Recevabilité des recours des personnes physiques ou morales contre les lignes directrices de la Commission dans le domain des aides d’État
CJUE, arrêt 13 juillet 2023, affaires jointes C-73/22 P e C-77/22 P, Grupa Azoty et autres c. Commission − Advansa Manufacturing et autres c. Commission et Dralon
Ricevibilità dei ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro orientamenti della Commissione nel settore degli aiuti di Stato
Admissibility of actions brought by natural or legal persons against the Commission Guidelines on State aid matters
Con la sentenza del 13 luglio 2023, la Corte di giustizia ha rigettato gli appelli proposti avverso le ordinanze del Tribunale del 29 novembre 2021 (nelle cause T-726/20 e T‑741/20) che dichiaravano irricevibili i ricorsi di imprese operanti, rispettivamente, nel settore della produzione di composti azotati e concimi (Grupa Azoty e a.) e nel settore della produzione di fibre sintetiche e artificiali (Advansa Manufacturing e a.), volti all’annullamento parziale della Comunicazione della Commissione “Orientamenti relativi a determinati aiuti di Stato nell’ambito del sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra dopo il 2021” (a seguire gli “Orientamenti”).
Le cause riunite C-73/22 P e C-77/22 P hanno fornito alla Corte l’occasione per affrontare il problema della ricevibilità dei ricorsi di persone fisiche o giuridiche contro orientamenti della Commissione. Il caso è interessante perché ha prestato il fianco a due diversi approcci: quello che premette verificare se gli orientamenti della Commissione costituiscano un atto impugnabile ai sensi dell’art. 263, 1° c., TFUE; quello che predilige valutare se una persona fisica o giuridica sia legittimata a impugnare questo tipo di atto, ai sensi dell’art. 263, 4° c., TFUE. Il Tribunale e la Corte hanno giudicato la ricevibilità dei ricorsi nella seconda prospettiva indicata.
La questione si iscrive nell’ambito del sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell’Unione (“EU ETS”), istituito per promuoverne la riduzione con direttiva 2003/87, modificata dalla direttiva 2018/410 con proroga al periodo 2021‑2030. La direttiva prevede che gli Stati adottino misure finanziarie per sostenere gli operatori dei settori coinvolti, purché queste siano conformi alle norme sugli aiuti di Stato e non causino distorsioni della concorrenza sul mercato interno (art. 10 bis, par. 6). Negli Orientamenti, la Commissione «stabilisce le condizioni alle quali le misure di aiuto nel contesto dell’EU ETS possono essere considerate compatibili con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato» (punto 7). Ribadendo la necessità, per evitare distorsioni della concorrenza, di circoscrivere gli aiuti ai settori esposti a un rischio concreto di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (punto 21), la Commissione ha individuato detti settori nell’elenco di cui all’allegato I degli Orientamenti. Tra quelli elencati, non sono previsti i settori in cui operano le ricorrenti, che erano invece inclusi nell’allegato II degli orientamenti 2012 (applicabili sino al 31 dicembre 2020).
Nel dicembre 2020 le ricorrenti proponevano ricorsi al Tribunale per l’annullamento dell’allegato I degli Orientamenti, laddove escludeva i settori nei quali esse sono attive; la Commissione, dal canto suo, eccepiva l’irricevibilità dei ricorsi con atto separato ai sensi dell’art. 130 del regolamento di procedura del Tribunale.
Con le ordinanze gemelle del 2021, il Tribunale ha dichiarato i ricorsi irricevibili ritenendo le ricorrenti non direttamente interessate dagli Orientamenti, così come eccepito dalla Commissione. Esso ha infatti ricordato che, ai sensi dell’art. 263, 4° c., TFUE, una persona fisica o giuridica ha legittimazione ad agire contro un atto di cui non è destinataria in due ipotesi: (i) se l’atto la riguarda direttamente e individualmente; (ii) se si tratta di un atto regolamentare che non comporta misure di esecuzione e la riguarda direttamente. Muovendo da questa premessa, il Tribunale ha quindi affrontato la questione della ricevibilità dei ricorsi ritenendo necessario esaminare se la situazione delle ricorrenti, non destinatarie dell’atto impugnato, rientrasse in una delle due ipotesi indicate, entrambe condizionate dall’elemento dell’incidenza diretta dell’atto nei loro confronti. Quindi, ha rammentato che, secondo costante giurisprudenza, la verifica dell’incidenza diretta ex art. 263, 4°c., TFUE richiede due criteri cumulativi: che l’atto produca direttamente effetti sulla situazione giuridica delle ricorrenti; che non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione (ordinanze, punti 26-29).
