L’obligation d’indépendence de l’avocat vis-à-vis le droit à un recours effectif dans une récent decision de la CJEU sur l’admission du pourvoi ex art. 58 bis du Statut

L’indipendenza dell’avvocato e il diritto ad un ricorso effettivo in una recente pronuncia della CGUE sull’ammissibilità dell’impugnazione ex art. 58 bis dello statuto

Independence of lawyers and right to an effective remedy in a recent decision of the CJEU on the admissibility of an appeal pursuant to art. 58 bis of the Statute

 

Lo scorso 8 maggio 2023, la Corte di giustizia (CG) si è pronunciata sull’ammissibilità di un’impugnazione promossa, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia (St.), dallo Studio Legale Ughi e Nunziante contro l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) (Corte giust., 8 maggio 2023, Studio Legale Ughi e Nunziante c. EUIPO, causa C-776/22 P).

Ad essere impugnata è stata l’ordinanza emessa il 10 ottobre 2022 dal Tribunale dell’Unione europea (non pubblicata), con la quale ha rigettato la domanda di annullamento, proposta ex art. 263 TFUE, dallo Studio Legale Ughi e Nunziante della decisione della commissione di ricorso di EUIPO relativa alla decadenza del suo omonimo marchio.

Trattandosi di impugnazione di una decisione del Tribunale avente ad oggetto una decisione di una commissione di ricorso indipendente, la CG è stata chiamata a valutarne l’ammissibilità in virtù di quanto sancito dall’art. 58 bis St., il cui terzo paragrafo stabilisce che l’impugnazione sia ammessa solo laddove sollevi «una questione importante per l’unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell’Unione».

Tali requisiti devono essere messi in luce dal ricorrente stesso, nella domanda di ammissione che è tenuto ad allegare al ricorso, ai sensi dell’art. 170 bis del regolamento di procedura della Corte di giustizia (RP CG). La domanda di ammissione deve contenere tutti gli elementi necessari alla CG per statuire su di essa, potendo altrimenti dichiararla irricevibile.

Nella vicenda dello Studio Legale Ughi e Nunziante, l’ordinanza del Tribunale oggetto di impugnazione ha rigettato la loro domanda per motivi procedurali, avendo i giudici ritenuto che non fosse integrato il requisito di indipendenza dell’avvocato stabilito dall’art. 19 St.

I motivi di impugnazione proposti e il giudizio di ammissibilità della CG

I motivi di impugnazione addotti dai ricorrenti sono tre.

Con il primo i ricorrenti lamentano che, in violazione degli artt. 119 e 126 del regolamento di procedura del Tribunale (RP Trib.), i giudici hanno omesso di motivare il rigetto della domanda di annullamento, nella parte in cui hanno ritenuto che un avvocato, membro dello studio legale ricorrente, non rispettasse il requisito di indipendenza sancito dall’art. 19 St. Ad avviso della CG i ricorrenti, pur avendo chiarito l’errore di diritto, non hanno fornito elementi sufficienti a chiarire in quale modo la mancata motivazione da parte del Tribunale integrerebbe i requisiti di sanciti dall’art. 58 bis St.

Il secondo motivo di impugnazione viene invece fondato sulla violazione degli artt. 19 St. e 51 RP Trib.: secondo i ricorrenti, infatti, il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di tenere in considerazione la precedente giurisprudenza della CG in materia di indipendenza, laddove essa ha evidenziato come l’indipendenza degli avvocati abbia come obiettivo la miglior tutela e difesa degli interessi del cliente. Ora, secondo i ricorrenti, non vi sono ragioni per stabilire in maniera aprioristica che un avvocato, membro di uno studio legale, non possa rispettare tale requisito, soprattutto in considerazione del fatto che, nell’ordinamento italiano (in cui i protagonisti della vicenda operano), lo svolgimento di attività forense è per legge incompatibile con qualsiasi rapporto di lavoro dipendente. I ricorrenti evidenziano peraltro che la CG ha riconosciuto nel caso PJ e PC c. EUIPO (Corte giust., 24 marzo 2022, PJ e PC c. EUIPO, cause C-529/18 P e C-531/18 P) come la sola presenza di un vincolo contrattuale di diritto civile tra avvocato e ricorrente non sia elemento sufficiente ad escludere l’indipendenza del primo.

La CG dichiara ammissibile tale motivo, riconoscendo l’importanza della questione, la cui decisione è destinata ad impattare non solo sulla vicenda specifica del ricorrente, ma su potenzialmente molte altre, essendo quindi rilevante per l’unità, la coerenza e lo sviluppo dell’Unione come richiesto dall’art. 58 bis St.

Parimenti importante è la questione sollevata dal terzo motivo di impugnazione: dopo aver ritenuto non integrato il requisito di indipendenza dell’avvocato, il Trib. ha automaticamente dichiarato irricevibile il ricorso, senza fornire al ricorrente la possibilità di regolarizzare la propria situazione. Lo Studio Legale sostiene che ciò violi il diritto di accesso al giudice e dunque degli artt. 47 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CdfUE) e la CG riconosce l’importanza della questione, vista la portata generale che una decisione sul punto potrebbe avere, interessando, potenzialmente, qualsiasi vicenda in cui una parte ha bisogno, per partecipare ad un giudizio dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, di essere rappresentata da un avvocato.

Si fa peraltro notare che le medesime questioni proposte con il secondo e terzo motivo avevano costituito oggetto di un’ordinanza della CG del gennaio 2023 in un diverso procedimento, nel quale già ne aveva evidenziato l’importanza (Corte giust., 30 gennaio 2023, Bonnanwalt Vermögens- und Beteiligungsgesellschaft mbH c. EUIPO, causa C-580/22 P).

