ad essere informato della riqualificazione dei fatti da parte del giudice nazionale (causa pendente C–175/22) e, contestualmente, ha rimesso alla Corte un altro quesito pregiudiziale che è oggetto della sentenza esaminata. Con tale quesito, il giudice a quo ha chiesto alla Corte se l’art. 23 St. imponga, in pendenza di un rinvio pregiudiziale, la sospensione del processo nel suo complesso o se sia sufficiente sospendere soltanto la parte di detto processo concernente la questione pregiudiziale. Tale giudice indica, infatti, di dover interrogare alcune persone e esaminare delle registrazioni relative all’arresto degli imputati e ciò al fine di raccogliere degli elementi di prova per determinare il reale avvenimento e lo svolgimento dei fatti contestati.
Dopo aver indicato, senza trarne alcuna conseguenza, che la causa penale in esame era stata trasferita ad un altro giudice e aver dichiarato il quesito pregiudiziale ricevibile (punti 16-22), la Corte procede a riformularlo (punto 23) escludendo il primo aspetto evocato in tale quesito relativo all’esistenza di un obbligo di sospensione dell’intero processo principale.
La risposta della Corte segue un ragionamento basato sul principio di autonomia procedurale che rimette agli Stati membri, in assenza di norme dell’Unione in materia, il compito di determinare le modalità processuali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, a condizione che tali modalità rispettino i principi di equivalenza e di effettività (punti 24-25). Concentrandosi sul solo principio di effettività, la Corte ritiene che l’effetto utile del procedimento pregiudiziale sia preservato nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio, dopo essersi rivolto alla Corte ed in attesa della sua risposta, prosegua il processo per compiere degli atti processuali a condizione che li ritenga necessari e che riguardino aspetti estranei ai quesiti pregiudiziali sollevati, vale a dire che non siano tali da impedirgli di conformarsi alla futura decisione della Corte (punto 28). La Corte aggiunge che poiché il rinvio di questioni pregiudiziali può avvenire in un momento precoce del procedimento principale, il giudice del rinvio deve poter proseguire tale procedimento limitatamente agli atti necessari e non connessi alle questioni pregiudiziali in attesa di risposta da parte della Corte (punto 30). Tuttavia, la Corte non determina se l’interrogatorio e l’esame delle registrazioni funzionali al raccoglimento delle prove rispettino le condizioni da essa individuate, lasciando dunque al giudice del rinvio tale responsabilità.
È interessante notare che la motivazione della breve sentenza presa in esame applica il principio di autonomia procedurale, notoriamente invocato al fine di garantire l’effettivo esercizio dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, al rinvio pregiudiziale e dunque ad una procedura che, tradizionalmente, è concepita come un metodo di cooperazione tra giudici per assicurare l’uniforme applicazione del diritto dell’Unione che non conferisce, tuttavia, un rimedio giurisdizionale esperibile dalle parti della controversia pendente davanti un giudice nazionale (Busseni, punto 13, in cui la Corte esprimeva già l’idea della doppia finalità del meccanismo di rinvio pregiudiziale e Simo, Evers & Co, punto 27).
Sulla base di un ragionamento orientato a garantire l’effettività di tale procedura, la Corte, dando prova di pragmatismo, adotta una soluzione che consente al giudice del rinvio, in attesa della risposta al quesito pregiudiziale, di proseguire l’istruzione della causa per i soli atti estranei all’oggetto del rinvio. La sentenza in esame si inserisce, così, nel solco di una giurisprudenza della Corte resa nell’ambito dell’interazione tra procedura pregiudiziale e procedimento principale che dimostra la plasticità del sistema di rinvio pregiudiziale. Inoltre, sebbene la Corte non proceda a delle interpretazioni testuali estensive dell’art. 23 St., essa si pronuncia, per la prima volta, in modo esplicito su questo articolo nella parte in cui si riferisce alla «decisione del giudice nazionale che sospende la procedura». In tal modo, la Corte offre qualche precisazione sul significato di questi termini.
Ad oggi, la giurisprudenza della Corte non offre, infatti, ampie indicazioni sulla portata dei suddetti termini. La sospensione del procedimento principale fino alla pronuncia pregiudiziale è considerata dalla Corte una caratteristica inerente al meccanismo del rinvio pregiudiziale. La Corte si è recentemente pronunciata in tal senso escludendo che l’«effetto sospensivo inerente al meccanismo pregiudiziale» possa giustificare che si sottoponga il rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale accelerato (Puig Gordi e. a., punto 29). Peraltro, la sospensione del procedimento principale è ricordata al punto 25 delle raccomandazioni della Corte all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (in GUUE C 380, 8.11.2019, p. 1 ss.) con termini che suggeriscono che si tratterebbe di una conseguenza del deposito di una domanda di pronuncia pregiudiziale che ha un qualche effetto obbligatorio. Tale effetto sospensivo non è, tuttavia, considerato formalmente una condizione della ricevibilità di una domanda di pronuncia pregiudiziale. In linea generale, la Corte si domanda, a tal fine, se il giudizio a quo sia pendente davanti al giudice di rinvio e, soprattutto, se persista l’effettiva possibilità per tale giudice di conformarsi alla futura risposata della Corte utilizzando così dei criteri caratterizzati da una certa flessibilità.
