Irrecevabilité d’une demande de décision préjudicielle et obligation du juge national d’apporter une réponse utile aux questions qui lui sont posées par la Cour de justice de l’Union

Cour de justice, 22 juin 2023, affaires jointes C‑711/21 e C‑712/21, État belge (Éléments postérieurs à la décision de retour)

Irricevibilità di una domanda di pronuncia pregiudiziale e obbligo del giudice nazionale di fornire una risposta utile ai quesiti che gli sono posti dalla Corte di giustizia dell’Unione

Inadmissibility of a request for a preliminary ruling and obligation of the national judge to provide a useful answer to the questions submitted by the Court of Justice of the Union

 

Introduzione e breve richiamo alle vicende procedurali

La sentenza État belge (Elementi successivi alla decisione di rimpatrio) mette in evidenza degli aspetti importanti relativi alla ricevibilità di una domanda di pronuncia pregiudiziale e, più generalmente, sulla collaborazione fra i giudici nazionali e la Corte di giustizia dell’Unione europea (in prosieguo: la Corte di giustizia o la Corte).

In due cause distinte riguardanti due controversie fra due cittadini di paesi terzi e lo Stato belga, rappresentato dal secrétaire d’État à l’Asile et la Migration, relative alla legittimità delle decisioni di rimpatrio di cui tali due cittadini sono stati oggetto, il Consiglio di Stato belga ha sottoposto alla Corte di giustizia diversi quesiti pregiudiziali vertenti sull’interpretazione degli artt. 4, 7 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dell’art. 5, dell’art. 6, par. 6, e dell’art. 13 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (in GUUE L 348, 24.12.2008, p. 98).

Con decisione del presidente della Corte del 4 gennaio 2022, le cause C‑711/21 e C‑712/21 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza (v. art. 54 del regolamento di procedura della Corte di giustizia).

Il governo belga ha contestato la ricevibilità dei predetti quesiti pregiudiziali in quanto i ricorrenti nel procedimento nazionale avrebbero nel frattempo ottenuto un diritto di soggiorno nel territorio belga e, di conseguenza, perso l’interesse ad agire nei procedimenti davanti al giudice del rinvio.

La Corte ha pertanto invitato, conformemente all’art. 101 del regolamento di procedura della Corte di giustizia, il Consiglio di Stato belga, in quanto giudice del rinvio, a precisare se tali ricorrenti disponevano effettivamente del diritto di soggiorno e, in caso affermativo, se intendesse mantenere le sue questioni pregiudiziali.

Il Consiglio di Stato ha risposto ripetendo quanto esposto dall’avvocato dei ricorrenti, ovvero che, anche qualora fosse stato riconosciuto ai ricorrenti un diritto di soggiorno, se quest’ultimo non fosse stato prorogato, le autorità belghe avrebbero potuto riprendere il procedimento di rimpatrio sulla base delle decisioni esistenti che non erano state revocate. Il Consiglio di Stato ha, quindi, affermato di voler mantenere le sue questioni pregiudiziali.

Sul fondamento dell’art. 62, secondo comma, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, il giudice relatore e l’avvocato generale hanno dunque chiesto al governo belga delle informazioni sullo stato attuale delle decisioni di rimpatrio. Tale governo, da un lato, ha affermato, in sostanza, che dette decisioni di rimpatrio erano state abrogate dalle decisioni che concedevano un diritto di soggiorno ai ricorrenti nei procedimenti principali. D’altro lato, detto governo ha menzionato una giurisprudenza recente del Consiglio di Stato in forza della quale la decisione di rimpatrio di cui è oggetto un cittadino di un paese terzo scompare dall’ordinamento giuridico non appena viene riconosciuto un diritto di soggiorno a detto cittadino, il che comporta che il cittadino di cui trattasi è, quindi, privato dell’interesse richiesto per domandarne l’annullamento (punti 39 e 40).

In ragione della posizione divergente fra il giudice del rinvio e il governo belga, la Corte di giustizia ha nuovamente invitato il Consiglio di Stato ad indicare se intendesse mantenere le sue questioni pregiudiziali e, in caso affermativo, per quali ragioni.

