Times Change, and so Does the Dialogue: Order No. 21 of 2025 of the Italian Constitutional Court

Corte Cost., Order of 20 February 2025, no. 21

Cambiano i tempi, cambia il dialogo: l’ordinanza n. 21 del 2025 della Corte costituzionale

Les tempes changent, le dialogue aussi : Ordonnance n. 21 du 2025 de la Cour constitutionnelle italienne

Grave errore è ritenere il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE un meccanismo “a senso unico”, attraverso il quale si interpella in modo quasi oracolare la Corte di giustizia, chiusa nel “fatato ducato” di Lussemburgo1. Così ragionando, si ignora che l’interpretazione dei giudici del Kirchberg risente grandemente del contesto di fatto del procedimento principale, nonché della più generale cornice giuridica, e financo politica, dell’ordinamento dello Stato membro. E da quest’ultima prospettiva si debbono tenere in conto anche le dinamiche politiche ed economiche che spesso si aggiungono, quando non esacerbano, dibattiti giuridici già di per sé problematici.

Tutto questo si legge tra le righe dell’ordinanza del 20 febbraio 2025, n. 21, della Corte costituzionale con la quale quest’ultima chiede alla Corte di giustizia se il regolamento (UE) 2022/18542 osta ad una normativa come quella di cui all’art. 1, commi da 115 a 119, della legge n. 197/20223.

Volendo ridurre ai minimi termini la complessa e articolata vicenda, la questione di interpretazione rivolta alla Corte di giustizia si rende necessaria per il Giudice della legge a ragione dei dubbi di costituzionalità con riferimento agli artt. 3, 53 e 117, comma 1, Cost. avanzati con plurime rimessioni dal TAR Lazio e dalle Corti di giustizia tributaria di primo grado di Messina e di Trieste (queste ultime con solo riguardo ai parametri interni), rispetto alla summenzionata normativa, contenuta nella legge di bilancio 2023, con la quale il legislatore italiano ha istituito il c.d. “contributo di solidarietà temporaneo” sugli extraprofitti, destinato a colpire tutti gli operatori del settore energetico al fine di sostenere famiglie e imprese.

In sintesi, perseguendo l’obiettivo di uniformare i prelievi fiscali degli Stati membri durante la congiuntura inflazionistica, il regolamento (UE) 2022/1854 prevede due strade: mentre agli operatori definiti “inframarginali” ‒ i cui costi marginali di produzione dell’energia sono inferiori in ragione delle caratteristiche della fonte, come le rinnovabili ‒ si dovrebbe imporre un tetto sui ricavi4, agli operatori c.d. upstream attivi nell’estrazione e fabbricazione lungo la catena Oil&Gas andrebbe applicato un contributo di solidarietà calcolato sugli utili imponibili superiori al 20% della media nei quattro esercizi precedenti al 20225. Tuttavia, gli Stati membri possono optare anche per una “terza via” quale l’adozione di “misure equivalenti6, le quali si caratterizzano per essere un diverso prelievo previsto dallo Stato membro sempre con riguardo ai settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffinazione ma avente i medesimi obiettivi del contributo di solidarietà previsto dal regolamento quali, inter alia, l’accessibilità economica dell’energia.

Come detto, per l’anno 2023 il legislatore italiano avrebbe optato per l’adozione di una misura equivalente, quale il contributo di solidarietà temporaneo, che si presenta con una caratteristica di non poco momento: i soggetti passivi dell’imposta vanno al di là di quelli individuati dal regolamento (UE) 2022/1854 per il contributo di solidarietà, finendo per colpire, in modo per così dire “orizzontale”, tutti gli operatori del settore energetico, dai produttori anche di energie rinnovabili7 sino ai distributori (operatori downstream sulla filiera energetica).

Dunque, sono le peculiarità della misura prevista dall’ordinamento interno a rappresentare il nodo che la Corte costituzionale deve sciogliere e, per il qual fine, chiede l’ausilio dell’interpretazione della Corte di giustizia: a ragione dell’estensione dei soggetti passivi, il contributo temporaneo di solidarietà della legge di bilancio 2023 è una misura equivalente che lo Stato italiano poteva legittimamente adottare o va ritenuto in contrasto con il regolamento (UE) 2022/1854?

Ai fini della presente segnalazione non rileva soffermarsi sul merito della questione interpretativa posta dalla Corte costituzionale: uno sforzo ben più ambizioso e meditato merita la complessità della vicenda. Piuttosto, in questa sede occorre soffermarsi sugli aspetti procedurali del rinvio pregiudiziale quali emergono dall’ordinanza qui annotata, ovverosia sulla “forma del dialogo” tra la Corte costituzionale e la Corte di giustizia. Da tale prospettiva, sono tre gli elementi su cui deve concentrarsi la nostra analisi: a) il nuovo corso della sentenza n. 181/20248; b) i dubbi sulla validità del regolamento; b) infine, una riflessione conclusiva sul dialogo intrapreso dalla Corte costituzionale con la Corte di giustizia.

