The Obligation to Make a Preliminary Reference in the Procedural Rules Specificities of the Member States: the Ruling of the Court of Justice in KUBERA
ECJ, 15 October 2024, case C-144/23, KUBERA
L’obbligo di rinvio pregiudiziale nelle specificità processuali degli Stati membri: la sentenza KUBERA della Corte di giustizia
L’obligation du renvoi préjudiciel dans les spécificités procédurales des États membres : l’arrêt KUBERA de la Cour de justice
Il ben noto quadro giurisprudenziale sviluppatosi in tema di obbligo di rinvio pregiudiziale di cui all’art. 267, co. 3, TFUE, si è arricchito di un ulteriore “tassello” con la sentenza della Corte di giustizia resa lo scorso 15 ottobre 2024 nella causa KUBERA1. Adita in via pregiudiziale su rinvio della Corte suprema slovena (Vrhovno sodišče Republike Slovenije), la Corte di Lussemburgo ha accertato il contrasto delle regole processuali nazionali che disciplinano il meccanismo di filtro sull’autorizzazione al ricorso per revisione delle sentenze definitive con l’obbligo di rinvio pregiudiziale cui sono tenute le giurisdizioni nazionali c.d. “di ultima stanza”. Ciò in quanto, come si vedrà meglio infra, siffatto meccanismo non consente al giudice supremo nazionale di vagliare una questione interpretativa di diritto UE eventualmente formulata (anche) a richiesta di parte e, conseguentemente, di verificare l’avverarsi delle condizioni affinché sorga l’obbligo in capo al giudice di ultima istanza di sollevare il rinvio pregiudiziale nella fase “preliminare” di valutazione dell’ammissibilità del ricorso.
La Corte di giustizia ha avuto altresì modo di statuire sul dovere di motivazione incombente sulle giurisdizioni superiori che non ritengono rilevante e/o doveroso sollevare rinvii pregiudiziali, in particolare chiarendo che l’art. 47 CdFUE, in merito al dovere di esplicitare le motivazioni delle decisioni giurisdizionali, deve essere interpretato nel senso che le decisioni processuali che rigettano l’istanza di proposizione del ricorso per revisione, quando questa non è rispondente ai requisiti per ammettere il suo passaggio alla fase del giudizio di merito, devono adeguatamente esplicare le ragioni della non procedibilità, in tale prima nonché ultima fase del procedimento, all’accoglimento della richiesta di parte a che sia adita la Corte di giustizia in via pregiudiziale.
La sentenza in esame, seppur prosegua nel solco tracciato dalla giurisprudenza Consorzio Italian Management2, nondimeno riveste una propria autonoma rilevanza. La Corte di giustizia, potendo tornare su alcuni “capisaldi” dell’interpretazione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, non ha perso l’occasione per ricordare che l’art. 267, co. 3, TFUE, gode di una forza preminente sugli ordinamenti processuali nazionali, invitando anzitutto il giudice del rinvio all’interpretazione conforme delle disposizioni nazionali confliggenti con l’art. 267 TFUE, evitando così il rischio di disapplicazione delle disposizioni interne inerenti alle caratteristiche procedurali specifiche del diritto sloveno.
Le problematiche rilevate dal Vrhovno sodišče concernevano alcuni aspetti del meccanismo di autorizzazione alla proposizione del ricorso per revizija (revisione) la cui aderenza al diritto processuale europeo, in specie al rinvio pregiudiziale, era messa in dubbio nel procedimento principale. Con il primo quesito pregiudiziale la Corte suprema slovena poneva essenzialmente la questione se l’articolo 267, co. 3, TFUE avesse l’effetto di obbligarla, quale giudice di ultima istanza, a esaminare la richiesta di parte di sollevare una domanda di rinvio pregiudiziale relativa all’interpretazione del diritto UE, contenuta nell’istanza diretta ad ottenere l’autorizzazione al ricorso per revisione di sentenze divenute nel frattempo definitive, nonostante reputasse inammissibile, in base alle norme del diritto processuale nazionale, tale istanza. Infatti, ai sensi dell’art. 367a del c.p.c. sloveno (Zakon o pravdnem postopku, «ZPP») soltanto i ricorsi in grado di generare una decisione della Corte suprema dirimente su «una questione di diritto importante per garantire la certezza del diritto, l’applicazione uniforme della legge o lo sviluppo della legge attraverso la giurisprudenza», riescono a passare indenni attraverso il vaglio del giudizio di ammissibilità giungendo alla fase successiva dell’esame nel merito, requisito che però non era ritenuto soddisfatto nel caso di specie3. L’organo giurisdizionale sloveno riconosceva, in astratto, che l’importanza giuridica insita nella causa potesse essere legata a questioni di non chiara interpretazione di diritto UE che avrebbe potuto richiedere un rinvio pregiudiziale. Eppure, l’assenza in concreto dei requisiti per concedere l’autorizzazione all’istanza prescritti dalla normativa processuale, precludendogli l’esame nel merito di siffatte questioni e rendendo irrilevante una loro risoluzione, lo induceva ad escludere che una verifica sulla doverosità del rinvio pregiudiziale potesse utilmente trovare luogo nel momento in cui fosse stato chiamato a statuire sull’ammissibilità del ricorso.