Il Consiglio di Stato ha risposto che intendeva mantenere le sue questioni pregiudiziali, riferendosi, innanzitutto, alla posizione sostenuta dall’avvocato dei ricorrenti nei procedimenti principali, pur riconoscendo che il governo belga sosteneva una posizione contraria. In seguito, ha sottolineato che i procedimenti pendenti dinanzi ad esso erano sospesi in attesa della risposta della Corte e che, senza una nuova discussione in contraddittorio tra le parti in udienza e senza una nuova sentenza che risolvesse la questione del mantenimento dell’interesse dei ricorrenti nei procedimenti principali all’annullamento delle sentenze di rimpatrio, esso non poteva dichiarare che tali decisioni erano scomparse dall’ordinamento giuridico e che detti ricorrenti non avevano più interesse ad agire (punto 42).

 

La sentenza della Corte

Alla luce di tali vicende e della risposta del giudice del rinvio, la Corte di giustizia ha, innanzitutto, ricordato l’obbligo dei giudici nazionali di chiarire, se non risultano dal fascicolo, i motivi per i quali essi ritengono necessaria alla risoluzione della controversia nazionale la soluzione delle questioni pregiudiziali da loro poste (punto 32). In tal senso, se la Corte domanda dei chiarimenti al giudice nazionale, quest’ultimo deve rispondere nella maniera più completa possibile, se necessario, dopo aver sentito le parti del procedimento nazionale (punto 33).

Nel caso di specie, la Corte di giustizia ha ritenuto che il Consiglio di Stato non l’avesse posta in condizione di assicurarsi che, tenuto conto della comparsa degli elementi successivi alle decisioni di rimpatrio, le questioni pregiudiziali rimanessero pertinenti per l’esito dei ricorsi proposti dai ricorrenti nei procedimenti principali e, quindi, giustificate da una necessità inerente alla soluzione di tali controversie nazionali. La Corte ha sottolineato l’esistenza di tale carenza da parte del giudice del rinvio «nonostante» la sua «espressa richiesta» (punto 43).

In seguito, la Corte ha spiegato le ragioni per le quali la risposta del Consiglio di Stato non poteva considerarsi soddisfacente. In primis, la Corte di giustizia ha ricordato che lo strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali costituito dalla procedura pregiudiziale istituita dall’art. 267 TFUE implica che un giudice nazionale debba fornire, nella massima misura possibile, una risposta utile ai quesiti che gli sono posti dalla Corte (punto 44). Ne consegue che il giudice nazionale non deve riferirsi semplicemente alla posizione di una parte nel procedimento principale, senza precisare in che misura intenda o meno fare propri tali argomenti e se ne deduca che una risposta alla questione sollevata sia necessaria per consentirgli di emettere la propria decisione (punto 45).

La Corte ha aggiunto che la causa in questione si distingue da quella che ha dato luogo alla sentenza État belge (Elementi successivi alla decisione di trasferimento) esattamente per tali considerazioni. Infatti, in quest’ultima causa, il giudice del rinvio (il Consiglio di Stato belga) aveva risposto al quesito posto dalla Corte nel senso che la controversia dinanzi ad esso pendente continuava ad avere un oggetto; inoltre, in tale caso la Corte non era stata informata della giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato belga sopra richiamata, relativa all’incidenza, su una decisione di rimpatrio, del successivo riconoscimento del diritto di soggiorno al soggetto interessato (punto 49).

In secundis, per quanto riguarda la sospensione del procedimento nazionale, la Corte ha precisato che la decisione con cui il giudice del rinvio trasmette la domanda di pronuncia pregiudiziale sospende il procedimento nazionale, conformemente all’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia. Tuttavia, detta disposizione non può essere intesa nel senso che essa vieta a tale giudice del rinvio di sentire le parti relativamente alle risposte che occorre fornire ai quesiti che gli sono stati posti dalla Corte di giustizia (punto 46).

