Locus Standi of Private Parties Wishing to Challenge Regulatory Acts: Two Decisions of ACER’s Board of Appeal of 9th December 2022
Case numbers: A-002-2022 and A-003-2022
La legittimazione dei privati ad impugnare atti regolamentari: breve nota a margine di due decisioni della Commissioni di ricorso ACER del 9 dicembre 2022
La qualité pour agir des particuliers contre des actes réglementaires: deux décisions de la commission de recours de l’ACER du 9 décembre 2022
Le decisioni della commissione di ricorso
Con due decisioni di eguale contenuto rese il 9 dicembre 2022 (caso n. A-002-2022 e caso n. A-003-2033), la commissione di ricorso dell’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (nel prosieguo, “ACER”) si è pronunciata per la prima volta sull’impugnabilità, da parte dei soggetti privati, di atti regolamentari che li riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione. Tali decisioni costituiscono un’interessante occasione per gettare nuova luce non solo su un tema già ampiamente studiato, cioè quello della legittimazione ad agire dei privati nel sistema lato sensu giurisdizionale dell’Unione europea, ma anche e soprattutto sull’estensione della competenza delle commissioni di ricorso in generale e, di riflesso, sul loro ruolo nel sistema di tutela giurisdizionale dell’UE.
Le decisioni in esame traggono origine dai procedimenti instaurati dalle società RWE Supply & Trading GmbH (caso n. A-002-2022) e Uniper Global Commodities SE (caso n. A-003-2033) nei confronti della decisione n. 03/2022 con la quale ACER ha modificato la metodologia per la determinazione dei prezzi dell’energia di bilanciamento e della capacità interzonale utilizzata per lo scambio della medesima energia. Tale decisione era espressamente indirizzata ai cc.dd. “TSO” (transmission system operators), cioè agli enti nazionali regolamentati che gestiscono la sicurezza e la stabilità dei flussi transfrontalieri di energia elettrica. Le due ricorrenti, invece, sono, in sintesi, fornitori di energia di bilanciamento.
Senza entrare nel merito, il Board of Appeal ha rigetto i due ricorsi per carenza di legittimazione ad agire delle ricorrenti. Da un lato, infatti, esse non sarebbero state individualmente riguardate dalla decisione (punti 47-50 della decisione nel caso n. A-003-2033, che, per comodità, sarà l’unica citata) e, dall’altro lato, appurato che la decisione contestata aveva natura di atto regolamentare, la commissione di ricorso ha stabilito che non poteva conoscere della causa perché l’art. 28, par. 1, del regolamento (UE) 2019/942, cioè il regolamento istitutivo di ACER (in seguito anche “regolamento ACER”) non le attribuisce alcuna competenza a decidere sulla legittimità degli atti regolamentari (punti 53-54). Uno dei motivi di ricorso fatti valere dalle società ricorrenti, infatti, si basava proprio sul fatto che la decisione di ACER potesse essere inquadrata come atto regolamentare ai sensi dell’art. 263, comma 4, TFUE.
Sull’interesse individuale
La commissione di ricorso, seguendo l’approccio “classico”, prima di procedere all’analisi della natura dell’atto impugnato, ha innanzitutto valutato la sussistenza dell’interesse individuale (si rinvia al testo delle decisioni per l’analisi del requisito dell’interesse diretto; esso, infatti, sarà brevemente esaminato solo in funzione dell’art. 263, comma 4, terza parte, TFUE).
Nel caso di specie, come anticipato, è pacifico che gli unici destinatari della decisione controversa fossero i cc.dd. “TSO”, precisamente identificati dalla decisione stessa. Peraltro, le società ricorrenti – che, come accennato, forniscono energia di bilanciamento – ritenevano di essere individualmente interessate dall’atto nella misura in cui, fissando esso un limite transitorio per la determinazione dei prezzi dell’energia di bilanciamento, gli impediva di formare liberamente il loro prezzo sulla base del consueto rapporto tra domanda e offerta (punto 50).
