L’arrêt Front Polisario 2 : la Cour annule un accord appliqué à un territoire non autonome sans le consentement de son peuple

Cour de justice, arrêt du 4 octobre 2024, affaires jointes C-779/21 P et C-799/21 P, Commission c. Front Polisario

La sentenza Fronte Polisario 2: la Corte annulla un accordo applicato ad un territorio non autonomo senza il consenso del suo popolo

The Front Polisario 2 Judgment: The court annuls an agreement applied to a non-self-governing territory without the consent of its people

 

La saga del Sahara occidentale davanti alla Corte di giustizia dell’UE

La sentenza della Corte di giustizia (Grande sezione) Fronte Polisario 2  costituisce l’ultimo capitolo della saga relativa al Sahara occidentale, iniziata con il caso Fronte Polisario 1, e proseguita con la sentenza Western Sahara Campaign. Queste sentenze si inseriscono nel più ampio contesto della giurisprudenza europea riguardante territori non autonomi (v., in particolare, Brita e Psagot).

Il Sahara occidentale è un territorio che, dagli anni ’70, è controllato del Marocco. Il diritto all’autodeterminazione del popolo di tale territorio – i saharawi – è stato riconosciuto, fra gli altri, dall’Assemblea generale delle Nazioni unite (Risoluzione 34/37) e dalla Corte internazionale di giustizia nel Parere del 16 ottobre 1975. Il Fronte Polisario è un autoproclamato movimento di liberazione che mira ad ottenere l’indipendenza del Sahara occidentale. L’Assemblea generale delle Nazioni unite ha riconosciuto il Fronte Polisario come “the representative of the people of Western Sahara” (Risoluzione 34/37, para. 7). In tale veste, il Fronte Polisario intrattiene regolarmente scambi con Stati e organizzazioni internazionali africane e con le stesse istituzioni europee (v. Conclusioni dell’Avvocato Generale Ćapeta, punto 98).

L’Unione europea ha una posizione ambigua rispetto al Sahara occidentale. Essa non ha formalmente riconosciuto la sovranità del Marocco, ma non ha nemmeno espresso sostegno per il Fronte Polisario. L’Unione mira, genericamente, ad una  una “soluzione politica equa, duratura e reciprocamente accettabile” (Decisione 2019/217/UE, preambolo).

 Sebbene l’Unione non riconosca la sovranità del Marocco sul Sahara occidentale, la Commissione ha negoziato con tale Stato – e il Consiglio ha concluso – accordi che avrebbero trovato applicazione anche nel territorio del Sahara occidentale. Con tali accordi, le istituzioni politiche dell’UE mirano apparentemente a promuovere il commercio con il Marocco e a garantire alle imprese europee la possibilità di sfruttare le risorse ittiche delle zone controllate dal Marocco, tra cui il Sahara occidentale.

Il Fronte Polisario ha introdotto un primo ricorso contro un accordo UE-Marocco nel caso Fronte Polisario 1. La validità di un accordo UE-Marocco è stata poi oggetto di rinvio pregiudiziale nel successivo caso Western Sahara Campaign. Secondo la Corte, il Sahara occidentale non rientrava nella sovranità del Marocco. L’inclusione del territorio del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione di un accordo con il Marocco avrebbe dunque violato norme di diritto internazionale consuetudinario, vincolanti per l’Unione, segnatamente i principi di autodeterminazione e dell’effetto relativo dei trattati. Tali accordi dovevano quindi essere interpretati nel senso che non trovavano applicazione al territorio del Sahara occidentale (Western Sahara Campaign, punti 62-64; Fronte Polisario 1, punto 132). Gli accordi con il Marocco, interpretati in tal senso, non erano, perciò, da ritenersi contrarsi al diritto internazionale. La soluzione escogitata dalla Corte preservava la validità degli accordi conclusi con gli Marocco, pur riducendone di fatto l’ambito di applicazione territoriale. Essa è stata, però, criticata in dottrina, in quanto avrebbe ignorato che le istituzioni politiche dell’UE avevano, seppur non esplicitamente, dimostrato l’intenzione di applicare gli accordi con il Marocco anche al Sahara occidentale (v., ad es., Kassoti, 2019, pp. 225-233).