Alcune osservazioni critiche

La pronuncia presa in esame pone l’attenzione su due diversi profili procedurali.

Il primo riguarda il funzionamento del filtro di ammissibilità stabilito dall’art. 58 bis St.: entrato in vigore con la riforma dello Statuto del 2019 operata dal Reg. (UE/Euroatom) 2019/629, tale meccanismo impone una valutazione da parte della CG per quelle controversie che siano già state oggetto di due diverse pronunce, da parte, dapprima di una commissione di ricorso indipendente e, poi, del Tribunale, con l’obiettivo dichiarato di ridurre il carico di lavoro della CG.

Con una serie di pronunce, nel cui filone quella oggetto di analisi si inserisce, la CG ha chiarito la portata del combinato disposto dell’art. 58 bis St. e 170 bis RP CG, stabilendo che non è sufficiente che il ricorrente individui con chiarezza le violazioni di diritto poste a fondamento dei propri motivi di ricorso. Grava infatti su di lui un ulteriore e specifico onere probatorio, che gli impone di dimostrare che le questioni di diritto sollevate sono importanti per l’unità, la coerenza e lo sviluppo del diritto dell’Unione. Ad avviso della CG ciò si verifica quando la portata di una tale questione travalica i confini della controversia specifica nella quale viene sollevata, potendo incidere su una più ampia casistica (Corte giust., 18 aprile 2023, Shopify/EUIPO, causa C-751/22 P; Corte giust., 16 novembre 2022, EUIPO/Nowhere, causa C-337/22 P), in un’interpretazione della nozione contenuta dall’art. 58 bis St. che pare coerente con il ruolo attribuito alla Corte dai Trattati e in particolare dall’art. 19, par. 1 TUE.

Per quanto concerne il secondo profilo, l’ordinanza in oggetto apre la strada ad una nuova pronuncia circa la nozione di indipendenza dell’avvocato ai sensi dell’art. 19 St., già oggetto di numerosi provvedimenti della CG. La più recente giurisprudenza della CG, a cui ad avviso dei ricorrenti il Tribunale non si sarebbe uniformato, è ormai chiaramente orientata nel senso di dare maggiore rilevanza all’effettiva tutela del diritto di difesa del ricorrente: non è dunque necessario accertare la totale assenza di legami tra avvocato e cliente, ma assicurarsi che l’eventuale legame esistente non pregiudichi la capacità del professionista di svolgere il proprio mandato nel pieno rispetto delle regole deontologiche e professionali e nell’interesse del cliente. In applicazione di questo criterio, è stata ad esempio riconosciuta l’indipendenza di un professore di diritto che ha rappresentato la propria università (Corte giust., 14 luglio 2022, Universität Bremen c. REA, causa C-110/21; Corte giust., 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia c. REA, cause C-515/17 P e C-561/17 P), non rilevando l’esistenza di un rapporto contrattuale tra di essi.

Ancora diversa è la situazione, sulla quale la CG ha già avuto modo di pronunciarsi (PJ e PC c. EUIPO), in cui il cliente rappresentato dall’avvocato è lo stesso studio legale nella cui organizzazione l’avvocato è inserito. In tal caso, ad avviso della CG è necessario operare un’ulteriore valutazione circostanziale, verificando se, per i rapporti esistenti, l’avvocato sia effettivamente in grado di essere terzo rispetto al cliente o se quest’ultimo sia in grado di condizionarne l’operato. In quest’ultimo caso, anche in assenza di un formale rapporto di subordinazione lavorativa, l’avvocato non potrà essere considerato indipendente.

Da tale orientamento dovrebbe quindi desumersi, a contrario, che laddove il cliente non sia in alcun modo nelle condizioni di direzionare l’operato del proprio difensore, il requisito di indipendenza non sarebbe in alcun modo messo a rischio.

Una riflessione conclusiva merita anche l’ultimo aspetto su cui la CG sarà chiamata a pronunciarsi, vale a dire il rapporto tra dichiarazione di irricevibilità di un ricorso proposto da un avvocato non indipendente e tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’art. 47 CdfUE. Il tema non è completamente nuovo essendo stato oggetto di uno specifico motivo di impugnazione anche nella già menzionata causa PJ e PC c. EUIPO: in quell’occasione, la CG ha rigettato l’argomento fornito dai ricorrenti, evidenziando come la mancanza di indipendenza da parte dell’avvocato non costituisca una delle ipotesi previste dallo Statuto o dal regolamento di procedura del Tribunale ai fini della possibile regolarizzazione degli atti introduttivi. Conseguentemente, in assenza di disposizioni che impongano al giudice europeo di informare le parti a riguardo, non può ricavarsi dalla pronuncia di irricevibilità una violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva.

Tale ragionamento solleva tuttavia alcune perplessità, rivelando un approccio eccessivamente formalistico nella valutazione di conformità ad una norma contenuta nella CdfUE.

In particolare, la CG pare invertire il rapporto tra parametro e norma di cui considerare la conformità: afferma infatti che non sussiste una violazione dell’art. 47 CdfUE poiché le norme procedurali non prevedono la possibilità di regolarizzare il caso in cui l’avvocato sia considerato non indipendente. Così facendo, però, subordina, di fatto, la verifica del rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva alla sussistenza di una norma predeterminata che tale tutela garantisca. In altre parole, la CG sembra dire che solo laddove ci fosse una previsione nello Statuto o nelle regole di procedura del Tribunale che consentisse la menzionata regolarizzazione, allora, laddove tale norma non fosse rispettata, si potrebbe verificare una violazione dell’art. 47 CdfUE.

In attesa di conoscere le determinazioni della CG sul medesimo punto nella vicenda Studio Legale Ughi e Nunziante, pare evidente, tuttavia, che in questo modo la portata del principio/diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva risulta eccessivamente ridimensionata.