La commissione di ricorso, sul punto, ha in primo luogo ricordato la giurisprudenza in virtù della quale la possibilità di determinare il numero, o anche l’identità, dei soggetti ai quali si applica una certa misura non implica affatto che essa li riguardi individualmente (punto 48 – in giurisprudenza v., ad esempio, Andres (faillite Heitkamp BauHolding) c. Commissione, spec. punto 42; Silver e a. c. Consiglio, spec. punto 39). In secondo luogo, ha osservato che se una decisione impugnata non lede solo gli interessi dei ricorrenti ma anche quelli di (i) altre società concorrenti, (ii) società attive su altri mercati o (iii) clienti finali, parimenti non significa che la decisione incida individualmente su soggetti diversi dai destinatari (punto 48). Infine, ha rilevato che la decisione impugnata riguardava tutti i fornitori di energia di bilanciamento allo stesso modo in cui si applicava a tutti i partecipanti al mercato disposti a presentare offerte di energia di bilanciamento sulle piattaforme europee dedicate. In altri termini e in sintesi, la commissione ha applicato più o meno pedissequamente la formula Plaumann, con ciò ritenendo non soddisfatta la condizione di ricevibilità del ricorso in esame.
La ricostruzione operata dalla commissione di ricorso non convince del tutto. La Corte ha infatti più volte ricordato che il fatto che una misura abbia, per natura e portata, un carattere generale, in quanto applicabile alla totalità delle persone interessate, non esclude che essa possa tuttavia interessare individualmente talune di esse (v., ex multis, Belgio e Forum 187 c. Commissione, punto 58, e Sahlstedt e a. c. Commissione, punto 29). Poi, se è vero che un’impresa non può, in via di principio, impugnare una decisione se è interessata da questa solo a causa della sua appartenenza al settore in cui si inserisce la decisione stessa (v., ex multis, Telefónica c. Commissione, spec. punto 49; Andres (faillite Heitkamp BauHolding) c. Commissione, spec. punto 43; easyJet Airline c. Commissione, spec. punto 61), è altrettanto vero che «qualora la decisione riguardi un gruppo di soggetti individuati o individuabili nel momento in cui l’atto è stato adottato […] siffatti soggetti possono essere individualmente interessati da tale atto, in quanto facenti parte di una cerchia ristretta di operatori economici» (corsivo aggiunto – v., ex plurimis, Commissione c. Infront WM, punto 71, nonché, più di recente, la testé citata easyJet Airline c. Commissione, punto 62).
Ora, come sostenuto dalle società ricorrenti, ciascun fornitore di energia di bilanciamento avrebbe potuto essere individualmente interessato dal limite di prezzo fissato da ACER, poiché solo i fornitori di energia di bilanciamento erano direttamente vincolati, nelle loro operazioni commerciali, a tale limite. Non solo: tali soggetti, secondo le ricorrenti, facevano parte di un gruppo predeterminato i cui membri erano già identificabili al momento dell’adozione della decisione (punti 45-46).
Occorre altresì rilevare che i fornitori di energia di bilanciamento costituiscono una categoria (quasi) chiusa di operatori, la cui composizione è difficilmente variabile (non si tratta di certo di un mercato esteso e accessibile al pari di altre merci o prodotti). La decisione, quindi, fissando il limite di prezzo dell’energia di bilanciamento, potrebbe per sua stessa natura riguardare un gruppo predeterminato e prequalificabile di operatori del mercato, vale a dire i fornitori di energia di bilanciamento che quel limite devono rispettare.
Ne segue che, se è possibile sostenere che la decisione contestata ha portata generale perché si applica a tutti i fornitori di energia di bilanciamento, allora è altrettanto possibile sostenere che si tratta di un atto che li riguarda individualmente, perché i fornitori di energia di bilanciamento costituiscono «una cerchia ristretta di operatori economici».
Il solido e pedissequo ancoraggio alla giurisprudenza storica della Corte, in particolare alla formula Plaumann, delinea un atteggiamento particolarmente “conservativo” della commissione di ricorso, da cui, peraltro, ci si sarebbe potuti attendere una posizione e una pronuncia più “coraggiose”, quantomeno per la loro natura peculiare, che, come noto, non è completamente giurisdizionale (in argomento v., amplius, J. Alberti, Le agenzie dell’Unione europea, Milano, 2018, spec. pp. 222-224).
La natura regolamentare delle decisioni impugnate
Constatata l’assenza di incidenza individuale e, quindi, l’inevitabile inammissibilità del ricorso, la commissione di ricorso ha dunque valutato se l’atto impugnato potesse avere una natura regolamentare.