Per quanto concerne il primo profilo, rispondendo ad un’eccezione sollevata dall’Avvocatura di Stato che lamentava la mancata rilevanza della questione in ragione dell’«efficacia diretta» del regolamento (UE) 2022/18549, la Corte costituzionale coglie l’occasione per precisare il nuovo tratto del proprio cammino comunitario10. Infatti, contro tale argomento relativo a quella che rappresenta una qualità propria della fonte sovranazionale ‒ quale la diretta applicabilità11 ‒ la Corte costituzionale replica gli assunti della sentenza n. 181/2024, che già iniziano a cristallizzarsi in una vivace giurisprudenza costituzionale12: dinanzi all’incompatibilità tra la legge statale e il diritto dell’Unione europea, qualunque sia la fonte da cui promana la norma “comunitaria” ‒ sia essa della Carta dei diritti fondamentali, dei trattati o, come in questo caso, di un regolamento ‒ il giudice può scegliere o di non applicare la norma interna, se del caso dopo un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, ovvero di sollevare una questione di legittimità costituzionale13.

Tale assunto viene puntellato da tre sottolineature. In primo luogo, la competenza dei giudici nazionali di non applicare la norma interna e di rivolgersi alla Corte di giustizia in via pregiudiziale non può essere ostacolata o menomata dal sindacato della Corte costituzionale14. In secondo luogo, replicando quanto già fatto nella sentenza n. 181/202415, la Consulta16 richiama integralmente il passaggio della sentenza O.D.17 dove il Giudice di Lussemburgo prendeva atto del ruolo e delle caratteristiche proprie del sindacato accentrato di costituzionalità nell’ordinamento italiano. In terzo luogo, l’attenzione della Consulta si concentra sulle caratteristiche che deve possedere una questione di legittimità costituzionale che abbia una norma dell’Unione direttamente efficace o direttamente applicabile quale parametro interposto degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost.18: quest’ultima deve avere tono costituzionale «per il nesso con interessi o principi di rilievo costituzionale»19 che va ad intersecare. In questo caso, secondo la Corte costituzionale il tono è udibile da qualsiasi orecchio: «è innegabile, anche perché tutti i rimettenti sollevano, con riferimento ai parametri “interni” di cui agli artt. 3 e 53 Cost., questioni coinvolgenti i principi costituzionali di uguaglianza, proporzionalità, ragionevolezza e capacità contributiva»20.

Rispetto al secondo profilo, si deve notare che la Corte costituzionale pone una questione di interpretazione avente ad oggetto gli artt. 1, 2 e 14 del regolamento (UE) 2022/1854, ma è la stessa ad invocare dubbi sulla validità dell’atto emersi dinanzi ad altri organi giurisdizionali degli Stati membri21: «[f]erma restando la competenza esclusiva della Corte di giustizia a decidere della invalidità del regolamento, questa Corte, nel rispetto della giurisprudenza unionale, ritiene di aderire alla presunzione di legittimità del regolamento e si riserva di valutare gli effetti di una eventuale dichiarazione di invalidità»22.

Invero, il passaggio pare obbligato nella misura in cui la Consulta intende rispondere alle osservazioni della parte privata, al contempo affermando di non ritenere necessaria una nuova questione di validità. Così come, ad una primissima lettura, la sibillina frase per cui sarà essa a valutare gli effetti di una pronuncia di invalidità della Corte di giustizia sembra far riferimento al suo impatto sul diritto nazionale, o per meglio dire, sulle norme interne istitutive del contributo temporaneo sugli extraprofitti; un tema quest’ultimo intimamente legato alla complessità della materia e all’impostazione sposata dalla Consulta. Infatti, il prelievo deciso dal legislatore è istituito sì nella cornice del regolamento (UE) 2022/1854 ma ‒ come emerge dalla ricostruzione della Corte costituzionale ‒ opera in un ambito lasciato all’autonomia degli Stati membri, con la conseguenza che rimane da vedere se e in che misura l’invalidità del regolamento possa avere rilievo rispetto alla legittimità delle norme interne23.

Rispetto al terzo profilo, conviene soffermarsi sul modo in cui la Consulta imposta il confronto con Lussemburgo. Sul punto, sono due i rilievi che sin d’ora si possono formulare: uno attinente al diritto dell’Unione; l’altro al diritto interno.

