Nemo judex in causa sua…ou est-ce possible? La Cour se prononce sur l’exigence d’impartialité des juges nationaux

Corte di giustizia, 19 dicembre 2024, causa C-369/23, Vivacom Bulgaria

Nemo judex in causa sua…o forse sì?La Corte si pronuncia sul requisito di imparzialità dei giudici nazionali

Nemo judex in causa sua…or is it possible? The Court rules on the requirement of impartiality of national judges

 

 

Premessa

Con la sentenza Vivacom Bulgaria1, del 19 dicembre 2024, la Corte di giustizia (o “Corte”), pronunciandosi su rinvio pregiudiziale sollevato dalla Corte suprema amministrativa della Bulgaria, è stata chiamata a interpretare gli artt. 19, par. 1, secondo comma, TUE e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (“Carta”) rispetto al requisito di imparzialità di un organo giurisdizionale nazionale di ultima istanza.

In base alla giurisprudenza Köbler2, il principio secondo cui gli Stati membri sono obbligati a riparare i danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione che sono loro imputabili (c.d. “responsabilità Francovich”) si applica, in presenza di determinate condizioni, anche allorché la violazione derivi da una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado. Dubbi sull’imparzialità di tale organo potrebbero sorgere nel caso in cui lo stesso giudice che ha commesso la violazione dovesse essere chiamato a pronunciarsi sulla relativa azione di risarcimento dei danni intentata nei confronti dello Stato membro a cui esso appartiene.

La sentenza oggetto della presente segnalazione non solo prende in esame tale circostanza, ma anche l’ulteriore questione derivante dal fatto che, in siffatte cause, la normativa nazionale consente al giudice che ha commesso la violazione di essere anche parte convenuta. In sostanza, l’organo giurisdizionale di ultimo grado può essere, allo stesso tempo, giudice e parte in causa in un procedimento volto ad accertare la responsabilità per danni derivanti da una sua violazione del diritto dell’Unione.

La sentenza appare pertanto di particolare interesse in quanto costituisce la prima pronuncia in cui la Corte si è soffermata in maniera estensiva sull’“aspetto interno” del requisito di indipendenza dei giudici nazionali, rispetto a una oramai corposa giurisprudenza relativa all’“aspetto esterno” elaborata, in particolare, nell’ambito della tutela dello Stato di diritto quale valore fondante dell’Unione ai sensi dell’art. 2 TUE3. Sebbene la sentenza oggetto della presente segnalazione non sembri rientrare pienamente nel filone giurisprudenziale anzidetto, essa fornisce ugualmenteimportanti indicazioni circa la valutazione che il giudice nazionale è chiamato a effettuare in relazione al requisito di imparzialità, specificando quali aspetti siano da prendere in considerazione al momento dell’esame.

La vicenda processuale

Il rinvio pregiudiziale traeva origine da un’azione di risarcimento danni per violazione del diritto dell’Unione intentata dalla società bulgara di telecomunicazioni Vivacom nei confronti dell’Agenzia nazionale delle entrate e della Corte suprema amministrativa della Bulgaria a seguito di una sentenza di quest’ultima (in materia di IVA) che, ad avviso della ricorrente, conteneva un’interpretazione errata della direttiva 2006/1124.

In base alla normativa nazionale, le azioni di risarcimento danni per violazione del diritto dell’Unione rientrano nella competenza degli organi giurisdizionali amministrativi e la loro trattazione prevede due gradi di giudizio. Nel caso di specie, la Vivacom, dopo aver presentato ricorso davanti al Tribunale amministrativo della città di Sofia (giudice di primo grado), ha proposto ricorso per cassazione davanti alla Corte suprema amministrativa, la quale tuttavia aveva già preso parte al giudizio in primo grado in qualità di convenuto e aveva già espresso un parere sul ricorso proposto nei suoi confronti.

Dando seguito ai dubbi sollevati dalla Vivacom rispetto alla sua imparzialità, la Corte suprema amministrativa aveva deciso di sospendere il giudizio per sollevare una questione in via pregiudiziale chiedendo alla Corte di giustizia di chiarire, in sostanza, se gli artt. 19, par. 1, secondo comma, TUE e 47 della Carta ostano a una normativa nazionale, come quella bulgara, in base alla quale un organo giurisdizionale nazionale può conoscere in ultimo grado di una causa relativa alla responsabilità Francovich ed essere, allo stesso tempo, convenuto per effetto di una sua sentenza adottata in violazione del diritto dell’Unione.