In primo luogo, la commissione ha stabilito che l’atto riguardava direttamente le due società, perché, in sostanza, sebbene indirizzato ai già citati TSO, questi godevano di una discrezionalità invero nulla nell’attuarlo e, quindi, gli effetti giuridici in capo alle ricorrenti si producevano direttamente per il tramite del provvedimento contestato. Ciò rileva nella misura in cui il Tribunale, in più di un’occasione, ha stabilito che «il criterio dell’incidenza diretta è identico nella seconda e nella terza ipotesi di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE» e la commissione di ricorso ha in effetti trattato le due ipotesi come sovrapponibili (v. European Coalition to End Animal Experiments c. ECHA, spec. punto 67; Growth Energy e Renewable Fuels Association c. Consiglio, spec. punto 65; Deutsche Lufthansa AG c. Commissione, spec. punto 211).
Dopodiché, la commissione ha dapprima ricordato che la forma in cui gli atti o le decisioni sono adottati è, in linea di massima, irrilevante ai fini della possibilità di impugnarli con un’azione di annullamento (punto 52 – in giurisprudenza v., per tutte, Ungheria c. Parlamento, spec. punto 37) e, successivamente, ha stabilito che l’atto impugnato, di carattere non legislativo, aveva portata generale e, per tale ragione, doveva considerarsi un atto regolamentare.
La commissione di ricorso ha ritenuto che la decisione contestata avesse portata generale nella misura in cui si applica a situazioni future determinate oggettivamente e indiscriminatamente («it applies to future situations determined objectively and indiscriminately», punto 53). In effetti, sebbene la decisione di ACER fosse indirizzata a una categoria specifica di operatori economici, cioè i gestori dei sistemi di trasmissione dei flussi transfrontalieri di energia elettrica (i TSO), essi erano indubbiamente «considerat[i] in modo generale e astratto» e la decisione stessa si applicava «a una situazione determinata obiettivamente», cioè la definizione dei prezzi dell’energia di bilanciamento (in argomento v., per tutte, Saint-Gobain Glass Deutschland c. Commissione, spec. punto 71). Per giurisprudenza costante già menzionata, infatti, la possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l’identità dei soggetti di diritto ai quali si applica un provvedimento (com’è il caso specie, dove i vari TSO erano chiaramente identificati in un elenco in calce all’atto) non comporta affatto che l’atto possa considerarsi un fascio di decisioni individuali se l’applicazione viene effettuata in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto in esame (in giurisprudenza v., ad esempio, Andres (faillite Heitkamp BauHolding) c. Commissione, spec. punto 42; Silver e a. c. Consiglio, spec. punto 39).
L’approccio della commissione di ricorso pare condivisibile, anche perché la Corte di giustizia ha precisato che una decisione del genere (cioè una decisione che identifica precisamente i destinatari) si presenta – nei confronti di un’impresa che non è tra i destinatari ma che appartiene al medesimo settore (in questo caso quello energetico) – «come un provvedimento di portata generale che si applica a situazioni determinate obiettivamente e comporta effetti giuridici nei confronti di una categoria di persone considerate in modo generale ed astratto» (v., ex multis, Telefónica c. Commissione, spec. punto 49; Andres (faillite Heitkamp BauHolding) c. Commissione, spec. punto 43; easyJet Airline c. Commissione, spec. punto 61).
Pare quindi che la qualificazione dell’atto come “regolamentare” non sia da mettere in dubbio.
L’incompetenza della commissione di ricorso
La commissione di ricorso, dover aver accertato la natura giuridica della decisione impugnata, si è dichiarata incompetente a decidere sulla controversia (e ci si potrebbe quindi interrogare sul perché abbia sentito l’esigenza di analizzare la natura dell’atto se già sapeva che avrebbe rigettato il motivo di ricorso per incompetenza). Adottando un approccio assai formalistico (a dispetto di quanto da essa stessa dichiarato al punto 54), la commissione ha infatti ricordato che «it must exercise its prerogatives within its constitutional boundaries» ed è vincolata dal regolamento ACER, che ne stabilisce le competenze e che, come anticipato, non prevede la possibilità di impugnare gli atti regolamentari ex art. 263, comma 4, TFUE. Nell’applicare tale formalismo al caso di specie, la commissione di ricorso ha ricordato quanto affermato in un recente caso deciso dal Tribunale in Grande sezione, MEKH c. ACER: «dal sistema legislativo e giurisdizionale istituito dal Trattato FUE risulta che solo il giudice dell’Unione europea è autorizzato […] a constatare l’illegittimità di un atto di portata generale […], poiché all’istituzione, agenzia o organismo dell’Unione a cui competono i mezzi di ricorso interni non è riconosciuta una siffatta competenza dai Trattati» (punto 50).
