Le status d’intervenant et son « retour vers le futur » dans le renvoi au Tribunal suivant un pourvoi

Lo status di interveniente e il suo “ritorno al futuro” nel giudizio di rinvio a seguito di impugnazione

The Application for Leave to Intervene, “Back to the Future” in the Referral to the General Court Following an Appeal Procedure

 

Nel procedimento dinanzi alla Corte di giustizia e al Tribunale dell’Unione, vicende particolarmente articolate possono offrire l’occasione per rispondere a quesiti processuali almeno in parte imprevisti. È quanto può dirsi delle ordinanze emesse nelle cause C-31/22 P(I) (ordinanza “Atlas” nelle citazioni, d’ora in poi), C-32/22 P(I) (ordinanza “AB Inbev” nelle citazioni, d’ora in poi) e C-74/22 P(I) (ordinanza “Soudal” nelle citazioni, d’ora in poi), con cui la Corte ha cassato un orientamento parzialmente “ribelle” del Tribunale circa la conservazione dello status di intervenienti in capo a soggetti intervenuti, per la prima volta, in pendenza del giudizio di impugnazione (per un commento a caldo sulla vicenda, v. J. T. Nowak, 2022).

La vicenda trae origine dalla sentenza con cui il Tribunale si è espresso sulle cause riunite T-131/16 e T-263/16, Belgio c. Commissione, annullando una decisione della Commissione mediante la quale una serie di esenzioni concesse dal Regno del Belgio erano state qualificate come aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno (sia consentito rinviare alla pronuncia del Tribunale per un resoconto dettagliato del merito della vicenda, che non occorre ricostruire in questa sede). A seguito dell’impugnazione di questa sentenza, proposta dalla Commissione e instauratasi dinanzi alla Corte con il numero di causa C-337/19 P, una lunga serie di società originariamente beneficiarie delle esenzioni contestate ha deciso di intervenire nel pourvoi, così da presentare le proprie osservazioni in merito. Accolte le istanze di intervento, la Corte ha poi proceduto ad annullare la sentenza impugnata, ritenendo che il Tribunale avesse commesso molteplici errori di diritto.

La particolarità della vicenda in esame nasce, anzitutto, dal fatto che la Corte abbia optato per un annullamento con rinvio, così investendo nuovamente il giudice di prime cure della controversia e vincolandone l’emananda decisione ai principi di diritto statuiti in sede di pourvoi. A valle di questa scelta, il maggior problema di “coordinamento” tra le due giurisdizioni si è manifestato nel profilo, squisitamente processuale, relativo alle parti intervenute per la prima volta nel giudizio di impugnazione. Queste ultime – desiderando esprimersi, nell’ambito del giudizio di rinvio, «sulle conclusioni da trarre dalla sentenza della Corte» – hanno infatti presentato le proprie osservazioni a norma dell’art. 217, par. 1, del regolamento di procedura del Tribunale (“RP Trib.”, d’ora in avanti). Tuttavia, con lettera del 6 dicembre 2021, il cancelliere del Tribunale ha comunicato alle parti coinvolte che il presidente di sezione rifiutava l’acquisizione delle loro osservazioni, a motivo del fatto che le stesse «non costituivano un documento previsto dal regolamento di procedura del Tribunale» (la lettera in questione non è pubblicata, ma v. punto 20 in ciascuna delle tre ordinanze della Corte oggetto del presente contributo). Le società interessate hanno così introdotto dei nuovi pourvois, stavolta impugnando il diniego (rectius, i dinieghi) del Tribunale di conservare, in capo ad essi, lo status di intervenienti di cui avevano già goduto nel precedente giudizio dinanzi alla Corte (v. qui, qui e qui le sintesi dei ricorsi presi in esame nel presente lavoro). È proprio in risposta a tali nuove impugnazioni che la Corte stessa ha emesso tre ordinanze “gemelle”, nelle quali ha annullato le corrispondenti decisioni del Tribunale, correggendone l’orientamento secondo il principio – a questo punto consolidato – per cui la parte che sia intervenuta per la prima volta in sede di impugnazione conserva automaticamente tale status processuale anche nell’eventuale giudizio di rinvio davanti al giudice di prime cure.

L’approdo alla soluzione di cui si è appena dato conto ha implicato, nel caso di specie, il chiarimento di due interessanti questioni processuali.