La pronuncia della Corte di giustizia

Nel suo ragionamento, la Corte parte dal constatare l’applicabilità delle due disposizioni di diritto dell’Unione al caso di specie. Da un lato, ricorda che, ai sensi dell’art. 19, par. 1, comma secondo, TUE, gli Stati membri sono tenuti a prevedere i rimedi giurisdizionali necessari «per assicurare ai singoli il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, tra cui quello dell’IVA» (punto 26). Dall’altro lato, l’art. 47, secondo comma, della Carta, che sancisce il diritto fondamentale a un giudice indipendente e imparziale, è applicabile «conformemente all’art. 51, par. 1, della stessa» dal momento che «la controversia […] verte sulla responsabilità dello Stato per l’asserita violazione della direttiva IVA» (punto 27). È interessante notare che la Corte non reitera in questo caso il suo approccio, ormai prevalente, inaugurato con la giurisprudenza relativa a situazioni di crisi dello Stato di diritto, in base alla quale l’art. 19, par. 1, comma secondo, TUE viene in rilievo ogniqualvolta gli organi nazionali possano essere chiamati a pronunciarsi, in qualità di organi giurisdizionali, su questioni riguardanti l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione e rientranti dunque nei settori disciplinati da tale diritto. Piuttosto, nel caso di specie, la Corte sembra tornare ad un approccio precedente a tale giurisprudenza, secondo cui in una controversia riguardante la responsabilità Francovich si ricade nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, in quanto le norme processuali nazionali sono funzionali alla garanzia di un diritto (al risarcimento del danno) derivante dal diritto dell’Unione5.

La Corte procede quindi all’interpretazione del requisito di indipendenza degli organi giurisdizionali nazionali ricordando innanzitutto il vincolo interpretativo posto dall’art. 52, par. 3, della Carta, in quanto l’art. 47, secondo comma, della stessa corrisponde all’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (“CEDU”). La Corte fa poi riferimento alla sua ormai consolidata giurisprudenza relativa al requisito dell’indipendenza quale «aspetto essenziale» del diritto una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto fondamentale a un equo processo, «che rivestono importanza cardinale in quanto garanzie della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’art. 2 TUE, segnatamente del valore dello Stato di diritto» (punto 29).

Soffermandosi sul contenuto del requisito di indipendenza, la Corte rammenta che esso implica due aspetti, unoesterno e l’altro interno. Mentre il primo richiede, in sostanza, che l’organo eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza interventi o pressioni esterni idonei a comprometterne l’indipendenza di giudizio e a influenzarne le decisioni, il secondo si ricollega alla nozione di “imparzialità” e concerne l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo all’oggetto di quest’ultima. Ciò impone «il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica» (punto 31).

Per valutare il rispetto del requisito di imparzialità, la Corte riprende l’approccio oggettivo già sviluppato in relazione all’esame dell’indipendenza esterna6, il quale implica «l’esistenza di disposizioni che consentano di fugare, nella mente dei singoli, qualsiasi legittimo dubbio, segnatamente, in merito alla neutralità dell’organo in questione rispetto agli interessi in conflitto» (punto 32). Tale valutazione, «che è la sola pertinente nel caso di specie» (punto 33), riprende quella adottata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (“Corte EDU”) nella sua giurisprudenza relativa al requisito di imparzialità ai sensi dell’art. 6, par. 1, della CEDU e richiede di verificare se, «indipendentemente dalla condotta personale dei giudici, taluni fatti verificabili autorizzino a sospettare l’imparzialità di questi ultimi» (ibid.). A tal fine, anche le apparenze e il punto di vista di una parte possono avere rilevanza, sebbene «[l]’elemento determinante consist[a] nello stabilire se i timori […] possano essere considerati oggettivamente giustificati» (ibid.).

Nell’ambito di tale valutazione, la Corte articola il proprio ragionamento intorno a due questioni: la prima, relativa alla circostanza in base alla quale il giudice di ultima istanza che ha emesso la decisione da cui deriva la violazione del diritto dell’Unione possa essere chiamato a pronunciarsi sulla relativa azione di risarcimento dei danni; la seconda, riguardante il fatto che tale giudice di ultima istanza possa prendere parte a un siffatto procedimento anche in qualità di convenuto. A tal fine, la Corte prende in esame quattro aspetti per valutare il rispetto del requisito di imparzialità.

In primo luogo, la Corte parte dal ricordare che la responsabilità in causa non riguarda la responsabilità personale del giudice, ma quella dello Stato. Pertanto, il fatto che essa sia prevista, in presenza di determinate condizioni, per decisioni giurisdizionali incompatibili con il diritto dell’Unione non comporta di per sé «rischi specifici di mettere in discussione l’indipendenza di un organo giurisdizionale di ultimo grado» (punto 35). La designazione del giudice competente a conoscere di tali cause spetta tuttavia a ciascuno Stato membro, cosicché non è in linea di principio vietato che lo stesso organo giurisdizionale conosca in ultimo grado della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione derivanti eventualmente da una sentenza adottata da tale organo giurisdizionale. L’autonomia dello Stato membro nella designazione del giudice trova però un limite nel fatto che siano «adottate le misure necessarie per garantire l’indipendenza e l’imparzialità di detto organo giurisdizionale» ai sensi della giurisprudenza della Corte (punto 37).