Innanzitutto, nell’importante sentenza Euro Box Promotion e a. (punto 80), relativa ad alcuni aspetti del sistema giurisdizionale rumeno, la Corte si è pronunciata nel merito dei quesiti sottopostile sebbene risulti dalla sentenza che, al momento della sua pronuncia, il procedimento principale non fosse formalmente sospeso. Come messo in evidenza dalla Corte stessa (punto 31 della sentenza in esame), in quella occasione, la domanda di pronuncia pregiudiziale era stata dichiarata ricevibile, nonostante la decisione di sospendere il giudizio a quo fosse stata annullata in appello e il processo avesse ripreso per delle problematiche diverse dall’oggetto del rinvio. Inoltre, il giudice del rinvio aveva precisato che una risposta della Corte alle questioni sollevate era comunque necessaria per la definizione del procedimento principale. La soluzione offerta nella sentenza in commento ha dunque il merito di esplicitare il ragionamento che era già stato svolto nella sentenza Euro Box Promotion e a. indicando che le attività che il giudice del rinvio può espletare in pendenza del rinvio pregiudiziale devono essere ritenute necessarie e non devono interferire con l’obbligo per tale giudice di tener pienamente conto della pronuncia della Corte. Si nota, paragonando queste due pronunce, che quest’ultimo criterio è centrale nel ragionamento svolto dalla Corte nelle due sentenze e il suo rispetto è, in linea di principio, rimesso all’apprezzamento del giudice a quo.
Peraltro, si possono riscontrare degli indizi nelle norme procedurali relative al procedimento di rinvio pregiudiziale che portano a considerare una relativizzazione della sospensione prevista all’art. 23 St. Queste norme contemplano delle ipotesi in cui il giudice del rinvio è confrontato con degli incidenti processuali incorsi in pendenza di rinvio. L’art. 97, par. 2, RP CG dispone, per esempio, che la nuova parte interveniente nel giudizio a quo accetti di assumere la causa nello stato in cui essa si trova all’atto di informazione della Corte del suo intervento e presuppone dunque che il giudice a quo determini se una parte può intervenire in giudizio nonostante il rinvio pregiudiziale sia già pendente (Orizzonte Salute, punti 29-41). Si può anche ricordare che la Corte accetta un’ipotesi molto incisiva nel giudizio a quo, vale a dire quella in cui un ricorso sia proposto contro la decisione di rinvio (Rheinmühlen Düsseldorf c. Einfuhr- und Vorratsstelle für Getreide und Futtermittel e le raccomandazioni della Corte, punto 26). Se si fosse propeso per un’idea assoluta e formalistica della sospensione, la Corte non avrebbe ammesso tali ipotesi. Esse illustrano, come d’altronde la sentenza in esame, che il giudice a quo resta responsabile del processo pendente davanti a lui in attesa della risposta della Corte e che il procedimento pregiudiziale tende ad adattarsi a tale processo.
L’interpretazione dell’art. 23 St. offerta dalla Corte amplia, inoltre, lo spettro di atti che il giudice del rinvio può esperire in attesa della risposta della Corte. Sul tema, le raccomandazioni della Corte (punto 25), indicano che il giudice del rinvio può, nonostante la sospensione del procedimento principale, procedere all’adozione di provvedimenti cautelari. In passato, la Corte aveva, infatti, considerato necessario al fine di tutelare l’effetto utile del meccanismo di rinvio pregiudiziale che il giudice a quo fosse abilitato ad adottare dei provvedimenti provvisori durante il periodo di sospensione del procedimento principale (Factortame, punti 21-22). Nella sentenza BK e ZhP (Sospensione parziale del procedimento principale), la Corte adotta una prospettiva differente poiché precisa quale margine di manovra l’art. 23 St. e l’art. 267 TFUE lasciano al giudice nazionale al fine di istruire la causa pendente in attesa della pronuncia della Corte. Essa accetta così che il giudice a quo adotti dei provvedimenti per degli aspetti estranei alla domanda pregiudiziale che non siano volti a garantire l’effettività della futura pronuncia della Corte. Spetterà dunque a tale giudice assicurarsi che l’esperimento di tali atti processuali non abbia un impatto sull’utilità e sulla pertinenza di tale pronuncia che risponde al quesito pregiudiziale quale definito prima che tali atti vengano posti in essere.
Infine, sebbene nel caso di specie il giudice di rinvio si riferisca a degli atti finalizzati alla raccolta di elementi di prova (conformemente alla norma rilevante del codice di procedura penale bulgaro, che, come chiarito dal governo bulgaro nel giudizio davanti alla Corte, consente di proseguire il procedimento a quo se ciò è necessario per raccogliere e conservare le prove: v. il punto 18 della sentenza in esame), nessuna parte della motivazione della sentenza circoscrive l’applicabilità della soluzione a questi soli atti. Allo stesso modo, la Corte non mette in evidenza alcuna specificità della materia penale che potrebbe dunque far protendere per un’esclusione di altre procedure, quali quelle civili o amministrative, dall’ambito di applicazione della soluzione della Corte.
In conclusione, la sentenza presa in esame appare d’interesse per almeno due profili. In primo luogo, essa ha il merito di esplicitare in che misura il giudice a quo può proseguire l’istruzione della causa principale in pendenza del rinvio pregiudiziale. In secondo luogo, la soluzione offerta dalla Corte dovrebbe, come evidenziato dal giudice del rinvio, permettere al giudice nazionale di continuare ad avanzare nelle attività istruttorie non coinvolte dalla questione oggetto del rinvio pregiudiziale, accelerando così i tempi di definizione del giudizio a quo.