Traffic Ban on the Brennero Motorway: Request to Start a New Infringement Procedure pursuant to Article 259 TFEU
Divieto di circolazione sull’autostrada del Brennero: richiesta di avvio di una procedura di infrazione ex art. 259 TFUE
Interdiction de circuler sur l’autoroute du Brennero : requête d’une nouvelle procédure d’infraction au titre de l’article 259 TFUE
Dopo numerose e purtroppo infruttuose interlocuzioni tanto con la Commissione europea quanto con la Repubblica d’Austria, l’Italia ha infine inviato a Bruxelles la lettera che dà avvio alla procedura di infrazione di cui all’art. 259 TFUE relativamente ai divieti di circolazione imposti dal Land del Tirolo con riferimento al corridoio del Brennero. La Commissione – in data 15 febbraio 2024 – rende nota la ricezione della lettera del Governo italiano, ricordando gli sforzi intrapresi per il raggiungimento di una soluzione di compromesso tra i due Paesi interessati, e altresì che la disposizione testé richiamata le conferisce la competenza ad adottare un parere motivato, dopo aver posto gli Stati interessati in condizione di presentare in contraddittorio le loro osservazioni scritte e orali. Si ricorda che, sempre sulla base di quanto sancito dall’art. 259 TFUE, un parere della Commissione che concluda difformemente dalla richiesta dello Stato membro, al pari della mancata formulazione dello stesso entro il termine di tre mesi indicato dalla disposizione pattizia, non impedisce allo Stato interessato di convenire in giudizio dinanzi alla Corte di giustizia lo Stato ritenuto inadempiente. Sotto il profilo squisitamente procedimentale, è interessante constatare che il portavoce della Commissione europea ha precisato che quest’ultima non è tenuta a rispettare il termine di tre mesi per l’adozione del parere motivato, lasciando così intendere che la Commissione potrebbe anche adottarlo in un momento successivo, ovviamente, riteniamo, a condizione che nel frattempo non sia stato depositato il ricorso dell’Italia avanti alla Corte di giustizia. Infatti, in tal caso, la Commissione avrebbe comunque diritto ad intervenire nel giudizio, facendo conoscere la propria posizione direttamente in causa e, in un certo senso, rendendo inutile l’adozione del parere motivato. Ovviamente, l’intervento avanti alla Corte – adesivo alle tesi di una delle due parti – potrebbe essere svolto anche da altri Stati membri interessati agli esiti dell’insorta controversia (si pensi alla Germania).
L’illecito contestato all’Austria concerne, in buona sostanza, il fatto di aver introdotto e mantenuto in vigore normative restrittive del traffico veicolare al valico del Brennero, capaci di causare restrizioni alla circolazione delle merci, garantita dagli artt. 34 ss. TFUE. Contestazioni di tale tenore sono già state sollevate dalla stessa Commissione alla Repubblica austriaca e per ben due volte tale Paese è stato convenuto in giudizio dinanzi alla Corte di giustizia, che ha accertato l’incompatibilità con il diritto dell’Unione delle misure nazionali rilevanti, per violazione degli obblighi di cui agli allora artt. 28 e 29 CE (oggi artt. 34 e 35 TFUE) relativi al divieto di restrizioni quantitative all’importazione e all’esportazione e di ogni misura di effetto equivalente (v. Commissione c. Austria del 15 novembre 2005 relativa alla causa C-320/03, e Commissione c. Austria del 21 dicembre 2011 relativa alla causa C-28/09).
Nonostante alcune modifiche alla normativa ritenuta non compatibile con il diritto UE, e le giustificazioni addotte dall’Austria al mantenimento in vigore delle misure contestate (in particolare ragioni di salvaguardia ambientale e fluidità e sicurezza del traffico), l’Italia ritiene che anche i divieti attualmente vigenti rechino un vulnus al principio della libera circolazione delle merci, violino il principio di non discriminazione e, ove eventualmente giustificabili alla luce dell’esigenza di tutela ambientale, non possano in alcun modo considerarsi proporzionati rispetto allo scopo da perseguire.
In attesa di conoscere gli sviluppi della vicenda, pare opportuno ricordare che le procedure infra-statali concluse con adozione di una sentenza da parte della Corte di giustizia sono – dall’istituzione della Comunità economica europea ad oggi, soltanto sette (sul tema v. M. CONDINANZI, C. AMALFITANO, 2020, p. 260 ss.). Si tratta dei seguenti casi: causa 141/78, Francia c. Regno Unito; causa C-388/95, Belgio c. Spagna; causa C-145/04, Spagna c. Regno Unito; causa C-364/10, Ungheria c. Slovacchia; causa C-591/17, Austria c. Germania; causa C-457/18, Slovenia c. Croazia; causa C- 121/21 Repubblica Ceca c. Polonia (Miniera di Turów).
Non sono invece immediatamente rilevabili i casi in cui la Commissione abbia adottato un parere motivato nel senso della sussistenza dell’infrazione e abbia successivamente essa stessa adito la Corte così riconducendo il procedimento nell’alveo “tradizionale” dell’art. 258 TFUE, né i casi in cui lo Stato membro, dopo un parere motivato della Commissione negativo o in assenza di parere motivato, abbia desistito dal ricorrere. Solo due delle pronunce menzionate attengono a tematiche relative al mercato interno (causa C-388/95 e causa C-591/17), le altre essendo per lo più caratterizzate da dispute di tipo squisitamente “politico”, dove la connessione con il diritto dell’Unione appariva alquanto strumentale. Solo due delle sentenze citate hanno concluso per la sussistenza dell’inadempimento contestato dallo Stato ricorrente (causa C-591/17 e causa 141/78). Le altre hanno respinto l’iniziativa dello Stato ricorrente.
Per quanto sia possibile constatare, è il primo caso in cui l’Italia richiede l’attivazione del procedimento di cui all’art. 259 TFUE (sul caso, poi non coltivato, della controversia con la Slovenia sull’aceto balsamico cfr. G. AGRATI, 2022) e sarà certamente interessante seguirne gli sviluppi.
I dati sopra riportati rendono evidente che gli Stati preferiscono di gran lunga lasciare che sia la Commissione europea ad assumere le iniziative di “guardiana” dei trattati, anche rispetto a situazioni in cui ritengano sussistente un conflitto di interessi con un altro Stato membro in relazione all’applicazione di una regola del diritto dell’Unione. Al di là del caso di specie, il cui merito sarà oggetto delle successive interlocuzioni tra le parti, lo strumento dell’art. 259 TFUE rappresenta comunque una regola di chiusura del sistema, in grado di garantire l’accesso al giudice anche in quelle situazioni in cui ragioni di opportunità politica hanno indotto la Commissione ad esercitare la propria discrezionalità nel senso di astenersi dal promuovere una procedura di infrazione. Un simile esercizio di opportunità dovrebbe però terminare a fronte dell’iniziativa di uno Stato a cui la Commissione dovrebbe essere tenuta a far seguire il parere motivato, prendendo posizione così da riassumere l’iniziativa del caso senza con ciò precludere la successiva iniziativa giudiziaria dello Stato richiedente.