Il secondo quesito pregiudiziale verteva, invece, su alcuni dubbi che la Corte suprema slovena nutriva in merito alla possibilità di estendere il dovere di motivazione delle decisioni giurisdizionali, a cui i giudici nazionali devono attenersi per evitare di incorrere nella violazione dell’art. 47 CdFUE, anche alle decisioni di inammissibilità dei ricorsi per revisione. La soluzione di tale ulteriore quesito sarebbe stata facilmente intuibile dal giudice del rinvio. Infatti, una volta confermato il dovere della Corte suprema slovena di valutare, sin dalla fase di ammissibilità del ricorso per revisione, la richiesta di parte affinché si formuli una domanda pregiudiziale contenuta nell’istanza diretta ad ottenere l’autorizzazione sul ricorso per revizija, ne sarebbe logicamente disceso il dovere di spiegare le ragioni del mancato rinvio, dovendo applicare anche alle decisioni di rigetto la giurisprudenza Consorzio4. Rimanevano tuttavia alcune incertezze interpretative legate al grado di precisione e approfondimento richiesto, dato che la prassi consolidata nell’ambito del procedimento di revisione era quella di limitarsi ad una motivazione sommaria del diniego di autorizzazione alla proposizione del ricorso, facendo riferimento solo al mancato soddisfacimento dei requisiti elencati all’articolo 367a «ZPP»5.
Il ragionamento svolto dalla Corte di giustizia in KUBERA parte saggiando la “resistenza” delle disposizioni nazionali processuali che prevedono le modalità di concessione delle autorizzazioni a proporre il ricorso per revisione, come interpretate dal giudice supremo sloveno, rispetto alle regole di diritto UE disciplinanti il meccanismo di rinvio pregiudiziale. La Corte, innanzitutto, ricorda che l’amministrazione della giustizia nazionale, pur costituendo una competenza tipicamente “domestica” appartenente agli Stati membri, non esenta però quegli stessi Stati dal rispettare gli obblighi derivanti dall’art. 267 TFUE, nemmeno, come in questo caso, quando il proprio diritto processuale contempla mezzi di filtro dei ricorsi proposti innanzi agli organi giurisdizionali nazionali di vertice. Tra siffatti obblighi rientra, per quel che qui rileva, l’osservanza da parte dei giudici nazionali di ultima istanza della previsione dell’obbligo di rinvio contenuta all’art. 267, co. 3, TFUE, alla cui vincolatività non possono sottrarsi se non nei limiti espressamente ammessi dalla Corte di giustizia, che da tempo ne definisce la portata sulla base dei noti parametri CILFIT6, anche se nella forma riveduta e (parzialmente) aggiornata dalla sentenza Consorzio7. La Corte, coerentemente con tale ultima pronuncia, ribadisce che gli organi giurisdizionali avverso le cui decisioni non vi sono rimedi di diritto interno sono esonerati dall’effettuare un rinvio pregiudiziale (interpretativo) – oltre che per il caso dell’irrilevanza della questione di diritto UE ai fini della soluzione della controversia nazionale – soltanto quando ritengono che la norma dibattuta sia già oggetto di giurisprudenza consolidata (c.d. acte éclairé) oppure quando non si pongono dubbi circa la chiarezza della questione di interpretazione loro sottoposta (c.d. acte clair). Sin da CILFIT vi è pertanto un sistema chiuso e armonizzato di eccezioni al dovere di effettuare il rinvio pregiudiziale8, che non ammette ulteriori deroghe da parte dei singoli diritti processuali nazionali, pena, altrimenti, la rinuncia all’obiettivo a cui è destinato l’obbligo di rinvio: garantire l’uniforme interpretazione e applicazione del diritto UE, per assicurarne la primauté, evitando il consolidamento di giurisprudenze diversificate nei sistemi giuridici degli Stati membri.