In primo luogo, ormai abituata a dialogare in via pregiudiziale con la Corte di giustizia ‒ e già questa è di per sé circostanza degna di nota ‒ la Corte costituzionale ha compreso ciò che si è detto in introduzione in questo contributo, e cioè che il rinvio pregiudiziale è prima di tutto collaborazione tra Corti nel cui ambito il giudice del rinvio può suggerire la propria interpretazione del diritto dell’Unione per aiutare la Corte di giustizia a rispondere alle attese della propria missione. Del resto, sono le stesse raccomandazioni ai giudici nazionali a suggerire un dialogo attivo, e non meramente passivo, da parte delle giurisdizioni degli Stati membri24.

Dunque, la Corte costituzionale ricostruisce genesi, struttura e finalità del regolamento (UE) 2022/1854. Di più, ne illumina il senso più profondo nascosto sotto la complessità tecnica delle nozioni ivi previste: esso «rappresenta attuazione concreta dei valori solidaristici su cui si fonda l’Unione europea [e] ha, come finalità ultima, quella di tutelare le imprese e le famiglie esposte alla crisi energetica»25.

Nell’analisi della ratio del regolamento la Consulta, invero, si spinge sino alla sua base giuridica (art. 122, par. 1, TFUE), che ha consentito al legislatore dell’Unione di adottare un tale intervento emergenziale nello spirito di solidarietà europea, ma non di armonizzare la materia ‒ prova ne è il fatto, si argomenta, che non è richiesta l’unanimità e non è prevista la consultazione del Parlamento, come invece impongono i trattati per le misure a favore del funzionamento del mercato interno (art. 115 TFUE) e del settore dell’energia (art. 194, par. 3, TFUE) ‒ con la conseguenza che intatta rimane la potestà impositiva degli Stati membri26.

Ed è proprio questo il profilo di maggior attenzione. Nel compiere tale esegesi, la Consulta tenta di evidenziare il margine di autonomia lasciato dal regolamento agli Stati membri, in particolare facendo leva sul concetto di misure equivalenti. E proprio nella valorizzazione di tale “spazio” che il regolamento lascerebbe agli Stati per la perimetrazione dell’ambito soggettivo delle misure equivalenti (sino alla pronuncia della Corte di giustizia il condizionale è d’obbligo), la Consulta avanza diverse considerazioni. In primo luogo, quest’ultima reclama che l’esigenza di coordinamento, sottesa al regolamento, tra i diversi prelievi degli Stati membri capaci di attentare al funzionamento del mercato interno andrebbe bilanciata «con il principio di solidarietà e con gli altri interessi generali dell’Unione europea resi centrali dallo stesso»27 come la tutela di famiglie e imprese in armonia con la stabilità delle finanze pubbliche. In secondo luogo, la Consulta ricorda la «peculiarità del contesto energetico nazionale»28, declinata con riferimento sia alla dipendenza dell’Italia dal gas naturale (con la conseguenza di un più potente impatto dell’inflazione del costo dell’energia) sia alla ristretta platea di operatori upstream sul territorio nazionale “tassabili” a norma del regolamento.

Dunque, a differenza di quanto traspare dalle rimessioni del TAR Lazio, per la Corte costituzionale l’allargamento dell’ambito soggettivo del contributo non ne esclude la sussunzione nella categoria delle misure equivalenti di cui al regolamento (UE) 2022/1854, né si oppone a ritenerla comunque «manifestazione della generale competenza degli Stati membri in materia di fiscalità diretta esercitata nel rispetto del principio di solidarietà e delle finalità del regolamento»29.

Rispetto al diritto interno, il rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale è necessario per dare sostanza al parametro interposto degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost. Tuttavia, in questa fase nulla viene detto sui parametri interni oggetto dei dubbi di costituzionalità (artt. 3 e 53 Cost.). Allora, ci si domanda se la Consulta non debba se non anticipare, almeno chiarire la portata anche dei parametri interni, in modo da fornire alla Corte di giustizia il complesso del quadro giuridico e costituzionale alla luce del quale essa stessa eserciterà il suo ruolo di giudice della costituzionalità della legge interna riconosciuto, appunto, nella citata pronuncia O.D.30.

In conclusione, non solo l’ordinanza n. 21/2025 si annovera tra le ormai numerose occasioni di dialogo in via pregiudiziale tra la Corte costituzionale e la Corte di giustizia, ma essa rappresenta la prima interlocuzione dopo la sentenza n. 181/2024 che ha ridefinito, in misura considerevole, i rapporti tra l’ordinamento italiano e il diritto dell’Unione europea.

