La qualité pour agir des villes devant la CJUE

Cour de Justice, 13 janvier 2022, affaires jointes C-177/19 P, C-178/19 P, C-179/19 P, Allemagne – Ville de Paris et autres c. Commission

La legittimazione ad agire delle città dinanzi alla CGUE

The legitimacy of cities to act before the CJUE

La decisione in commento ha riformato la sentenza pronunciata nelle cause riunite T-339/16, T-352/16 e T-391/16, con la quale il Tribunale ha accolto i ricorsi di Ville de Paris, Ville de Bruxelles e Ayuntamiento de Madrid e, di conseguenza, annullato alcune disposizioni del regolamento UE n. 2016/646. Adottato con procedura di controllo, questo ultimo, tra le altre cose, integra il regolamento UE n. 2016/427, introducendo, nel quadro delle norme relative all’omologazione dei veicoli a motore, nuove prove ai fini della verifica dei requisiti per l’ottenimento delle certificazioni Euro 5 ed Euro 6. L’obiettivo della Commissione era quello di rendere tali prove maggiormente aderenti alle reali condizioni di guida su strada.

In particolare, le tre città menzionate avevano chiesto al Tribunale di sindacare la validità del regolamento UE n. 2016/646, nella parte in cui questo fissava il fattore di conformità cd. CF pollutant per l’ossido di azoto, la cui funzione è quella di adattare i limiti di emissione alle specificità di ciascun agente inquinante. Tuttavia, siffatto fattore, agendo come moltiplicatore del valore di emissione da non superare (cd. Not to Exceed), produceva un innalzamento del livello di tolleranza delle emissioni di ossido di azoto per l’ottenimento dell’omologazione di un singolo veicolo. Nel dettaglio, i tre enti locali avevano lamentato, in primo luogo, la violazione dall’art. 5, par. 3, del regolamento CE n. 715/2007 che consentiva alla Commissione la sola modifica di elementi non essenziali di detto regolamento. Infatti, secondo i ricorrenti, l’introduzione del valore CF pollutant aveva l’effetto di integrare un elemento essenziale, ovverosia il limite alle emissioni di ossido di azoto. In secondo luogo, i ricorrenti contestavano, nel merito, che la modificazione del limite alle emissioni di ossido di azoto, in senso meno restrittivo per l’ottenimento dell’omologazione, avrebbe rappresentato una regressione nella lotta all’inquinamento atmosferico, ponendosi pertanto in contrasto con norme di diritto primario e di diritto derivato in materia ambientale.

Il Tribunale, con sentenza emessa il 13 dicembre 2018, aveva accolto le deduzioni delle ricorrenti in punto di incompetenza della Commissione. In particolare, secondo il Tribunale «il sistema inteso ad applicare il coefficiente (il fattore di conformità CF pollutant), quale moltiplicatore dei limiti delle emissioni di ossidi di azoto fissati per la norma Euro 6, conduce necessariamente a modificare la norma stessa», rappresentando così la modifica di un elemento essenziale (punto 129 della sentenza del Tribunale). Ciò deciso, il Tribunale aveva ritenuto che non fosse necessario esaminare gli altri motivi di annullamento dedotti dalle parti.

A prescindere dal merito della decisione, la questione preliminare su cui è opportuno soffermarsi riguarda la legittimazione degli enti locali a ricorrere ai sensi dell’art. 263, 4° c., TFUE. Dinanzi al Tribunale, la Commissione aveva infatti eccepito l’assenza di legittimazione, argomentando che il regolamento impugnato dettava obblighi per l’immatricolazione, la vendita e la messa in circolazione su strada dei veicoli che erano diretti alle sole case automobilistiche. Ne conseguiva che il regolamento non pregiudicava in alcun modo la posizione giuridica delle città ricorrenti.