Dopo Western Sahara Campaign, il Consiglio ha concluso nuovi accordi con il Marocco, stavolta esplicitando l’intenzione di applicare norme contenute in precedenti trattati anche al Sahara occidentale. In un accordo in forma di  Scambio di lettere (di seguito, lo “Scambio di lettere”). concluso con la decisione (UE) 2019/217, l’UE si è impegnata a garantire un trattamento preferenziale ai prodotti originari del Sahara occidentale, allo stesso titolo dei prodotti provenienti dal Marocco (v. anche la decisione (UE) 2019/441, relativa alla conclusione di un Accordo per la pesca sostenibile). Avverso le succitate decisioni, il Fronte Polisario ha introdotto, davanti al Tribunale, dei ricorsi per annullamento. Il Tribunale ha emesso due sentenze nel 2021 (T‑279/19 e T‑344/19 e T‑356/19), con le quali ha annullato la decisione (UE) 2019/217 e la decisione (UE) 2019/441. Le sentenze del Tribunale sono state impugnate da Consiglio e Commissione.

La Corte di giustizia ha dunque emesso, il 4 ottobre 2024, due sentenze gemelle: (i) la sentenza in commento, Fronte Polisario 2, con cui la Corte ha respinto le impugnazioni della sentenza del Tribunale T‑279/19, la quale aveva annullato la decisione (UE) 2019/217; e (ii) la sentenza nelle cause riunite C‑778/21 P e C‑798/21 P, relativa all’impugnazione delle sentenze T‑344/19 e T‑356/19. Il medesimo giorno, la Corte ha emesso anche la sentenza pregiudiziale Confédération paysanne, correlata alla precedenti, e relativa all’etichettatura dei prodotti provenienti dal Sahara occidentale.

Per brevità, si commenterà in questa sede la sola sentenza Fronte Polisario 2 (la sentenza nelle cause riunite C‑778/21 P e C‑798/21 P, ad ogni modo, è sostanzialmente identica). Poiché Fronte Polisario 2, al momento, non è disponibile in italiano, le citazioni seguenti sono tradotte dalla versione francese.

La sentenza Fronte Polisario 2: prime considerazioni

In Fronte Polisario 2, la Corte ha affrontato tre questioni principali. In primis, la capacità di un’entità priva di personalità giuridica di stare in giudizio dinanzi ai giudici dell’Unione. Ai sensi dell’art. 263 TFUE, un ricorso per annullamento può essere introdotto da “qualsiasi persona fisica o giuridica”. Secondo Commissione e Consiglio, il Fronte Polisario non disporrebbe di personalità giuridica né nell’ordinamento dell’Unione né in quello internazionale e mancherebbe dunque della capacità di stare in giudizio davanti ai giudici dell’Unione. La Corte ha rilevato, però, che la giurisprudenza aveva già riconosciuto, ad alcune condizioni, la capacità di stare in giudizio a delle entità indipendentemente dalla questione della loro costituzione come persone giuridiche di diritto interno (Fronte Polisario 2, punto 63). Il Fronte Polisario, in particolare, “ha un’esistenza giuridica sufficiente” per poter stare in giudizio, in quanto intrattiene “rapporti giuridici bilaterali a livello internazionale” ed è “interlocutore legittimo” in un processo relativo alla determinazione del futuro del Sahara occidentale, svolto sotto l’egida del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Non si potrebbe, peraltro, esigere che il Fronte Polisario sia costituito secondo il diritto di uno Stato particolare, essendo un movimento votato all’instaurazione di un ordinamento giuridico autonomo (Fronte Polisario 2, punti 68-70). Il Tribunale non ha dunque errato, in T‑279/19, riconoscendo la capacità di stare in giudizio al Fronte Polisario (Fronte Polisario 2, punto 73). Si può rilevare, comunque, come l’approccio del Tribunale fosse parzialmente diverso da quello della Corte: esso ha esplicitamente riconosciuto la personalità giuridica internazionale del Fronte Polisario (v. T‑279/19, punto 97), questione sulla quale, prudentemente, la Corte ha omesso di pronunciarsi, limitandosi ad affermarne la capacità di stare in giudizio.