Questo approccio, certo comprensibile e probabilmente l’unico plausibile su di un piano pratico, solleva, almeno in astratto, qualche perplessità. Le agenzie dell’Unione europea – sia de iure che sulla scorta della giurisprudenza della Corte di giustizia – sono in potenza abilitate ad adottare atti a portata generale, che, in applicazione della formula Inuit, assumerebbero evidentemente natura “regolamentare”; tuttavia, gli organi di revisione interna a tali agenzie non hanno competenza a dichiararne la legittimità (o illegittimità). Se è vero, infatti, che in una siffatta circostanza il meccanismo di ammissione preventiva delle impugnazioni di cui all’art. 58-bis dello Statuto non opererebbe, garantendosi comunque il doppio grado di giudizio, è altrettanto vero che, per motivi quantomeno di “efficienza decisionale”, sarebbe forse opportuno assicurare al privato un controllo di prima istanza altamente tecnico anche nei confronti di tali atti (si noti che nella domanda di modifica dello Statuto della Corte del 30 novembre 2022, è stata ricompresa nel c.d. “filtro” anche la commissione di ricorso di ACER. Il regolamento che modifica lo Statuto è di prossima adozione e non si ritiene che vi saranno modifiche rispetto a quanto richiesto dalla Corte. In argomento, con toni critici, quantomeno per l’originaria esclusione di ACER dal meccanismo ex art. 58-bis dello Statuto, v. P. Iannuccelli, L’ammissione preventiva delle impugnazioni contro le decisioni del Tribunale dell’Unione europea ex art. 58-bis dello Statuto: una prima valutazione e le eventuali applicazioni future, in C. Amalfitano, M. Condinanzi (a cura di), Il giudice dell’Unione europea alla ricerca di un assetto efficiente e (in)stabile: dall’incremento della composizione alla modifica delle competenze, Milano, 2022, p. 117 ss., spec. p. 137).
Quanto al controllo “altamente tecnico”, è appena il caso di ricordare che la Corte e il Tribunale hanno più volte ribadito che, nell’ambito di un ricorso di annullamento ex art. 263 TFUE, il sindacato che il giudice opera è limitato ove si tratti della valutazione di elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi. Infatti, relativamente a valutazioni del genere, il giudice dell’Unione si limita ad esaminare se esse siano viziate da errore manifesto, da sviamento di potere o se l’autore della decisione abbia manifestamente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale (v., per tutte, Etimine, punto 60 – si noti comunque, che, specialmente in settori molto regolati, la Corte e il Tribunale sembrano operare uno scrutinio vieppiù approfondito; v., ad esempio, Dow AgroSciences e a. c. Commissione; Commissione c. Bilbaína de Alquitranes; Germania c. ECHA. In argomento cfr., amplius, M. Condinanzi. Sul limitato controllo da parte della Corte, che riconosce alle commissioni di ricorso un ampio potere discrezionale nell’effettuare valutazioni complesse e tecniche, v. invece, con toni critici, A. Volpato).
Viceversa, il sindacato da parte delle commissioni di ricorso delle valutazioni di ordine scientifico contenute in una decisione di un’agenzia non è limitato alla verifica dell’esistenza di errori manifesti (v., recentemente, BASF Grenzach c. ECHA, punto 89) e, per quanto specificamente concerne ACER, la Corte ha recentemente ribadito che, al fine di garantire il rispetto del principio di tutela giurisdizionale effettiva, è opportuno riconoscere alla commissione di ricorso un potere di controllo approfondito sulle decisioni dell’agenzia, proprio in considerazione del controllo «ristretto» operato dalle Corti UE (ACER c. Aquind, spec. punto 65, in seguito “Aquind”). Soprattutto, però, la giurisprudenza Aquind è stata utile a chiarire come le commissioni di ricorso contribuiscano a far rispettare l’art. 47, primo comma, della CdfUE: l’esercizio di un controllo approfondito in sede amministrativa, infatti, è essenziale affinché sia garantito, in sede giurisdizionale, un ricorso effettivo ai sensi di tale articolo. Un diverso e opposto orientamento comporterebbe il rischio di impedire al Tribunale – che esercita un controllo “ristretto” – di garantire una tutela giurisdizionale effettiva. Un’interpretazione estensiva delle competenze della commissione di ricorso (rectius, delle commissioni di ricorso) è un tema da tenere in considerazione anche in ragione di ciò.