Il Tribunale ha concentrato la propria analisi sulla prima di queste condizioni. Esso ha preliminarmente chiarito che gli orientamenti sono un atto della Commissione destinato alla Commissione, nel senso che con l’adozione di questo atto essa autolimita il proprio potere discrezionale e si impegna ad attenersi a quanto ivi previsto per condurre la propria azione (punti 32-34). Nel caso di specie, l’indicazione alla quale si vincola la Commissione consiste nel ritenere compatibili con il mercato interno misure erogate dallo Stato verso imprese operanti nei settori elencati nell’allegato I. Sebbene le ricorrenti operino in settori non inclusi nell’elenco, ciò non significa automaticamente che gli Orientamenti le riguardino direttamente (punto 35). Solo laddove la Commissione, in applicazione degli Orientamenti, adottasse una decisione di incompatibilità di un aiuto a favore delle ricorrenti, allora quella decisione produrrebbe effetti direttamente sulla loro situazione giuridica (punti 36-37). A conferma di questa conclusione, il Tribunale ha aggiunto che, nel caso in cui uno Stato membro decidesse di non adottare alcuna misura coperta dagli Orientamenti, questi non avrebbero alcun effetto sulle ricorrenti (punto 38).
Pertanto, gli Stati membri rimarrebbero liberi, quantomeno “da un punto di vista giuridico”, di notificare alla Commissione aiuti in favore di imprese appartenenti a settori diversi da quelli elencati, dimostrando che i requisiti dell’art. 107, par. 3, lett. c), TFUE siano soddisfatti (punti 39-41). Pur riconoscendo l’elevata probabilità, in tal caso, di una decisione della Commissione di incompatibilità, il Tribunale ha ribadito che solo una tale decisione potrebbe essere impugnata dalle ricorrenti (come anche dallo Stato destinatario della decisione; punti 42-43). Rimarcando che spetta agli Stati membri decidere quali misure di sostegno alle imprese adottare rispetto a settori esposti a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, il Tribunale ha concluso che le ricorrenti non erano direttamente interessate dagli Orientamenti, venendo così meno la necessità di verificare il secondo criterio per la legittimazione ad agire (punti 47-48).
Così impostata, la questione ha riguardato la legittimazione delle ricorrenti ad agire contro gli Orientamenti. Il Tribunale ha seguito la sua giurisprudenza sulla ricevibilità dei ricorsi in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente (v. ordinanze nelle cause T-670/14, Milchindustrie-Verband, e T-694/14, EREF, del 23 novembre 2015, non impugnate) adottando l’approccio che assume l’art. 263, 4° c., TFUE come base di partenza. Non così, invece, l’Avvocato Generale (A.G. nel proseguio).
Nelle Conclusioni presentate il 2 marzo 2023, l’A.G. Pikamäe ha, in sostanza, suggerito alla Corte di respingere le impugnazioni e non annullare le ordinanze di irricevibilità. Tuttavia, nel fare ciò, egli ha adottato un diverso approccio, criticando quello del Tribunale: a suo avviso, piuttosto – e prima – che verificare se le ricorrenti siano direttamente interessate dagli Orientamenti, occorrerebbe verificare se questi costituiscano “atto impugnabile” ex art. 263, 1° c., TFUE, sebbene l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione non riguardasse questo aspetto (Conclusioni, punto 37).
Con valutazioni affini a quelle del Tribunale sulla portata degli orientamenti (ossia nel senso di intenderli come atti che limitano il potere discrezionale del loro autore, punti 42-43 e 66), l’A.G. ha insistito sulla non impugnabilità degli stessi (punti 37-51), con considerazioni di rilievo. In particolare, secondo l’A.G., riconoscere che gli orientamenti in materia di aiuti producano effetti giuridici vincolanti prima che uno Stato abbia notificato una misura di aiuto e prima che la Commissione abbia giudicato detta misura incompatibile con il mercato interno minerebbe la centralità della notifica nel sistema di controllo degli aiuti (punti 46-47). Inoltre, ciò minerebbe anche il principio per cui gli orientamenti non possono incidere sul diritto primario (rectius, gli orientamenti vincolano l’operato della Commissione nella misura in cui rispettino le previsioni dei Trattati, non possono dunque interpretarsi in modo da restringerne la portata): la decisione della Commissione, prendendo atto della situazione fattuale ed economica esistente, determina la portata dell’art. 107 TFUE nel singolo caso, potendo discostarsi dagli orientamenti al fine di rispettare le previsioni dei Trattati (punti 49-50).
Quindi, l’A.G. ha ritenuto erroneo considerare gli Orientamenti un atto impugnabile, come avrebbe implicitamente fatto il Tribunale (punti 52-64). Egli ha proposto alla Corte un’interpretazione secondo cui gli Orientamenti non possono produrre effetti giuridici vincolanti (in quanto strumenti di soft law) e non costituiscono dunque atto idoneo a formare oggetto di ricorso ex art. 263 TFUE (punto 69).