In primo luogo, l’impugnabilità della lettera con cui il Tribunale ha rifiutato l’acquisizione delle osservazioni presentate dalle parti appariva affatto scontata, richiedendo lumi circa l’interpretazione dell’art. 57, par. 1, dello Statuto della Corte (v., rispettivamente, punti 25-57 Atlas, punti 25-57 AB Inbev e punti 26-54 Soudal; per un commento alla citata disposizione v. C. Amalfitano, M. Condinanzi, P. Iannuccelli, 2018). È noto che tale disposizione consente l’impugnazione delle «decisioni del Tribunale che respingono un’istanza d’intervento»: una formulazione che, se interpretata in maniera restrittiva o anche solo letterale, parrebbe restringere il campo degli atti impugnabili alle sole decisioni con cui il Tribunale rigetti esplicitamente una previa richiesta formale di intervento di una parte. Ne seguirebbe che (come peraltro aveva sostenuto la Commissione nel caso di specie) la mera decisione di non acquisire delle osservazioni al dossier della causa rimarrebbe esclusa dal perimetro applicativo dell’art. 57, par. 1, dello Statuto, mancando tanto un’istanza formale di intervento quanto un esplicito rigetto di quest’ultima da parte del Tribunale. La Corte, nelle ordinanze in esame, si è invece discostata da tale approccio interpretativo, privilegiandone uno meno formalistico. Il giudice dell’impugnazione, infatti, ha ritenuto che la lettera del 6 dicembre 2021, pur comunicando un rifiuto di acquisire delle osservazioni, producesse i medesimi effetti sostanziali di una decisione di rigetto di un’istanza di intervento. Questo, secondo la Corte, depone necessariamente per l’impugnabilità di tale lettera sulla base dell’art. 57, par. 1, dello Statuto, l’inapplicabilità del quale «priverebbe la parte interessata di ogni tutela giurisdizionale che le consenta di difendere dinanzi al Tribunale i [propri] diritti processuali» (v., rispettivamente, punto 41 Atlas, punto 41 AB Inbev e punto 42 Soudal).

In secondo luogo, la possibilità di configurare la “sopravvivenza” automatica dello status di interveniente nel giudizio di rinvio passava, necessariamente, per l’interpretazione da conferire all’art. 217, par. 1, RP Trib., il quale conferisce alle «parti nel procedimento dinanzi al Tribunale» il diritto di presentare le proprie osservazioni in merito alla decisione con cui la Corte annulli una precedente pronuncia del giudice di prime cure. Il giudice del pourvoi ha individuato la premessa fondamentale del proprio ragionamento, sul punto, nella sostanziale continuità che lega il giudizio di impugnazione a quello di rinvio. Secondo la Corte, tale rapporto di continuità è evidenziato: i) dal fatto che la decisione di annullamento in sede di pourvoi investa direttamente il Tribunale della controversia (art. 215 RP Trib.); ii) dalla circostanza che il termine per la presentazione di osservazioni decorra proprio dalla pronuncia di annullamento (art. 217 RP Trib.); iii) dal fatto che, in sede di rinvio, il Tribunale sia tenuto a provvedere sulle spese anche con riguardo al giudizio dinanzi alla Corte (art. 219 RP Trib.); iv) dal vincolo cui il giudice del rinvio è soggetto in relazione ai principi di diritto statuiti nel procedimento di impugnazione (art. 61 dello Statuto). L’esistenza di siffatta continuità nei procedimenti postula, nel ragionamento della Corte, una continuità nel contraddittorio tra tutte le parti coinvolte, contraddittorio alla cui garanzia presiede, tra le altre disposizioni, anche l’art. 217, par. 1, RP Trib. (v. punti 75-76 Atlas, punti 75-76 AB Inbev e punti 103-104 Soudal). In particolare, il “faro” interpretativo per casi come quello di specie deve essere, per il giudice dell’Unione, quello dell’interesse della parte, la cui tutela va assicurata in ogni stadio del processo “comunitario” fintantoché esso permane (sull’interesse di parte nell’ambito del pourvoi v. M. Condinanzi, R. Mastroianni, 2009; C. Naômé, 2016). La Corte riconosce, infatti, che sarebbe quantomeno inidoneo a garantire detta tutela uno scenario in cui un soggetto venga prima autorizzato a intervenire dinanzi alla Corte in virtù della sussistenza di un suo interesse individuale, ma poi non sia legittimato a presentare le proprie osservazioni dinanzi al Tribunale in merito alla sentenza di annullamento che, evidentemente, su quell’interesse impatta (v. punti 77-80 Atlas, punti 77-80 AB Inbev e punti 105-108 Soudal). Su tutti questi presupposti, dunque, il giudice dell’impugnazione ha stabilito che la nozione di «parti nel procedimento dinanzi al Tribunale» debba ricomprendere, necessariamente e automaticamente, anche coloro che sono intervenuti per la prima volta in sede di pourvoi, così da riconoscere anche a questi ultimi il diritto a veder acquisite le proprie osservazioni (v. punti 93-96 Atlas, punti 93-96 AB Inbev e punti 121-124 Soudal).