A tal riguardo, la Corte di giustizia ha ricordato che, come risulta da una giurisprudenza constante, una disposizione di diritto nazionale che impedisce la cooperazione ex art. 267 TFUE dev’essere disapplicata senza che il giudice interessato debba chiederne o attenderne la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (Peterbroeck, punto 13, nonché A.B. e a., punto 141). Tale giurisprudenza si applica anche alla fattispecie in esame: il Consiglio di Stato è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione del suo diritto nazionale che non gli consenta di fornire una risposta utile alle domande della Corte nell’ambito della procedura di cui all’art. 267 TFUE (punti 47 e 48).

Tenuto conto dell’insieme di tali considerazioni, la Corte di giustizia ha dichiarato le domande di pronuncia pregiudiziale irricevibili (punto 50).

 

L’obbligo di cooperazione del giudice nazionale di prendere posizione sugli argomenti delle parti

Secondo una giurisprudenza costante, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale, nel contesto di fatto e di diritto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Tuttavia, il procedimento di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere le controversie che essi sono chiamati a dirimere: in altre parole, la decisione pregiudiziale richiesta deve essere «necessaria» al fine di consentire al giudice del rinvio di «emanare la sua sentenza» nella causa della quale è investito. La ratio del rinvio pregiudiziale non risiede nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia (cfr. inter alia Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Unité familiale), punto 15 e giurisprudenza ivi citata).

Inoltre, quando le questioni poste dai giudici nazionali riguardano l’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire, a meno che non appaia in modo manifesto che la domanda di pronuncia pregiudiziale tende in realtà ad indurla a pronunciarsi mediante una controversia fittizia o a formulare pareri consultivi su questioni generali o astratte, che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con i reali termini o con l’oggetto della controversia, o ancora che la Corte non dispone degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (VEBIC, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

La giurisprudenza offre numerosi esempi di casi in cui la Corte di giustizia si è rimessa, nella maniera più ampia, all’apprezzamento del giudice nazionale per quanto riguarda la necessità delle questioni sottopostele. Ad esempio, nella celebre sentenza Wightman e a., il governo del Regno Unito e la Commissione avevano sostenuto che la questione pregiudiziale era irricevibile, in quanto ipotetica. La Corte ha, invece, affermato che spetta soltanto al giudice nazionale valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione di una norma giuridica dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (punto 26, con richiamo alle sentenze Gauweiler e a. (punto 24) e American Express (punto 31). La Corte ha concluso che, dato che il giudice del rinvio ha affermato di dover risolvere una questione di diritto, reale e attuale, che dà luogo ad una controversia e riveste una notevole importanza pratica, non spetta alla Corte né rimettere in discussione la valutazione del giudice del rinvio relativa alla ricevibilità del ricorso principale, che rientra, nell’ambito del procedimento pregiudiziale, nella competenza del giudice nazionale, né verificare se la decisione di rinvio sia stata adottata conformemente alle norme nazionali disciplinanti l’organizzazione giudiziaria e le procedure giurisdizionali (punti 29 e 30).

Si può pensare anche alla sentenza V. Nelle sue osservazioni scritte, il governo belga aveva fatto valere che le questioni pregiudiziali erano irricevibili, poiché sollevavano un problema meramente ipotetico. In risposta ad una richiesta di chiarimenti da parte della Corte di giustizia ai sensi dell’art. 101 del regolamento di procedura, il giudice del rinvio ha tuttavia indicato le circostanze della fattispecie adottando una posizione diversa da quella del governo belga (punti 23 a 25). In conseguenza, la Corte ha dichiarato tali questioni ricevibili.

In effetti, la Corte di giustizia protegge la natura del rinvio pregiudiziale come dialogo de juge à juge e, in varie occasioni, ha respinto delle eccezioni di irricevibilità, esaminando le questioni pregiudiziali in riferimento all’interpretazione del diritto nazionale operata dal giudice del rinvio, a prescindere dall’esistenza di un disaccordo tra le parti del procedimento principale in ordine all’interpretazione del diritto nazionale e dalle critiche rivolte all’interpretazione accolta dal giudice del rinvio (in tal senso, inter alia, Angelidaki e a., punto 51).