La seconda questione di rilievo affrontata in Fronte Polisario 2 riguarda la legittimazione ad agire, segnatamente nel caso di un’entità (il Fronte Polisario) non universalmente riconosciuta come rappresentante del titolare di un diritto (il popolo saharawi). Le persone fisiche e giuridiche – alle quali il Fronte Polisario è assimilato – sono legittimate ad agire nella procedura di annullamento contro gli atti adottati nei loro confronti o che le riguardano “direttamente e individualmente” (art. 263, comma quarto, TFUE; fanno eccezione gli atti regolamentari, che non vengono in rilievo, comunque, nel caso in commento). Il Fronte Polisario, sebbene non ufficialmente riconosciuto come l’unico rappresentante del popolo saharawi, è, secondo la Corte, un “interlocutore privilegiato” in un processo negoziale condotto sotto l’egida delle Nazioni unite, volto alla determinazione dello status del Sahara occidentale. Il Fronte Polisario può dunque contestare davanti al giudice dell’Unione, in quanto rappresentante del popolo saharawi, atti che producono direttamente effetti sulla situazione giuridica di tale popolo (Fronte Polisario 2, punti 89-91).

Lo Scambio di lettere tra UE e Marocco incide in modo diretto sui diritti del popolo saharawi, segnatamente sul suo diritto allo sfruttamento delle risorse naturali e sul principio di sovranità permanente su tali risorse. Esso, infatti, riconosce “degli effetti giuridici, nel diritto dell’Unione” a degli atti delle autorità marocchine applicabili al territorio del Sahara occidentale, come la fornitura di certificati di origine per i prodotti originari di tale area (Fronte Polisario 2, punti 93-95). Lo Scambio di lettere, poi, riguarda individualmente il popolo saharawi, e quindi il Fronte Polisario: applicandosi al territorio del Sahara occidentale, l’accordo tra UE e Marocco modifica la situazione giuridica del popolo saharawi in quanto unico titolare del diritto all’autodeterminazione relativo a quel territorio (Fronte Polisario 2, punto 108). Ne consegue, dunque, che il Tribunale non aveva errato ritenendo il Fronte Polisario legittimato ad agire in casu.

Il terzo aspetto di rilievo della sentenza riguarda la soluzione data dalla Corte alla questione di fondo, ovvero sia determinare se, e a quali condizioni, la conclusione di accordi con uno Stato applicabili ad un territorio da esso controllato (ma non rientrante nella sua sovranità) costituisca una violazione del diritto internazionale. Come ricordato, la Corte aveva in precedenza affermato che gli accordi conclusi dall’Unione con il Marocco non potessero applicarsi al territorio del Sahara occidentale; una tale applicazione, infatti, avrebbe comportato una violazione del diritto internazionale consuetudinario, vincolante per l’Unione (cfr., ad es., Racke, punto 45), segnatamente con riferimento ai principi di autodeterminazione e dell’effetto relativo dei trattati (Fronte Polisario 1, punto 132; Western Sahara Campaign, punti 62-64). L’applicazione al Sahara occidentale di un accordo concluso con il Marocco dovrebbe ricevere il previo consenso del “popolo del Sahara occidentale” e tale popolo non aveva in alcun modo manifestato il suo consenso (Fronte Polisario 1, punto 106).

Per dare seguito a queste pronunce della Corte, la Commissione e il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) hanno successivamente consultato “organizzazioni rappresentative” delle “popolazioni interessate” nel Sahara occidentale, e, asseritamente, ottenuto il loro “consenso” (T‑279/19, punto 336). La Commissione ha poi negoziato con il Marocco – e il Consiglio ha concluso – l’accordo in forma di Scambio di lettere, oggetto della sentenza in commento. Tale accordo prevede, fra l’altro, che “i prodotti originari del Sahara occidentale” beneficino delle “stesse preferenze commerciali” concesse dall’Unione ai prodotti contemplati dall’accordo di associazione col Marocco. Delle norme contenute nell’accordo di associazione UE-Marocco trovano così esplicita applicazione nel territorio del Sahara occidentale.

La Corte ha ritenuto che l’applicazione dell’accordo in forma di Scambio di lettere al Sahara occidentale fosse contraria al diritto internazionale, in quanto le consultazioni svolte da Commissione e SEAE erano insufficienti. Essi avevano sì consultato la “popolazione” residente nel Sahara occidentale, ma tale popolazione non corrispondeva al “popolo” saharawi, solo titolare del diritto all’autodeterminazione rispetto al Sahara occidentale. A causa del conflitto con il Marocco, infatti, la maggior parte di tale popolo non vive più nel Sahara occidentale (Fronte Polisario 2, punti 128-130).