Le ordinanze in esame sembrano poter essere accolte con favore sotto diversi punti di vista.

Anzitutto pare trasparire, da parte della Corte, una visione organica del contenzioso dinanzi alle giurisdizioni “comunitarie”, in cui procedimenti – pur a volte molto diversi per natura e obiettivi – svolti davanti alle due istanze di Lussemburgo concorrono, in realtà, alla composizione di un quadro unitario. Ciò è sicuramente un fattore positivo, ove non può che contribuire a una trattazione (almeno processuale) coerente di una medesima controversia o di controversie tra loro connesse, specialmente per quanto attiene ai soggetti coinvolti.

In secondo luogo, la scelta di legare la sussistenza dello status di interveniente alla permanenza dell’interesse ad agire (rectius, ad intervenire) della parte sembra in grado di produrre un approccio particolarmente elastico, per non dire taylor made, nella valutazione di casi come quello di specie. Se, infatti, a guidare la scelta dei giudici di Lussemburgo deve essere l’esistenza di un interesse individuale che venga, in qualche modo, inciso dalla sentenza della Corte in sede di pourvoi, è chiaro che solo un’accurata valutazione caso per caso di tale interesse può correttamente condurre al riconoscimento (o mancato riconoscimento) del diritto processuale di presentare – e veder acquisite – le proprie osservazioni nell’ambito del giudizio di rinvio.

Infine, le ordinanze esaminate nel presente contributo hanno il merito di aver ricomposto un orientamento giurisprudenziale che rischiava di divenire eccessivamente frammentario. La prassi preesistente del Tribunale (operante in qualità di giudice del rinvio dopo una decisione della Corte in sede di impugnazione) andava, infatti, esente da problemi quanto al riconoscimento dello status di intervenienti a soggetti che fossero intervenuti, per la prima volta, allo stadio del giudizio di pourvoi (v., ad es., quanto statuito in T-399/11 RENV, in T-586/14 RENV e in T-231/15 RENV). Tale apparente solidità giurisprudenziale era stata, tuttavia, incrinata dall’ordinanza del 16 giugno 2020, nella causa T-137/16 RENV, con cui il Tribunale aveva ritenuto che «les termes “parties à la procédure devant le Tribunal” ne visent que les parties principales ainsi que, le cas échéant, les parties admises en intervention par le Tribunal», così escludendo i soggetti intervenuti dinanzi alla Corte dall’applicazione dell’art. 217, par. 1, RP Trib. (v. punti 20-21 della segnalata ordinanza). Un ulteriore revirement era poi avvenuto, qualche mese più tardi, nelle cause riunite T-515/13 RENV e T-719/13 RENV, in cui il Tribunale (curiosamente, giudicante nella stessa sezione della causa precedentemente segnalata, ma in differente composizione) aveva ritenuto di conservare il controverso status di intervenienti in capo ad alcune parti private, proprio sulla base della permanenza di un loro interesse a esprimersi sulle conseguenze della pronuncia della Corte in sede di impugnazione (v. punti 62-65 della sentenza citata). Infine, la vicenda processuale oggetto del presente contributo aveva avuto origine, come già visto, da un nuovo rifiuto del giudice del rinvio di applicare l’art. 217, par. 1, RP Trib. alle parti coinvolte, per di più comunicato “atipicamente” per mezzo di una lettera del cancelliere. Dinanzi a un orientamento che rischiava, dunque, di presentarsi come ondivago, l’intervento della Corte mediante le ordinanze qui esaminate deve essere valutato positivamente, poiché si pone come un punto fermo e ormai consolidato nella prassi processuale che il Tribunale dovrà seguire e contribuisce, pertanto, a una migliore garanzia del principio della certezza del diritto nel contenzioso dinanzi al giudice dell’Unione.