Tuttavia, è legittimo chiedersi se le ricorrenti, nel caso di specie, fossero tenute a rivolgersi sin da subito alla commissione di ricorso o potessero – se non addirittura dovessero – adire immediatamente il Tribunale. Sul punto è appena il caso di ricordare che l’art. 29 del regolamento ACER stabilisce che «I ricorsi per l’annullamento di una decisione dell’ACER […] possono essere presentati dinanzi alla Corte di giustizia solo dopo l’esaurimento della procedura di ricorso di cui all’articolo 28» (corsivo aggiunto). Tale previsione – a differenza, ad esempio, della corrispondente norma contenuta nel regolamento istitutivo di ECHA, l’art. 94, par. 1 – non prevede che, nei casi in cui non sia garantito il diritto di adire la commissione di ricorso, le decisioni dell’agenzia possano essere impugnate direttamente dinanzi al Tribunale e alla Corte di giustizia. Ciononostante, tale circostanza deve ritenersi implicita e, in effetti, in giurisprudenza è stato chiarito che «[…] only decisions taken by the Board of Appeal or, in cases where no right lies before the Board of Appeal, by ACER, may be contested before the Court in accordance with Article 263 TFEU» (v. Austrian Power Grid e Vorarlberger Übertragungsnetz c. ACER, spec. punto 32, corsivo aggiunto).
Se si muove, quindi, dall’assunto per cui la decisione controversa è un atto regolamentare, è di conseguenza possibile sostenere che i limiti di cui all’art. 29, quantomeno contingentemente, siano inoperanti, dal momento che l’art. 28, par. 1, si riferisce esclusivamente a decisioni di natura individuale. Ne seguirebbe la possibilità di adire direttamente il Tribunale senza “passare” per la commissione di ricorso. In tal modo, pur perdendosi un grado di giudizio “specializzato”, si guadagnerebbe in punto di maggiore speditezza del procedimento. Infatti, sul piano, per così dire, della “strategia difensiva”, tentare subito la strada del ricorso in Tribunale, per quanto più “limitante” in termini di scrutinio tecnico, avrebbe potuto giovare in termini di economia processuale, senza per questo pregiudicare la tutela giurisdizionale effettiva delle due società, a cui, in forza dell’art. 263, comma 4, TFUE, letto congiuntamente all’art. 47 della CdfUE, sarebbe comunque garantito, eventualmente, un doppio grado di giudizio.
In tale contesto, quindi, ciò che si auspica, più che un’interpretazione estensiva dell’art. 28, par. 1, del regolamento ACER da parte della commissione di ricorso – che, come visto, difficilmente avrebbe potuto pronunciarsi diversamente, pur con i caveat di cui sopra – è un intervento sul regolamento da parte del legislatore (ma, a ben vedere, su tutti i regolamenti istitutivi delle agenzie che prevedano al loro interno una commissione di ricorso e che non consentano l’impugnazione di atti a portata generale). L’attuale ruolo delle commissioni di ricorso nel sistema di tutela giurisdizionale dell’UE pare invero anacronisticamente limitato: l’aumento del novero di atti impugnabili dinanzi a tali organismi, in particolare quelli a portata generale, potrebbe condurre a un evidente efficientamento della procedura, a un positivo ampliamento delle tutele per il singolo e, non da ultimo, a uno sgravio del carico di lavoro dei giudici dell’Unione.
L’impugnazione dinanzi al Tribunale
In data 17 febbraio 2023, sia la RWE Supply & Trading GmbH che la Uniper Global Commodities SE hanno proposto ricorso dinanzi al Tribunale. Entrambe le società hanno dedotto, per quanto qui rileva, che il tenore letterale della previsione di cui all’art. 28, par. 1, del regolamento (UE) 2019/942 «non osterebbe ad un’interpretazione in forza della quale la ricorrente sarebbe legittimata a proporre ricorso avverso un atto di natura regolamentare» e che la valutazione operata dalla commissione di ricorso, oltre a «non tenere conto né della ratio e dello scopo del procedimento di ricorso», darebbe luogo a «un deficit di tutela giuridica contrario al diritto primario». Tale specifica eccezione, per le ragioni sopra esposte, non pare possa essere condivisa: per quanto astrattamente sia preferibile assicurare al privato un controllo di prima istanza altamente tecnico nei confronti di tutti gli atti delle agenzie, è altrettanto vero che i trattati garantiscono comunque un controllo giurisdizionale avverso le decisioni delle commissioni di ricorso che dichiarano inammissibili i ricorsi. Il tema, piuttosto, è di opportunità politica e di coerenza generale delle scelte di politica giudiziaria che si stanno adottando negli ultimi anni: ha senso limitare le competenze delle commissioni di ricorso, se poi è da queste che passa la diminuzione del carico di lavoro del Tribunale (e, grazie al nuovo art. 58-bis, anche della Corte), nonché la possibilità di rispettare pienamente il principio di tutela giurisdizionale effettiva nei settori altamente tecnici e scientifici? In altri termini: se il Tribunale necessita di un preventivo controllo approfondito da parte della commissione di ricorso di ACER quando conosce dei contenziosi relativi alla legittimità di atti dell’agenzia, magari anche portata generale, ma che incidono direttamente e individualmente sul ricorrente, come mai può farne a meno se quel medesimo atto non gode di incidenza individuale?