Poiché le consultazioni effettuate dalla Commissione e dal SEAE non erano in grado di stabilire il consenso del popolo saharawi, e poiché il consenso di tale popolo era indispensabile per poter concludere un accordo applicabile al Sahara occidentale, la Corte ha respinto le impugnazioni di Commissione e Consiglio (Fronte Polisario 2, punto 145). La Corte ha così sostanzialmente confermato l’annullamento della decisione (UE) 2019/217, relativa alla conclusione dell’accordo in forma di Scambio di lettere tra l’UE e il Marocco, in quanto tale accordo viola i principi di autodeterminazione dei popoli e dell’effetto relativo dei trattati, principi vincolanti per l’Unione poiché parte del diritto internazionale consuetudinario.

La Corte ha comunque disposto che gli effetti della decisione (UE) 2019/217 siano mantenuti per un periodo di 12 mesi, per evitare “gravi conseguenze negative sull’azione esterna dell’Unione” e per non “mettere in discussione la sicurezza giuridica degli impegni internazionali ai quali ha consentito”,  (Fronte Polisario 2, punti 185-186). Durante questi 12 mesi, è possibile che la Commissione e il Consiglio concludano una nuovo accordo con il Marocco, dopo avere consultato la popolazione del Sahara occidentale, così come imposto dalla sentenza Fronte Polisario 2.

Tale sentenza fornisce, peraltro, delle precise indicazioni circa la modalità con cui il consenso dei saharawi deve essere raccolto. Diversamente dal tribunale, che aveva affermato che tale consenso deve essere “esplicito” (T‑279/19, punto 323), la Corte ha ritenuto che il consenso del popolo saharawi possa essere “presunto”. Secondo la Corte, si può presumere il consenso del popolo di un territorio non autonomo da un accordo internazionale, ad alcune condizioni: (i) l’accordo non deve creare obblighi per tale popolo; (ii) l’accordo deve prevedere che tale popolo percepisca “un vantaggio preciso, concreto, sostanziale e verificabile derivante dallo sfruttamento delle risorse naturali” del suo territorio, e proporzionale all’importanza di questo sfruttamento; (iii) devono essere previste garanzie sul fatto che lo sfruttamento del territorio avvenga in condizioni conformi al principio dello sviluppo sostenibile, in modo da assicurare la disponibilità delle risorse non rinnovabili e la ricostituzione di quelle rinnovabili, “come gli stock ittici” (oggetto dell’interesse dell’Unione); e (iv) l’accordo in questione deve prevedere un meccanismo di controllo regolare per verificare la realtà del vantaggio concesso in applicazione di esso al popolo interessato (Fronte Polisario 2, punti 152-153). Il rispetto di queste condizioni è necessario ad assicurare il principio del “primato degli interessi dei popoli dei territori non autonomi”, consacrato nel diritto internazionale consuetudinario, e a far sì che l’azione esterna dell’Unione si basi sui principi del diritto internazionale, come previsto dall’articolo 21, paragrafo 1, TUE (Fronte Polisario 2, punto 154).

L’accordo controverso in Fronte Polisario 2 non rispettava le condizioni suddette, in quanto assicurava vantaggi, non al popolo saharawi, ma agli abitanti (alloctoni) del Sahara occidentale (Fronte Polisario 2, punti 158-161). Maggiore attenzione per gli interessi dei saharawi potrebbe essere assicurata, almeno in teoria, da un futuro accordo tra UE e Marocco. Laddove il Fronte Polisario si opponesse a tale nuovo accordo, com’è probabile, le corti dell’Unione potrebbero essere nuovamente chiamate a pronunciarsi in merito.  La Corte di giustizia sembra aver anticipato tali sviluppi in Fronte Polisario 2, avendo avuto cura di specificare che l’opposizione del rappresentante di un popolo non è sufficiente di per sé ad escludere l’esistenza del “consenso” del suo popolo, a meno che tale rappresentante “stabilisca” che l’accordo non soddifa le condizioni indicate dalla Corte (Fronte Polisario 2, punti 155-156). Spetterà, in ogni caso, “al giudice dell’Unione risolvere questa questione” (Fronte Polisario 2, punti 155-156).