Tanto premesso, il meccanismo di filtro delle impugnazioni sloveno può inficiare proprio siffatta finalità. Per la Corte è in tal senso determinante il fatto che secondo l’interpretazione costante dello «ZPP» affermatasi in sede nazionale la Corte suprema slovena non è tenuta a considerare la rilevanza della questione di diritto UE nella fase di valutazione della ricevibilità del ricorso, ancorché formulata dalla parte ricorrente, né a verificare l’applicabilità delle eccezioni CILFIT al caso di specie. Infatti, ciò che conta ai fini dell’esame di ammissibilità del giudizio di revisione è “semplicemente” appurare l’importanza oggettiva della causa, ma nell’ottica di assicurare finalità interne al sistema di giustizia nazionale, potendo quindi conseguirne il mancato deferimento della questione pregiudiziale alla Corte di giustizia per le stesse valutazioni di “merito” sull’importanza della causa che motivano il rigetto definitivo della domanda di autorizzazione al ricorso per revizija. Tuttavia, i rischi di un siffatto scenario – la questione pregiudiziale che non verrebbe sollevata a causa della sua presupposta scarsa importanza pur richiedendo un rinvio pregiudiziale obbligatorio ai sensi dell’art. 267, co. 3, TFUE, il diffondersi di un’interpretazione potenzialmente non conforme al diritto UE presso le istanze inferiori del giudizio perché non “revisionata” dalla giurisdizione di ultima istanza – possono compromettere, agli occhi della Corte di giustizia, «l’efficacia del sistema di cooperazione tra Corte e giudici nazionali» notoriamente istituito dall’art. 267 TFUE (punto 46).
La violazione dell’art. 267, co. 3, TFUE che fin qui sembrerebbe emergere non potrebbe però superarsi per mezzo di considerazioni legate all’autonomia procedurale di cui godono gli Stati membri con riguardo alla portata dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, limitatamente all’approntare rimedi giurisdizionali i cui requisiti di ammissibilità siano puramente formali. La Corte di giustizia infatti respinge in toto per il caso di specie l’applicazione del portato interpretativo derivante dalle sentenze Aquino9 e Consorzio, sebbene invocato da alcuni Stati membri nel procedimento pregiudiziale a difesa del meccanismo di filtro sloveno, in virtù del quale i giudici di ultima istanza possono non esperire rinvii pregiudiziali su questioni dichiarate irricevibili alla stregua di regole procedurali di diritto interno, salvi i principi di equivalenza ed effettività. Similmente a quanto argomentato dall’avvocato generale Emiliou10, la Corte supera il suddetto rilievo puntualizzando che, a differenza dei mezzi di ricorso nazionali la cui conformità con il diritto UE è stata accertata in ordine ai motivi di ricevibilità degli stessi dalla natura prettamente “formale” e in assenza dei quali il giudice nazionale non potrebbe entrare nel merito della questione pregiudiziale, il giudizio di revisione sloveno prevede un sindacato di ammissibilità della proposizione dei ricorsi attorno alla presenza di requisiti tutt’altro che meramente procedurali. Infatti, il criterio principe di ricevibilità dei ricorsi per revisione delle sentenze definitive è strettamente connesso all’importanza che la questione di diritto a fondamento dell’istanza di accesso al processo di revisione deve rivestire per «la certezza del diritto, l’applicazione uniforme della legge o lo sviluppo della legge attraverso la giurisprudenza» (art. 367a «ZPP»), il che non può che presupporre per il supremo giudice una valutazione anticipatoria, anche se sommaria, relativa al merito della questione giuridica.