La sentenza della Corte di giustizia risulta dunque interessante non solo perché è la prima volta che la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla ricevibilità di ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche avverso orientamenti della Commissione (così risulta da Conclusioni, punti 31-32, secondo cui gli altri ricorsi sarebbero contro decisioni), ma ancor più perché definisce l’approccio con cui affrontare detta questione, con implicazioni non solo dal punto di vista procedurale.
Senza indugi su questioni interpretative, la Corte ha affrontato i motivi sollevati dalle ricorrenti contro le ordinanze (insufficienza di motivazione ed errore di diritto), confermando l’iter logico del Tribunale.
Con riguardo all’insufficienza di motivazione, la Corte ha minuziosamente ripercorso l’analisi delle ordinanze, partendo da contenuto e contesto degli Orientamenti (sentenza, punti 36-43), per riconoscere che «il Tribunale ha svolto un ragionamento dettagliato che spiega in modo inequivoco il rigetto dell’argomento delle ricorrenti» (punto 40).
Per quanto riguarda poi l’errore di diritto, va ricordato che le ricorrenti lamentavano l’erronea premessa del Tribunale di considerare tutti gli orientamenti allo stesso modo (rectius, non vincolanti), mentre, piuttosto, nel caso di specie, la possibilità che uno Stato notifichi alla Commissione misure relative a settori diversi da quelli elencati nell’atto impugnato sarebbe puramente teorica (punto 51). Peraltro, non essendo gli Stati tenuti ad adottare misure di aiuto ai sensi della direttiva 2003/87, l’aiuto potrebbe non essere concesso e dunque non si avrebbe alcuna decisione della Commissione, cosa che, in confronto a una situazione in cui invece intervenga una decisione di incompatibilità dell’aiuto, renderebbe in pratica le ricorrenti prive di mezzi di ricorso (punti 53-54).
La Corte ha ricordato che l’adozione di orientamenti è espressione della competenza esclusiva della Commissione, che autolimita il proprio potere discrezionale (punti 58-59). Quindi, ha sviluppato la sua risposta a partire dall’art. 263, 4° c., TFUE (punti 60 ss.), in sostanza ripercorrendo quanto rilevato dal Tribunale, per sostenere che gli Orientamenti non privano le ricorrenti della possibilità di essere ammesse alla concessione di aiuti di Stato (punti 65 e 67), né di ottenere una tutela giurisdizionale effettiva, precisando che il diritto a un ricorso effettivo ex art. 47 CdfUE non impone l’impugnabilità degli Orientamenti (punti 69-70). Al riguardo, la Corte ha chiarito che i singoli devono poter beneficiare della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti loro riconosciuti dall’ordinamento dell’Unione, puntualizzando che «le norme di diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato riconoscono ai singoli il diritto a non subire una concorrenza falsata» (punto 71). Pertanto, la Corte ha ritenuto che il ragionamento del Tribunale non fosse viziato da errore di diritto, dichiarando infondato anche il secondo motivo di ricorso.
Nell’analizzare le posizioni delle parti e argomentare la soluzione, la Corte ha corroborato il ragionamento del Tribunale e la sua giurisprudenza pregressa, fissando un punto fermo sull’impugnabilità di orientamenti della Commissione da parte di potenziali beneficiari di aiuti di Stato.
Da quanto esposto, emerge che l’irricevibilità dei ricorsi è condivisa: la Corte ha avallato quanto statuito dal Tribunale e suggerito dall’A.G.. È, invece, controversa la base di partenza adottata, rispettivamente, dal Tribunale e dall’A.G., per sviluppare le motivazioni della conclusione raggiunta: per il Tribunale, difetta la legittimazione ad agire delle ricorrenti (art. 263, 4° c., TFUE); per l’A.G., non si tratta di “atto impugnabile” (art. 263, 1° c., TFUE).
Ancorché tale ultima proposta appaia lineare sotto un profilo logico-teorico, la Corte ha preferito seguire il ragionamento dal Tribunale (chiamato a pronunciarsi sull’eccezione della Commissione), puntando sulla legittimazione ad agire. Le conseguenze derivanti dai due differenti approcci non sono secondarie: la constatazione della mancanza di legittimazione ad agire comporta delle conseguenze solo in capo alle ricorrenti; quella della natura non impugnabile dell’atto implica delle conseguenze, per così dire, erga omnes. Dal punto di vista pratico, l’approccio seguito dalla Corte e, prima ancora, dal Tribunale, delimita l’attenzione al caso di specie, mentre l’orientamento opposto avrebbe richiesto di soffermarsi su questioni teoriche la cui soluzione avrebbe determinato ricadute di carattere generale. Nondimeno, dalle Conclusioni emergono elementi (ruolo della notifica e della decisione della Commissione nel controllo degli aiuti di Stato, punti 46-50; opportunità di allargare vie di accesso alla giustizia europea per i singoli, punto 72), utili per una riflessione sulla ratio del sistema degli aiuti e sul ruolo degli attori coinvolti, di cui la Corte pare aver tenuto debito conto.