In secondo luogo, secondo la Corte, il fatto che in una controversia riguardante la responsabilità per danni derivanti da violazioni del diritto dell’Unione il giudice che statuisce in ultimo grado «possa aver preso posizione, in quanto parte convenuta in primo grado, sulle questioni di fatto o di diritto oggetto di tale controversia» non è tale da rimettere in discussione il requisito di imparzialità, «a condizione che i membri del collegio giudicante investito [della] controversia in ultima istanza non abbiano partecipato in alcun modo alla difesa di detto giudice in primo grado» (punto 38).

A supporto di tale ricostruzione, la Corte richiama la propria giurisprudenza relativa a cause in cui l’istituzione Corte di giustizia dell’Unione europea (“CGUE”) era parte convenuta in giudizio7, così come cause in cui la Corte era l’organo giurisdizionale investito di un’impugnazione proposta dall’Unione europea, rappresentata dall’istituzione CGUE8. In tali ipotesi, infatti, non era stata rilevata alcuna violazione dell’art. 47, par. 2, della Carta. Inoltre, nel rispetto del diritto a un giudice indipendente e imparziale, la Corte sottolinea che quando il presidente della CGUE decide per l’impugnazione di una sentenza del Tribunale riguardante tale istituzione esso, in qualità di presidente della Corte, non potrà intervenire nella trattazione giurisdizionale della causa, essendo sostituito nelle sue funzioni dal vicepresidente.

Nel caso di specie, la Corte, pur rimettendo al giudice del rinvio di verificare tali informazioni, rileva che i membri del collegio giudicante della Corte suprema amministrativa bulgara non avevano avuto alcun ruolo nella difesa dell’organo giurisdizionale in primo grado, la cui posizione era stata espressa da un funzionario di tale organo, incaricato dal presidente di quest’ultimo. Pertanto, secondo la Corte, il diritto dell’Unione non sarebbe incompatibile con la doppia veste ricoperta dalla Corte suprema amministrativa bulgara, di giudice e convenuto.

Il terzo aspetto preso in considerazione dalla Corte attiene alle regole nazionali applicabili allo statuto dei giudici nazionali e all’esercizio delle loro funzioni, che devono «consentire di escludere non solo qualsiasi influenza diretta, sotto forma di istruzioni, ma anche le forme di influenza più indiretta che possano orientare le decisioni dei giudici interessati» (punto 44). In particolare, la Corte si sofferma sugli aspetti della retribuzione e delle condizioni di impiego dei giudici della Corte suprema amministrativa bulgara, rilevando che essi «non dipendono dal pagamenti di eventuali danni da parte di tale organo giurisdizionale» (punto 46). Pertanto, pur senza rimettere al giudice nazionale la valutazione di tale aspetto, la Corte conclude che anche le norme di bilancio che disciplinano il pagamento di eventuali danni conseguenti al ricorso per responsabilità intentato contro la Corte suprema amministrativa non sono atte a far sorgere dubbi legittimi nei singoli sull’indipendenza e imparzialità dei giudici che compongono tale organo giurisdizionale.

Infine, la Corte torna sulla composizione del collegio giudicante. Essa rileva che il fatto che più collegi giudicanti di un medesimo organo giurisdizionale siano incaricati, uno dopo l’altro, di cause riguardanti problematiche giuridiche distinte derivanti da una stessa situazione, non è da solo sufficiente a far sorgere dubbi legittimi sull’imparzialità di detto organo giurisdizionale.

In questo senso, la Corte cita a contrario la giurisprudenza della Corte EDU, in base alla quale una violazione dell’art. 6, par. 1, CEDU dovrebbe essere invece riconosciuta ove i medesimi giudici siano stati chiamati a decidere, in un determinato grado di giudizio, sulla questione se essi abbiano commesso errori di interpretazione o di applicazioni di norme giuridiche in una precedente loro decisione. La Corte di giustizia fa poi riferimento nuovamente alla propria giurisprudenza9, in base alla quale il diritto fondamentale a un giudice indipendente e imparziale è rispettato quando il Tribunale, adito di una domanda diretta al risarcimento dei danni derivanti dal superamento del termine ragionevole di giudizio, si pronuncia su tale domanda «decidendo in una composizione diversa da quella che si è trovata a decidere la controversia sfociata nel procedimento la cui durata è contestata» (punto 49).