Se è vero che, come ricordato, la Corte di giustizia è, in via di principio, tenuta a statuire sui quesiti pregiudiziali, i quali godono di una presunzione di pertinenza, è necessario che il giudice nazionale di rinvio le fornisca l’insieme degli elementi per illustrare l’utilità di una decisione pregiudiziale ai fini della risoluzione di una controversia nazionale.

Ciò che differenzia la sentenza segnalata è il fatto che il Consiglio di Stato, nonostante la domanda espressa da parte della Corte di giustizia, non ha fornito una risposta adeguata e, in particolare, non ha preso posizione sugli argomenti delle parti. In tal modo, il giudice del rinvio è venuto meno all’obbligo di cooperazione ex art. 267 TFUE con la Corte, mettendo in pericolo il funzionamento stesso della procedura pregiudiziale.

La Corte ha, quindi, determinato la portata dell’obbligo imposto al giudice nazionale dall’art. 101 del regolamento di procedura, che prevede la domanda di chiarimenti al giudice del rinvio.

Tale disposizione è spesso utilizzata al fine di evitare che una domanda di pronuncia pregiudiziale sia dichiarata irricevibile o che la Corte si dichiari incompetente, in sostanza, per mancanza di uno degli elementi di cui all’art. 94 del regolamento di procedura, richiamati anche al punto 15 delle Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (2019/C 380/01).

A tal proposito, occorre ricordare che, quando il giudice del rinvio sottopone alla Corte di giustizia uno o più quesiti pregiudiziali, tale domanda deve contenere un’illustrazione sommaria dell’oggetto della controversia nonché dei fatti rilevanti, quali accertati dal giudice del rinvio o, quanto meno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni; il contenuto delle norme nazionali applicabili alla fattispecie e, se del caso, la giurisprudenza nazionale in materia; l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale.

Inoltre, il giudice del rinvio è tenuto a trasmettere alla cancelleria della Corte di giustizia anche il fascicolo del procedimento nazionale o una sua copia, a cui la Corte può aver accesso se necessario (a titolo d’esempio, v. Associação Sindical dos Juízes Portugueses, punto 25), in alternativa o in combinazione con la domanda di chiarimenti ex art. 101 del regolamento di procedura della Corte.

 

La sospensione del procedimento nazionale in ragione della decisione di rinvio pregiudiziale di cui all’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia

Un ulteriore aspetto rilevante della sentenza commentata riguarda l’interpretazione dell’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, in combinazione con l’art. 101 del regolamento di procedura della Corte di giustizia.

In risposta alla seconda domanda di chiarimenti della Corte, il giudice del rinvio aveva spiegato che i procedimenti dinanzi ad esso pendenti erano sospesi in attesa della risposta della Corte e che non poteva, di conseguenza, sentire le parti. A tal riguardo, da un lato, la Corte ha affermato che, sebbene in virtù di tale disposizione la decisione con cui il giudice del rinvio si rivolge alla Corte sospende il procedimento, detta disposizione non può essere intesa nel senso che essa vieta a tale giudice del rinvio, una volta che questi abbia interrogato la Corte, di sentire le parti relativamente alle risposte che occorre fornire ai quesiti che gli sono stati posti nell’ambito della procedura di cooperazione istituita dall’art. 267 TFUE (punto 46).

Dall’altro, la Corte ha, in un primo momento, rammendato l’orientamento giurisprudenziale consolidato (v. Simmenthal), secondo il quale il giudice nazionale è tenuto a disapplicare direttamente una disposizione di diritto nazionale che impedisce l’attuazione della procedura di cui all’art. 267 TFUE (Peterbroeck, punto 13; nonché A.B. e a., punto 141). In seguito, ha aggiunto che ne consegue che ogni giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione del suo diritto nazionale che non gli consenta di fornire una risposta utile alle domande che la Corte gli rivolge nell’ambito della procedura di cui all’art. 267 TFUE (punti 47 e 48).