Inoltre, è interessante ragionare anche attorno al motivo di ricorso proposto in subordine: le due società hanno infatti richiesto al giudice di annullare (nel merito) la decisione di ACER del 25 febbraio 2022. Occorre pertanto verificare se il Tribunale – sempre che avalli la qualificazione giuridica dell’atto impugnato – sia abilitato a conoscere della controversia, dal momento che la commissione di ricorso si è limitata a esaminare la ricevibilità dell’azione senza entrare nel merito.
Qualora il Tribunale ritenesse che l’art. 28, par. 1, del regolamento ACER vada interpretato estensivamente, attribuendo alla commissione di ricorso la competenza a pronunciarsi anche in merito ad atti come quello di specie, la causa dovrà essere rimessa alla commissione stessa. Infatti, sulla base di una costante giurisprudenza stratificatasi nel corso degli anni, il potere di riforma del Tribunale è limitato alle situazioni in cui, «dopo aver controllato la valutazione compiuta dalle commissioni di ricorso, sia in grado di determinare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto accertati, la decisione che la suddetta commissione era tenuta ad adottare. Il Tribunale non può sostituire la propria valutazione a quella delle commissioni di ricorso, né tanto meno può procedere a una valutazione sulla quale detta commissione non si è ancora pronunciata» (v., ex multis, Giand c. OHMI, punto 70; Schmid c. EUIPO, punto 62; Kwizda Holding c. EUIPO, punto 85; ZPC Flis c. EUIPO, punto 129; Nowhere c. EUIPO, punto 47). In siffatte circostanze, quindi, il Tribunale è tenuto a rinviare la causa alla commissione di ricorso competente affinché riformi la sua decisione – e questo è ciò che dovrebbe avvenire qualora il giudice dell’Unione riconoscesse la competenza della commissione di ricorso a pronunciarsi sulla questione.
Tale soluzione potrebbe essere sostenuta facendo leva sull’esigenza di garantire un livello di scrutinio specializzato anche nei confronti degli atti a portata generale e, per dirla con le ricorrenti, ossequiare la ratio e dello scopo del procedimento di revisione amministrativa. Guardando al passato, le proposte più innovative a garanzia del privato sono sovente provenute proprio dal Tribunale, la sede che d’altro canto meglio si adatta alle esigenze del privato stesso. Nel contesto della legittimazione ad agire dei singoli, basti solo pensare alla nota sentenza Jégo-Quéré, ove per la prima volta si tentò di proporre condizioni di ricevibilità per i ricorsi introdotti dai singoli ai sensi dell’allora art. 230, comma 4, TCE meno rigide rispetto a quelle elaborate nella formula Plaumann (in argomento v., per tutti, C. Amalfitano, La protezione giurisdizionale dei ricorrenti non privilegiati nel sistema comunitario, in Il Diritto dell’Unione europea, 2003, p. 13 ss.). Chiaro che, se così fosse, allora la disposizione di cui all’art. 28, par. 1, del regolamento ACER (ma, a ben vedere, di tutti i regolamenti istitutivi di agenzie che prevedono al loro interno una commissione di ricorso) presenterebbe una lacuna che il legislatore sarebbe tenuto a colmare.
Viceversa, qualora il Tribunale dovesse ritenere che la commissione di ricorso di ACER non ha competenza a conoscere le controversie relative alla legittimità degli atti regolamentari, allora è presumibile che sia direttamente il Tribunale a pronunciarsi in subordine nel merito, accogliendo o rigettando il ricorso.