Da ultimo e in relazione al nuovo corso della giurisprudenza costituzionale sulle relazioni interordinamentali, ci si chiede se l’Avvocatura di Stato replicherà dinanzi ai giudici del Kirchberg l’argomento avanzato dinanzi alla Consulta, ovverosia che la diretta applicabilità del regolamento esclude l’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale e, di conseguenza, la sussistenza del procedimento a quo. Ad oggi non sembra plausibile un simile scenario, soprattutto in considerazione del fatto che la Corte di giustizia in principio non entra nel merito delle competenze del giudice del rinvio, ma presume rilevante e incardinata in un concreto e pendente procedimento nazionale la questione pregiudiziale. Anche se, senza dubbio, non può non rilevarsi la “bontà” del rilievo della Avvocatura dello Stato e la circostanza che, anche alla luce della consolidata giurisprudenza “comunitaria”, la ritenuta incompatibilità di una norma interna con un regolamento implica la immediata disapplicazione. Un aspetto, quest’ultimo, che non si può ignorare essere intrinsecamente legato anche alla tutela dei diritti delle parti, nella duplice dimensione sostanziale, dell’attribuzione loro del “bene della vita”, e processuale, del contenimento dei tempi necessari per soddisfare la domanda di giustizia.

Tuttavia, il primo rinvio sotto il nuovo regime della sentenza n. 181/2024 apre a scenari interessanti per la cui definizione non si può che attendere l’esito della pronuncia a Lussemburgo e a Roma. Infatti, il dialogo pregiudiziale tra le due Corti, così ricco e animato nell’ambito del “modello 269 temperato”31, si riduceva nel tentativo della Corte costituzionale di far collimare i due standard di tutela dei diritti fondamentali (costituzionale ed europeo) sovrapponibili ma non sempre coincidenti. Oggi, la Corte costituzionale si rivolge alla Corte di giustizia non per ricercare l’interpretazione di un diritto fondamentale proprio del sistema sovranazionale, che interseca il dato costituzionale e con questo concorre alla definizione di tutele sempre più integrate32, ma per chiarire la portata di norme di un regolamento, come tali direttamente applicabili, che assurgono a parametri interposti del giudizio di costituzionalità per il tramite dell’art. 117, comma 1, Cost. (e dell’art. 11 Cost.).

In sostanza, non siamo più nel contesto di un dialogo sui diritti fondamentali, sulla costruzione delle tradizioni costituzionali comuni nell’ambito della “doppia pregiudiziale”33. Il dialogo tra Corte costituzionale e Corte di giustizia oggi riguarda tutto il diritto dell’Unione, o per meglio dire, lo spettro complessivo del suo impatto sull’ordinamento domestico. Ed è in tale nuovo ruolo che la Consulta tenta di valorizzare gli spazi lasciati aperti dal diritto sovranazionale ‒ nel caso di specie, dal regolamento (UE) 2022/1854 ‒ per garantire le ragioni del diritto nazionale.

Insomma, sono cambiati i tempi; e con loro è cambiato il dialogo.


1 E. Stein, Lawyers, Judges, and the Making of a Transnational Constitution, in The American Journal of International Law, 1981, p. 1 ss.

2 Regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio del 6 ottobre 2022 relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell’energia, in GUUE L 261I, 7 ottobre 2022, p. 1 ss.

3 Legge 29 dicembre 2022, n. 197, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025, in GURI n. 303, 29 dicembre 2022.

4 Artt. 6-11, regolamento (UE) 2022/1854, cit.

5 Artt. 14-18, regolamento (UE) 2022/1854, cit.

6 Art. 14, par. 2, e Considerando n. 63 del regolamento (UE) 2022/1854, cit.

7 Va oltre i limiti della presente segnalazione, ma va notato che la Corte costituzionale sembra escludere il rischio, lamentato dai rimettenti, di una “doppia imposizione”, frutto del cumulo del tetto sui ricavi e del contributo temporaneo di solidarietà sugli operatori inframarginali a ragione del fatto che tale fattispecie ha riguardato solo il dicembre 2022 e che, comunque sia, gli importi che superano il tetto sui prezzi costituiscono componenti negativi del reddito di impresa e dunque non rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile per il contributo: v. Corte cost. ord. n. 21/2025, cit., punto 9.1 Considerato in diritto.

8 Corte cost., 19 novembre 2024, sentenza n. 181, ECLI:IT:COST:2024:181. In questa Rivista, v. B. Sboro, Sindacato accentrato e doppia pregiudiziale di «impatto sistemico» dal «tono costituzionale». Note a margine di Corte cost., sent. n. 181/2024, 2025, n. 1 e S. Barbieri, La sentenza n. 181 del 2024 della Corte costituzionale: una svolta nei rapporti tra ordinamento italiano e diritto dell’Unione europea?, 2024, n. 3.