A questo punto, pur forse potendosi limitare a dichiarare la contrarietà di fondo tra le caratteristiche del sistema processuale di revisione sloveno e l’impianto normativo e giurisprudenziale del meccanismo pregiudiziale, i giudici del Kirchberg ritengono possibile fornire al giudice del rinvio un’interpretazione delle regole procedurali interessate conforme rispetto agli scopi perseguiti dall’obbligo di rinvio pregiudiziale, comunque nella piena consapevolezza che è compito del giudice nazionale verificare che l’interpretazione conforme della disciplina nazionale all’art. 267 TFUE proposta possa effettivamente trovare cittadinanza all’interno del proprio ordinamento giuridico senza incappare nella violazione del divieto di interpretazione contra legem del diritto nazionale11. Secondo la Corte di giustizia il contrasto è agevolmente ricomponibile qualora si includano nella categoria “questione importante di diritto” tutte le ipotesi in cui, a fronte di una domanda di autorizzazione al ricorso per revisione, venga sollevata una questione dubbia di diritto UE che, non ricadendo nell’alveo delle deroghe CILFIT, richieda obbligatoriamente l’intervento interpretativo della Corte tramite l’avvio di un procedimento pregiudiziale. Siffatta soluzione comporta, tuttavia, conseguenze logiche necessarie per il giudice supremo nazionale. Innanzitutto, la rilevanza della questione interpretativa (o di validità) europea dovrebbe essere soppesata immediatamente nella fase di valutazione di ammissibilità della domanda processuale di autorizzazione, pur venendo accertata in considerazione della sua possibile incidenza sull’esito finale della controversia. Simile giudizio, peraltro, non dovrebbe richiedere un esame più dettagliato da parte della Corte suprema slovena rispetto a quello che già solitamente esegue con riguardo alla verifica dell’importanza che il punto di diritto controverso riveste al fine di giungere, a beneficio dell’ordinamento nazionale, ad una maggiore chiarezza interpretativa. In secondo luogo, valutata la pertinenza del quesito pregiudiziale, sarebbe da anticipare – come già accade – la valutazione sul merito della questione nei limiti di un giudizio sommario circa l’importanza che il quesito giuridico ha per assicurare la certezza del diritto, tenendo però ora a mente che vi è, per così dire, una “presunzione di importanza” quando la causa presenta una questione di diritto pertinente che non pare già risolta da una giurisprudenza costante della Corte di giustizia o la cui soluzione non sembra palesarsi con nitida chiarezza (eccezioni CILFIT). In terzo luogo, godendo il giudice nazionale (anche) di ultima istanza della piena libertà di decidere se procedere subito con il rinvio pregiudiziale o aspettare che si formi più diffusamente il proprio convincimento sulla questione alla luce del contraddittorio tenutosi tra le parti sul punto, si dovrebbe valutare se effettuare la domanda di rinvio pregiudiziale sulla questione sollevata nella fase preliminare di ammissibilità del ricorso con conseguente sospensione del procedimento oppure aprire la fase successiva del processo e attendere che ulteriori elementi del giudizio confermino la necessarietà del rinvio pregiudiziale o, invece, facciano venir meno la sua obbligatorietà.
Alla luce di quanto detto finora non stupisce la risposta al secondo quesito pregiudiziale proveniente dal giudice europeo. Come anticipato, secondo la Corte di giustizia l’obbligo gravante sull’organo giurisdizionale supremo di esaminare la questione di diritto UE attorno a cui ruota la domanda di parte di autorizzazione al ricorso per revisione porta con sé il dovere di motivare la decisione di rigetto di siffatta domanda qualora non venga preceduta dal rinvio pregiudiziale sul punto. Infatti, il rifiuto di formulare il rinvio da parte del giudice di ultima istanza, alla luce del combinato disposto dell’art. 267 TFUE e dell’art. 47, co. 2, CdFUE, deve sempre accompagnarsi da una motivazione puntuale che faccia emergere almeno una delle ragioni che giustificano il mancato rinvio secondo il diritto UE (mancanza di rilevanza della questione pregiudiziale oppure presenza delle condizioni CILFIT, come sancito in Consorzio). Pertanto, le decisioni di inammissibilità delle proposte di ricorso per revizija dovranno adeguatamente dar conto dei motivi sottesi al mancato rinvio pregiudiziale obbligatorio, senza limitarsi ad enunciare apoditticamente quali dei criteri il Vrhovno sodišče reputa applicarsi in concreto.