Il Tribunale, dopo aver ricondotto il regolamento impugnato alla terza categoria di atti contemplata dall’art. 263, 4° c., TFUE, vale a dire quella degli atti regolamentari che non comportano alcuna misura di esecuzione, aveva valutato la sussistenza di un interesse diretto da parte dei suddetti enti locali, il quale, secondo consolidata giurisprudenza, è presente ogniqualvolta «un atto dell’Unione impedisca a una persona giuridica di diritto pubblico di esercitare, come essa intende fare, le sue competenze» (punto 50 della sentenza del Tribunale). Nel caso di specie, secondo il Tribunale, una limitazione all’esercizio di poteri discrezionali delle città ricorrenti ricorreva nella misura in cui queste non avrebbero potuto disporre il divieto di circolazione stradale di veicoli che avessero superato la nuova prova, prevista dal regolamento impugnato, ed ottenuto l’omologazione Euro 6. Il ragionamento logico-giuridico del Tribunale si basava su una lettura piuttosto rigorosa dell’art. 4, par. 3, 2° c., della direttiva quadro 2007/46/CE sull’omologazione dei veicoli a motore, il quale afferma che gli Stati membri «non vietano, limitano o impediscono l’immatricolazione, la vendita o la messa in circolazione su strada di veicoli […] se soddisfano i requisiti previsti da quest’ultima». La locuzione «circolazione su strada di veicoli» doveva essere interpretata, secondo il Tribunale, quale impedimento agli enti locali ricorrenti, in qualità di soggetti titolari di competenze in materia di circolazione dei veicoli sulle strade urbane, all’adozione di misure limitative della circolazione nei confronti dei veicoli che avessero ottenuto l’omologazione Euro 6.

Contro la sentenza del Tribunale, la Repubblica Federale di Germania e l’Ungheria, che non erano intervenute nella causa di primo grado, e la Commissione ricorrevano in appello dinanzi alla Corte di giustizia.

Nelle sue conclusioni, l’Avvocato generale (AG) Bobek si è soffermato in primo luogo sull’esistenza di un interesse diretto a ricorrere degli enti locali. L’AG ha ritenuto errata l’interpretazione dell’art. 4, par. 3, della direttiva quadro resa dal Tribunale. Infatti, secondo l’AG, la locuzione «circolazione su strada di veicoli» deve essere interpretata alla luce dello scopo della direttiva quadro e dei regolamenti successivi. In particolare, dalla base giuridica dell’atto, ovverosia l’art. 114 TFUE, emerge che la finalità della disciplina è quella di armonizzare le regole relative all’ottenimento dell’omologazione dei veicoli a motore. Tali regole sono dirette nei confronti delle case automobilistiche, chiamate a rispettare le nuove prescrizioni per ottenere l’omologazione sui veicoli di loro produzione e la conseguente immissione nel mercato europeo. Dette disposizioni non incidono pertanto sulle competenze delle autorità pubbliche locali in materia di circolazione dei veicoli, che perseguono finalità pubblicistiche, quali la tutela dell’ambiente e della salute.

Tuttavia, l’AG, adottando una prospettiva innovativa e non meramente formalistica, ha svolto una serie di valutazioni ulteriori che supportavano la tesi della legittimazione a ricorrere degli enti locali. Nel dettaglio, considerando che gli enti locali utilizzano tipicamente i parametri forniti dalle certificazioni Euro per distinguere tra veicoli inquinanti e veicoli a minore impatto ambientale, la maggiore tolleranza delle nuove prescrizioni, con riguardo alle emissioni di ossidi di azoto prodotte dal singolo veicolo, rischiava di ridurre la capacità di tali enti di rispondere al problema dell’inquinamento dell’aria.