La Corte ha, pertanto, aggiunto un nuovo e specifico obbligo per quanto riguarda il mandato dei giudici nazionali come giudici dell’Unione, che è essenziale per il funzionamento della procedura pregiudiziale. Un obbligo che deriva dal principio del primato e dal principio di cooperazione leale e che riguarda, in particolare, la domanda di chiarimenti di cui all’art. 101 del regolamento di procedura della Corte di giustizia: il giudice nazionale deve fornire una risposta utile alle domande della Corte nell’ambito della procedura di cui all’art. 267 TFUE e disapplicare qualsiasi disposizione del suo diritto nazionale che non glielo consenta.

In effetti, la Corte è particolarmente attenta a proteggere la procedura di rinvio pregiudiziale e le esigenze a cui i giudici nazionali devono attenersi quando trasmettono una decisione di rinvio, in base al principio di cooperazione giudiziaria. A tal proposito, si ricordi la sentenza Sofiyska gradska prokuratura (punti 19 a 23), nel quadro di una normativa nazionale interpretata in modo da imporre al giudice del rinvio di dichiarare la propria incompetenza con riguardo ad un procedimento dinanzi ad esso pendente per aver esposto, nell’ambito della propria domanda di pronuncia pregiudiziale, il contesto di fatto e di diritto del procedimento stesso. La Corte ha precisato che gli artt. 267 TFUE e 94 del regolamento di procedura della Corte di giustizia, alla luce dell’art. 47, secondo comma, e dell’art. 48, par. 1, della Carta, devono essere interpretati nel senso che ostano a tale disposizione in quanto il giudice del rinvio è tenuto ad esporre il contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale figurante in modo esplicito all’art. 94 del regolamento di procedura (v. Talasca, punto 21) e la mancata indicazione del contesto di fatto e di diritto rilevante può costituire una causa manifesta di irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale (v., in tal senso, Abdallah, punto 12; Abdel, punti 6 e 7; Grimal, punto 19, nonché Andre, punti 8 e 9). La Corte ha sottolineato che la circostanza che un giudice del rinvio, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, illustri nell’ambito della domanda di pronuncia pregiudiziale il contesto di fatto e di diritto rilevante del procedimento principale, risponde all’esigenza di cooperazione inerente al meccanismo del rinvio pregiudiziale e, di per sé, non può violare né il diritto di adire un giudice imparziale sancito dall’art. 47, secondo comma, della Carta, né il diritto alla presunzione di innocenza garantito dall’art. 48, par. 1, della medesima.

 

Incompetenza e irricevibilità

Un ulteriore aspetto che merita di essere segnalato riguarda la differenza fra l’incompetenza della Corte e l’irricevibilità di una domanda di pronuncia pregiudiziale.

A titolo preliminare, è interessante osservare che, in entrambe le fattispecie, la causa può essere trattata sulla base dell’art. 53, secondo comma, del regolamento di procedura della Corte, che dispone che quando la Corte è manifestamente incompetente a conoscere di una causa o quando una domanda o un atto introduttivo è manifestamente irricevibile, la Corte, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata, senza proseguire il procedimento. Inoltre, conformemente all’art. 100, secondo comma, del regolamento di procedura, la Corte, in qualsiasi momento, può constatare la sopravvenuta mancanza dei presupposti della sua competenza. Occorre sottolineare che la rilevanza della sentenza commentata si riflette anche nella modalità di trattamento della causa. Infatti, anche se la Corte ha dichiarato le domande di pronuncia pregiudiziale irricevibili, la causa è stata decisa con sentenza, da una formazione composta da cinque giudici, sentite le conclusioni dell’avvocato generale.

Tornando alla distinzione fra incompetenza e irricevibilità, la giurisprudenza presenta talvolta delle incoerenze in merito e la linea di demarcazione fra queste due nozioni non è sempre chiara. Se è vero che le conseguenze non differiscono per la domanda di pronuncia pregiudiziale che sarà, in entrambi i casi, inammissibile, si tratta di concetti proceduralmente differenti.