Una prima riflessione che discende dalla sentenza in esame attiene all’opportunità di ricorrere al rimedio dell’interpretazione conforme per scongiurare il conflitto tra il diritto processuale sloveno e quello europeo relativamente all’obbligo di rinvio pregiudiziale, che invero ha suscitato in dottrina qualche perplessità12. Senza dubbio le peculiarità normative (ma anche giurisprudenziali) caratterizzanti il procedimento di revisione rilevante in fattispecie hanno giocato un ruolo importante nella scelta operata dalla Corte di giustizia. Il meccanismo di filtro sloveno, portando a selezionare le cause che possono porre un serio pericolo alla chiarezza e all’uniformità del diritto nazionale e della giurisprudenza interna, non era in realtà lontano dal perseguire i medesimi fini perseguiti dall’obbligo di rinvio cioè uniformare la giurisprudenza sull’interpretazione del diritto UE, soprattutto una volta considerata – come ha ritenuto la Corte di giustizia – la non tassatività delle specifiche ipotesi enucleate all’art. 367a dello «ZPP» per la ricevibilità del ricorso di revisione (v. punto 42). Ciò, d’altronde, trova conferma anche nella più recente evoluzione della giurisprudenza slovena, in particolare quella costituzionale, che sembra da qualche tempo orientarsi verso una lettura delle norme di procedura compatibile con il significato e la portata dell’art. 267, co. 3, TFUE e che è stata espressamente considerata dalla Corte di giustizia come elemento testimoniante la capacità del sistema giuridico nazionale di recepire al proprio interno l’interpretazione conforme al diritto europeo (v. punto 54). In una prospettiva più ampia, si ritiene che, venendo messo in discussione nella specie l’esercizio di una competenza statale altamente “delicata” come quella dell’organizzazione della giustizia nazionale, la soluzione dell’interpretazione conforme al diritto UE ha raggiunto un equilibrio tra le esigenze di garantire la massima efficacia e, in definitiva, il primato dell’art. 267 TFUE e quelle di evitare, per quanto possibile, una frattura con l’ordinamento nazionale che invece, ricorrendo al rimedio della disapplicazione della normativa interna, si sarebbe potuta arrecare.
Come si è avuto modo di vedere, l’esame sulla compatibilità con l’art. 267, co., 3, TFUE del mezzo di ricorso sloveno è stato volto principalmente a verificare che il meccanismo di revisione non difettasse nel perseguire l’effetto utile dell’obbligo di rinvio di assicurare l’unità interpretativa e applicativa del diritto UE all’interno degli ordinamenti degli Stati membri. È interessante qui notare la diversità di approccio rispetto a quello tenuto dall’avvocato generale Emiliou, per il quale la presenza di un giudice supremo nazionale col potere discrezionale in ordine a se e quando deferire i quesiti pregiudiziali avrebbe potuto ostacolare anche l’altra finalità che l’obbligo di rinvio (pur indirettamente) realizza cioè assicurare la tutela giurisdizionale delle posizioni dei singoli riconosciute dal diritto UE13. In effetti, le parti del procedimento nazionale non avrebbero potuto avere piena cognizione ab origine della giurisdizione tenuta ad effettuare il rinvio pregiudiziale quale giurisdizione di ultima istanza, non potendo quindi confidare nella corretta osservanza del dovere di rinvio per vedere vagliate a Lussemburgo le questioni pregiudiziali debitamente formulate dal giudice principale. La Corte di giustizia sembra rispondere a tale considerazione soltanto ove afferma che un filtro di ammissibilità che dipende dal giudizio di merito delle questioni di diritto innanzi alla Corte suprema non implica per i singoli l’impossibilità di esperire il rimedio giurisdizionale né priva la Corte suprema della veste di giudice “of last resort” (v. punto 39). La sensazione che però se ne trae è quella che da KUBERA esca rafforzata la natura più “pubblicistica” dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, lasciando in sottofondo quella invece più privatistica dell’obbligo quale strumento a indiretta tutela dei singoli.