Pur riconoscendo che il regolamento non impediva in maniera assoluta l’adozione di misure con finalità ambientale limitative della circolazione dei veicoli, l’AG ha valorizzato l’esistenza di uno stretto rapporto di causa-effetto tra il regolamento impugnato e l’esercizio da parte delle città dei poteri regolatori a tutela dell’ambiente. In altri termini, secondo l’AG detto regolamento avrebbe potuto minare l’efficacia dell’azione pubblica locale. Le città, infatti, avrebbero dovuto adottare nuovi parametri di riferimento per individuare i veicoli maggiormente inquinanti, con il rischio di incorrere in possibili discriminazioni o comunque in scelte arbitrarie ed inefficaci. La posizione degli enti locali rispetto al regolamento impugnato risultava inoltre differenziata alla luce delle loro competenze normative ed amministrative in materia di salute e di tutela dell’ambiente, e in virtù dei conseguenti obblighi giuridici relativi alla qualità dell’aria nel proprio territorio, anche immediatamente derivanti dal diritto dell’Unione. Ulteriormente, alcune ragioni sistematiche avrebbero giustificato, secondo l’AG, una valutazione non eccessivamente rigorosa del requisito dell’interesse diretto a ricorrere. In maniera molto significativa, dopo aver richiamato la rilevanza costituzionale di cui godono tali enti all’interno degli ordinamenti nazionali, l’AG ha sottolineato che un’interpretazione eccessivamente restrittiva di detto requisito rischierebbe di porsi in tensione con la tutela delle identità nazionali degli Stati membri, così come garantita dall’art. 4, par. 2, TUE. Peraltro, alla luce del ruolo crescente delle autonomie territoriali all’interno dell’Unione europea, frequentemente chiamate ad implementare politiche europee, la garanzia di un più ampio accesso alla giustizia europea sarebbe pienamente coerente con il principio di leale cooperazione previsto dall’art. 4, par. 3, TUE. Infine, accertata la legittimazione ad agire delle città ricorrenti, l’AG ha ritenuto ragionevoli le valutazioni del Tribunale in punto di incompetenza della Commissione all’adozione del regolamento impugnato attraverso la procedura di regolamentazione con controllo, esprimendosi così per la conferma della sentenza di primo grado.

La sentenza della Corte ha seguito le conclusioni dell’AG solo nella parte in cui queste sottolineavano che l’interpretazione resa dal Tribunale con riguardo all’art. 4, par. 3 della direttiva quadro 2007/46/CE era errata. Conformemente alle conclusioni, la Corte ha ravvisato un errore di diritto della sentenza di primo grado sul punto, ritenendo il regolamento impugnato non limitativo dell’esercizio delle competenze degli enti locali in materia di regolazione della circolazione dei veicoli per finalità ambientali. Per il resto, la sentenza della Corte si discosta dalle conclusioni. Senza ulteriori approfondimenti, la Corte ha riconosciuto un difetto di interesse a ricorrere delle città menzionate. Secondo la Corte, infatti, non era ravvisabile, nel caso di specie, un impedimento all’esercizio di competenze a danno di enti di diritto pubblico. Essendo le città ricorrenti prive di poteri in materia di omologazione, le disposizioni impugnate non impedivano in alcun modo l’adozione di misure regolative della circolazione dei veicoli per finalità ambientali. Ritenendo che le città ricorrenti non avessero dimostrato di essere direttamente interessate dal regolamento impugnato, la Corte ha pertanto annullato la sentenza di primo grado «nella parte in cui il Tribunale ha respinto le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione e ha dichiarato ricevibili i ricorsi in primo grado» (punto 103 della sentenza della Corte).

L’analisi della Corte risulta in linea con la giurisprudenza consolidata in tema di interesse diretto a ricorrere di una persona giuridica di diritto pubblico. I precedenti della Corte di giustizia chiariscono infatti che la titolarità di tale interesse sia ravvisabile a condizione che l’ente pubblico ricorrente sia ostacolato nell’esercizio delle proprie competenze, e pertanto totalmente privato di discrezionalità, a causa di un atto normativo dell’Unione. Benché le riflessioni dell’AG sul nesso tra regole dell’Unione relative all’omologazione dei veicoli e limiti alla circolazione imposti dagli enti locali apparissero tutto sommato forzate, la Corte avrebbe potuto valutare in maniera più approfondita se gli obblighi di contrasto all’inquinamento e di lotta al cambiamento climatico, direttamente imposti dall’Unione agli enti infrastatali, debbano implicare il riconoscimento a questi enti di una più ampia legittimazione a ricorrere, ai sensi dell’art. 263, 4° c., TFUE.