Nel caso in commento, il giudice del rinvio non ha spiegato l’utilità e la necessità dell’interpretazione della Corte per la controversia di cui è adito, non rispondendo alle domande della Corte di giustizia in merito alle obiezioni sulla ricevibilità sollevate dal governo belga. Secondo detto governo, le impugnazioni davanti al Consiglio di Stato dovevano essere dichiarate irricevibili poiché le parti del procedimento principale hanno perso il loro interesse ad agire, avendo ottenuto un diritto di soggiorno nel territorio belga. Le contestazioni del governo belga hanno, quindi, messo in dubbio l’esistenza di una controversia nazionale pendente davanti al giudice del rinvio. In effetti, anche se il procedimento pregiudiziale è caratterizzato per l’assenza di parti in senso stretto, è essenziale che ci sia una controversia pendente davanti al giudice del rinvio e che, quindi, le parti al procedimento principale abbiano interesse ad agire davanti al giudice del rinvio.

In tale contesto, è interessante notare che la Corte ha constatato l’irricevibilità della domanda pregiudiziale, mentre l’avvocato generale ha suggerito alla Corte di dichiararsi incompetente (cfr. conclusioni dell’avvocato generale Collins, par. 25). La Corte si è concentrata sulla circostanza che il giudice del rinvio non ha trasmesso gli elementi essenziali di cui aveva bisogno per fornire una risposta utile alla risoluzione della controversia, senza pronunciarsi sulla sussistenza dell’interesse ad agire delle parti del procedimento principale e all’esistenza della controversia nazionale (v. art. 94 del regolamento di procedura). L’avvocato generale ha, invece, sottolineato che i procedimenti pregiudiziali sembrano teorici e che, pertanto, la Corte potrebbe essere incompetente a rispondere ai sensi dell’art. 267 TFUE.

Inoltre, è interessante sottolineare che l’avvocato generale ha dichiarato che tale conclusione non pregiudica il diritto spettante al Consiglio di Stato di presentare nuove domande di pronuncia pregiudiziale dopo aver verificato che la necessità della risposta alle questioni ai fini della concreta risoluzione di una controversia di cui è investito (punto 24). Tuttavia, l’incompetenza della Corte non può essere sanata, nel senso che se la Corte si dichiara incompetente per assenza di una controversia nazionale reale, come suggerito dall’avvocato generale, il giudice del rinvio non potrà adire nuovamente la Corte, in ragione dell’assenza di una controversia che necessita l’interpretazione di una determinata disposizione dell’Unione. Invece, una domanda pregiudiziale dichiarata inizialmente irricevibile, come nella sentenza commentata, può essere nuovamente sottoposta alla Corte, attraverso una nuova domanda. Nel caso di specie, il giudice nazionale potrebbe chiarire perché ritiene che la risposta alle questioni sia necessaria ai fini della concreta risoluzione di una controversia.

La sentenza in commento evidenzia alcuni aspetti importanti riguardanti la ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale e, in particolare, la collaborazione tra i giudici nazionali e la Corte di giustizia, alla luce del principio di cooperazione leale. Tale principio esige, da un lato, che la Corte di giustizia sia tenuta a statuire sui quesiti pregiudiziali, i quali godono di una presunzione di pertinenza, e dall’altro, che il giudice nazionale di rinvio le fornisca l’insieme degli elementi per illustrare l’utilità di una decisione pregiudiziale ai fini della risoluzione di una controversia nazionale.

La Corte ha chiarito la portata dell’obbligo imposto al giudice nazionale dall’art. 101 del regolamento di procedura, che prevede la domanda di chiarimenti al giudice del rinvio. A tal riguardo, la Corte ha stabilito un obbligo specifico per i giudici nazionali come giudici dell’Unione, che deriva dal principio del primato del diritto dell’Unione e dal principio di cooperazione leale, di fornire una risposta utile alle domande della Corte nell’ambito della procedura di cui all’art. 267 TFUE.