Sebbene spetti al giudice del rinvio trarre le conseguenze concrete dell’interpretazione del diritto dell’Unione nella controversia davanti ad esso pendente, nel caso di specie, la Corte non rimette la valutazione al giudice nazionale ma conclude constatando che nessuno dei giudici che compongono il collegio giudicante della Corte suprema amministrativa bulgara investito dell’azione in risarcimento dei danni ha fatto parte di quello che ha emesso la sentenza all’origine della controversia. Pertanto, secondo la Corte, anche la rispettiva composizione dei collegi giudicanti non può dare luogo a legittimi dubbi nei singoli quanto all’indipendenza e imparzialità della Corte suprema amministrativa bulgara.

Alla luce di quanto detto, la Corte ha pertanto escluso, in sostanza, che la normativa bulgara fosse in contrasto con gli artt. 19, par. 1, comma secondo, TUE e l’art. 47, secondo comma, della Carta.

Conclusioni

La sentenza oggetto della presente segnalazione mette in luce un approccio “ambivalente” della Corte di giustizia: da un lato, nell’interpretare il requisito di imparzialità, la Corte effettua molteplici richiami alla giurisprudenza relativa alla tutela dell’indipendenza degli organi giurisdizionali nazionali, quale garanzia della salvaguardia del valore dello Stato di diritto. La volontà di mantenere una certa continuità con la giurisprudenza precedente porta a ritenere che i criteri individuati dalla Corte per valutare l’imparzialità dei giudici nazionali possano essere applicati (e ulteriormente sviluppati) anche in tale contesto. Dall’altro lato, la sentenza non si inserisce pienamente in siffatto filone giurisprudenziale, presentando ‒ al contrario ‒ alcuni elementi di discontinuità. A tal riguardo, in particolare, va rilevato come la Corte, nell’esaminare il rispetto del requisito di imparzialità, mostri un atteggiamento di particolare attenzione dell’autonomia procedurale nazionale, incentrando la propria valutazione principalmente sulla composizione del collegio giudicante nel caso di specie. Tale approccio potrebbe trovare le sue ragioni nel fatto che la stessa organizzazione interna della CGUE presenta delle caratteristiche simili a quelle emerse nel caso oggetto della presente segnalazione, le quali sono già state ritenute dalla Corte in linea con il requisito di imparzialità10. Peraltro, individuando nella giurisprudenza relativa alla CGUE il parametro attraverso il quale valutare il rispetto del requisito di imparzialità dei giudici nazionali, la Corte sembra aver cercato di rafforzare (indirettamente) anche le garanzie di indipendenza offerte da tale istituzione, le quali sono state di recente oggetto di acceso dibattito rispetto, in particolare, ai criteri di scelta e selezione dei suoi membri11.

 


1 Corte giust., 19 dicembre 2024, causa C-369/23, Vivacom Bulgaria, ECLI:EU:C:2024:1043. Per un primo commento alla sentenza, si veda A. Circolo, Judges making their own Homework (Vivacom Bulgaria C-369/23), in EU Law Live eulawlive.com, 28 gennaio 2025.

2 Corte giust., 30 settembre 2003, causa C-224/01, Köbler, ECLI:EU:C:2003:513.

3 L. Pech, D. Kochenov, Respect for the Rule of Law in the Case Law of the European Court of Justice: A Casebook Overview of Key Judgments since the Portuguese Judges Case, in SIEP, 2021, p. 1 ss.

4 Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in GUUE L 347, 11 dicembre 2006, p. 1 ss.

5 Corte giust., 22 dicembre 2010, causa C-279/09, DEB, ECLI:EU:C:2010:811.

6 Corte giust., 19 novembre 2019, cause riunite C-585/18, C-624/18 e C-625/18 A.K., ECLI:EU:C:2019:982, punti 128 e 129. A tal proposito, M. Krajewski, M. Ziółkowski, EU judicial independence decentralized: A.K., in CMLR, 2020, p. 1107 ss.

7 Corte di giust., 25 maggio 2000, causa C-82/98 P, Kögler/Corte di giustizia, ECLI:EU:C:2000:282; 4 maggio 2023, causa C-100/22 P, KY/Corte di giustizia dell’Unione europea, ECLI:EU:C:2023:377.

8 Corte giust., 13 dicembre 2018, causa C-150/17 P, Unione europea/Kendrion, ECLI:EU:C:2018:1014.

9 Corte giust., 26 novembre 2013, causa C‑40/12 P, Gascogne Sack Deutschland/Commissione, ECLI:EU:C:2013:768, punto 96; 13 dicembre 2018, causa C-150/17 P, Unione europea/Kendrion, punto 37.

10 Per una valutazione del rispetto del requisito di imparzialità oggettiva rispetto ad altre istituzioni dell’Unione, si veda, ad esempio, Trib., 10 aprile 2024, causa T‑486/18 RENV, Danske Slagtermestre/Commissione, ECLI:EU:T:2024:217.

11 Symposium on “The Selection of EU Judges and the 255 Committee”, in EU Law Live eulawlive.com, novembre 2024.