9 Corte cost., ord. n. 21/2025, cit., punto 6 Considerato in diritto.

10 P. Barile, Il cammino comunitario della Corte, in Giurisprudenza costituzionale, 1973, p. 2406 ss.

11 Art. 288, comma 2, TFUE. In generale, v. C. Amalfitano, M. Condinanzi, Unione europea: fonti, adattamento e rapporti tra ordinamenti, Torino, 2015, pp. 52-55.

12 Corte cost., 19 dicembre 2024, n. 210, ECLI:IT:COST:2024:210; 3 gennaio 2025, n. 1, ECLI:IT:COST:2025:1; 4 febbraio 2025, n. 7, ECLI:IT:COST:2025:7.

13 Corte cost. ord. n. 21/2025, cit., punto 6 Considerato in diritto.

14 Ibidem. Il riferimento è alle “condizioni Melki” stabilite in Corte giust., 22 giugno 2010, cause riunite C-188/10 e C-189/10, Melki e Abdeli, ECLI:EU:C:2010:363, punto 57.

15 Corte cost. sent. n. 181/2024, cit., punto 6.5 Considerato in diritto.

16 Corte cost. ord. n. 21/2025, cit., punto 6 Considerato in diritto.

17 Corte giust., 2 settembre 2021, causa C-350/20, O.D. c. INPS, punto 40.

18 Ritorna l’art. 11 Cost.; norma costituzionale che nella sentenza n. 181/2024 era sostanzialmente oscurata dall’art. 117, comma 1, Cost. Sul punto, v. R. Mastroianni, La sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2024 in tema di rapporti tra ordinamenti, ovvero la scomparsa dell’articolo 11 della Costituzione, in Quaderni di AISDUE, 2025, n. 1, p. 1 ss.

19 Corte cost. n. 181/2024, cit., punto 6.3 Considerato in diritto. Su tale locuzione, v. F. Ferraro, La Consulta si affida al “tono costituzionale” per estendere il suo controllo (anche) sulle norme dell’Unione provviste di effetto diretto, in EJ, 2024, n. 4, p. 160 ss., p. 176; P. De Pasquale, O. Pallotta, In tempi di sovranismo la Consulta difende il primato del diritto dell’Unione europea (e l’autonomia dei giudici), in EJ, 2024, n. 4, p. 174 ss., p. 176.

20 Corte cost. ord. n. 21/2025, cit., punto 6 Considerato in diritto.

21 In particolare, si citano le cause C-467/24, 2Valorise Ham e a. e C-462/24, Braila Winds srl.

22 Corte cost. ord. n. 21/2025, cit., punto 7 Considerato in diritto.

23 In sostanza, non saremmo nell’ipotesi tracciata, con riferimento alle direttive, dalla Corte di giustizia di cui alle pronunce Melki e A c. B in cui lo scrutinio sulla costituzionalità della norma interna si riduce in un giudizio sulla validità della norma sovranazionale, dato che la prima si limita a recepire la seconda: Melki e Abdeli, cit., punti 53-56 e Corte giust. 11 settembre 2014, causa C-112/13, A c. B, ECLI:EU:C:2014:2195, punti 41-43.

24 Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale, C/2024/6008, punto 18.

25 Corte cost. ord. n. 21/2025, cit., punto 10.2 Considerato in diritto. Sulla solidarietà quale principio dell’Unione, v. F. Croci, Solidarietà tra stati membri dell’Unione europea e governance economica europea, Torino, 2020.

26 Corte cost. ord. n. 21/2025, cit., punto 10.2 Considerato in diritto.

27 Ibidem.

28 Ibidem.

29 Ibidem.

30 Anche al fine di dare maggiori elementi alla Corte di giustizia, come richiedono le raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, cit., punto 16.

31 C. Amalfitano, Il dialogo tra giudice comune, Corte di giustizia e Corte costituzionale dopo l’obiter dictum della sentenza 269/2017, in Osservatorio sulle fonti, n. 2, 2019, p. 14.

32 F. Viganò, La tutela dei diritti fondamentali della persona tra corti europee e giudici nazionali, in Quaderni costituzionali, 2019, p. 481 ss.

33 Si fa riferimento naturalmente non all’ipotesi avanzata dalla rimessione del TAR Lazio, ma alla “doppia pregiudiziale” concretizzata dal concorso, nella protezione di un diritto fondamentale, di una norma sia della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sia della Costituzione.