Infatti, il silenzio della sentenza rispetto alle alternative teoriche proposte dall’A.G. rivela che la motivazione poggia proprio su alcuni punti comuni considerati sia nelle ordinanze del Tribunale che nelle Conclusioni. Ai fini della presente nota, ne prenderemo in considerazione due.
Il primo punto riguarda la portata degli orientamenti della Commissione. Senza soffermarsi sull’impugnabilità, la Corte ha comunque ribadito che con essi la Commissione autolimita il proprio potere discrezionale nel valutare le misure di aiuti (punti 58-59), come sostenuto sia dal Tribunale (punti 32-34) che dall’A.G. (punti 42-44).
Il secondo punto riguarda le conseguenze per le ricorrenti in termini di tutela giurisdizionale effettiva. Dal focus sulla legittimazione ad agire, il Tribunale ha dedotto che le ricorrenti potrebbero proporre ricorso avverso l’eventuale decisione della Commissione che (ancorché applicando tali Orientamenti) dichiarerebbe incompatibili misure in loro favore (punto 42). Dal canto suo, pur puntando sull’assenza di un “atto impugnabile”, l’A.G. ha comunque affrontato la questione dei mezzi di tutela giurisdizionale che residuerebbero per le ricorrenti, ricordando che il diritto riconosciuto dall’art. 47 CdfUE «non è inteso a modificare il sistema di tutela giurisdizionale effettiva previsto dai Trattati, e in particolare le norme relative alla ricevibilità dei ricorsi proposti direttamente dinanzi ai giudici dell’Unione» (punto 71).
La Corte ha, dunque, “condensato” tali valutazioni: da una parte, ha sposato quanto sostenuto dal Tribunale sulla mancata incidenza diretta degli Orientamenti rispetto alla situazione giuridica delle ricorrenti (punto 68); dall’altra, ha precisato che il fatto di non poter proporre un ricorso diretto contro gli Orientamenti non priva le ricorrenti di tutela giurisdizionale effettiva. In particolare: «il diritto processuale dell’Unione consente a una persona fisica o giuridica di dedurre l’illegittimità di orientamenti a sostegno di un ricorso proposto avverso un atto, adottato alla luce di tali orientamenti, che interessa detta persona in maniera da soddisfare le condizioni previste dall’articolo 263, quarto comma, TFUE (…)» (punto 70). Inoltre, nel caso – invocato dalle ricorrenti – in cui non vi siano misure notificate dallo Stato, «le ricorrenti non possono trovarsi, a causa di ciò, in una situazione concorrenziale di svantaggio rispetto ad altre imprese la cui attività economica si colloca nel medesimo settore di tali ricorrenti» (punto 71).
Da queste valutazioni emerge che i “grandi assenti” della vicenda, specie dal punto di vista procedurale, sono gli Stati membri. Tuttavia, come è strutturale nel sistema di controllo degli aiuti, è da loro che dipende in concreto la predisposizione di un aiuto e la notifica della misura progettata alla Commissione.
Il Tribunale ha riconosciuto che “da un punto di vista giuridico” gli Stati possono comunque dimostrare che un aiuto a favore di imprese operanti in settori diversi da quelli indicati negli Orientamenti è giustificato ex art. 107, par. 3, lett. c), TFUE (punto 41). L’A.G. ha richiamato la giurisprudenza secondo cui gli Stati conservano la facoltà di notificare alla Commissione progetti di aiuto che non soddisfano i requisiti previsti da orientamenti della Commissione (punto 43). La Corte ha, dunque, statuito che «nell’ambito dell’ETS, nulla impedisce ad uno Stato membro di notificare alla Commissione, a favore delle imprese di un settore economico non menzionato nell’allegato I», un progetto volto a ridurre un rischio concreto di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (punto 67, cors. agg.).
È nell’ambito di quel “nulla” che si gioca la partita, di cui gli Stati membri sono protagonisti indiscussi, chiamati ad effettuare valutazioni politico-economiche di particolare delicatezza, data la varietà di interessi che orbitano attorno a misure con obiettivi ambientali.
La sentenza della Corte fornisce se non altro un chiarimento procedurale, utile agli Stati membri per ponderare le implicazioni in concreto dell’adozione o meno di misure a sostegno di imprese operanti in settori diversi da quelli individuati dalla Commissione.