Infine, e sempre con riferimento all’effettività dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, la Corte di giustizia ha confermato appieno il dovere di motivazione in capo al giudice nazionale di ultima istanza che non intende effettuare il rinvio, ma si è astenuta dal fornire maggiori dettagli sul grado di approfondimento richiesto al giudice. Ciò non sorprende. Infatti, non sembra praticabile la soluzione di delineare e imporre un modello di motivazione standard quando il contenuto della motivazione dipende strettamente dalla tipologia e dalla difficoltà delle questioni giuridiche sollevate nonché dalla natura complessiva del giudizio. Tuttavia, potrebbe essere auspicabile in futuro offrire progressivamente indicazioni di massima ritagliate sulla complessità del caso affrontato a cui il giudice nazionale di ultima istanza non può non attenersi per vieppiù consolidare il dovere di esplicitare la ratio decidendi e, di conseguenza, pure il dovere di sollevare il rinvio pregiudiziale14.
1 Corte giust., 15 ottobre 2024, causa C-144/23, KUBERA, ECLI:EU:C:2024:881.
2 Corte giust., 6 ottobre 2021, causa C-561/19, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, ECLI:EU:C:2021:799.
3 Il Vrhovno sodišče si trovava a giudicare l’istanza di autorizzazione al ricorso di revisione proposta dalla società KUBERA, da cui proveniva altresì la domanda di sottoporre una questione pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia avendo sollevato dei dubbi interpretativi in ordine all’applicabilità di alcune disposizioni del regolamento (UE) n. 608/2013, che era rilevante nel caso di specie, nella fase di esame di ammissibilità del ricorso.
4 V., in dottrina, da ultimo, F.-X. Millet, From the Duty to Refer to the Duty to State Reasons: The Past, Present and Future of the Preliminary Reference Procedure, in EJLS (CJEU Special), 2023, p. 7 ss.
5 V. la sintesi della domanda di rinvio pregiudiziale slovena (art. 98, par. 1, RP CG), punti 13-14, consultabile al seguente sito internet: https://curia.europa.eu/juris/showPdf.jsf?text=&docid=274721&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=6845554.
6 Corte giust., 6 ottobre 1982, causa 283/81, CILFIT, ECLI:EU:C:1982:335.
7 Le eccezioni al dovere di rinvio non sono state più rivedute dalla Corte nelle successive decisioni intervenute sul tema. Per un’analisi più accurata dello stato dell’arte, v. G. Chiapponi, Ancora su CILFIT: il “dialogo” continua, in questa Rivista, 2024.
8 V. M. M. Pereira, Access to national supreme courts and preliminary ruling: are the principles of equivalence and effectiveness enough to protect the keystone of the EU judicial architecture?, in EU Law Live, 9 aprile 2024.
9 Corte giust., 15 marzo 2017, causa C-3/16, Aquino, ECLI:EU:C:2017:209.
10 Conclusioni dell’avvocato generale Emiliou, 18 giugno 2024, causa C-144/23, KUBERA, ECLI:EU:C:2024:522, spec. punto 60 ss. In argomento, si consenta il rinvio a G. Capudi, L’obbligo del rinvio pregiudiziale nelle specificità processuali degli Stati membri: il caso della revisione slovena nelle conclusioni dell’Avvocato generale Emiliou nella causa C-144/23, KUBERA, in questa Rivista, 2024.
11 Sul rapporto tra interpretazione conforme e giudice nazionale v., recentemente in dottrina, A. Circolo, Il giudice nazionale e l’obbligo di interpretare il proprio diritto in maniera conforme al diritto dell’Unione, in G. Lattanzi, M. Maugeri, G. Grasso, L. Calcagno, A. Ciriello (a cura di), Il diritto europeo e il giudice nazionale, Milano, 2023, p. 87 ss.
12 V. T. Hilpold, Consorzio Italian Management Reloaded: Court of Justice further Strengthens the Preliminary Reference Procedure in the Case Kubera (C-144/23), in EU Law Live, 15 novembre 2024.
13 In dottrina, per tutti, v. F. Spitaleri, Facoltà e obbligo di rinvio pregiudiziale, in F. Ferraro, C. Iannone (a cura di), Il rinvio pregiudiziale, II ed., Torino, 2024, p. 127 ss.
14 Tali precisazioni potrebbero essere offerte, ad esempio, nella causa C-767/23, Remling, attualmente pendente, instaurata su rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato olandese e concernente questioni pregiudiziali sulla portata del dovere di motivazione.