C’est uniquement le PIB, pas le poids démographique, qui détermine la capacité à payer d’un État: la nouvelle Communication sur la méthode de calcul des sanctions pécuniaires au titre de l’article 260 TFUE
Solo il PIL, e non il peso demografico, determina la capacità finanziaria dello Stato: la nuova comunicazione sui criteri di calcolo delle sanzioni pecuniarie ex art. 260 TFUE
Only the GDP, and not its demographic weight, determines a State’s ability to pay: the new Communication on the criteria to determine financial penalties pursuant to article 260 TFEU
La genesi della Comunicazione in commento
Con la Comunicazione C/2025/1481, pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 5 marzo 20251, la Commissione europea ha nuovamente modificato il metodo di calcolo per la determinazione delle sanzioni pecuniarie proposte nell’ambito dei ricorsi di cui all’art. 260, parr. 2 e 3 TFUE.
L’iniziativa della Commissione è dichiaratamente debitrice della pronuncia resa dalla Corte di giustizia il 25 aprile 2024 ad esito della causa C-147/23, Commissione c. Polonia2. Il giudizio in oggetto era stato introdotto tramite ricorso ai sensi dell’art. 260, par. 3, TFUE in ragione della mancata tempestiva trasposizione da parte dello stato polacco della Direttiva Lanceurs d’alerte3. In tale occasione la Corte, facendo uso della discrezionalità che le è attribuita, si è infatti discostata dalla proposta della Commissione europea e dai criteri dalla stessa impiegati. Nel suo ricorso la Commissione faceva applicazione del metodo di calcolo già delineato nella Comunicazione del 2023, costruendo il fattore n (espressione della capacità finanziaria dello Stato membro)4 come prodotto fra il PIL e la popolazione dello Stato (v. infra). I giudici non hanno tuttavia condiviso tale impostazione, sottolineando come la determinazione della sanzione non può basarsi su un criterio di calcolo che correli in via presuntiva il peso demografico di uno Stato e la sua capacità finanziaria. Ad esito del proprio ragionamento, la Corte ha dunque rivisto al ribasso la sanzione da comminare alla Polonia.
Il nuovo criterio: un breve inquadramento
Con la Comunicazione in esame, la Commissione intende dunque allinearsi all’interpretazione fornita dalla Corte, modificando (nuovamente) i parametri alla base della determinazione del fattore n. Alla luce del più recente orientamento della Commissione, dunque, la capacità finanziaria degli Stati membri viene definita esclusivamente sulla base del PIL degli stessi, secondo il seguente modello aritmetico:
dove il numeratore rappresenta il PIL dello Stato membro parte della procedura ed il denominatore la media del prodotto interno lordo degli Stati membri dell’Unione. Il nuovo criterio troverà applicazione a tutte le decisioni di adire la Corte ai sensi dell’articolo 260 TFUE adottate dopo la pubblicazione della Comunicazione.
La pronuncia e la successiva Comunicazione segnano un’ulteriore tappa nel processo di graduale affinamento dei criteri di calcolo delle sanzioni e nella individuazione di un equilibrio fra efficacia deterrente e rispetto dei principi di proporzionalità, trasparenza, prevedibilità e certezza del diritto. Evidentemente, la procedura di cui all’art. 260, parr. 2 e 3, TFUE non potrebbe perseguire efficacemente i propri fini se non conducesse alla comminazione di sanzioni idonee da un lato a dissuadere lo Stato convenuto dal protrarre ulteriormente l’infrazione, dall’altro a prevenire future ed ulteriori violazioni da parte sia dello Stato interessato che degli altri Stati membri. Specularmente, tuttavia, l’appiattimento su una dimensione unicamente repressiva ed afflittiva potrebbe dar luogo ad un fenomeno di over-enforcement con conseguente perdita di legittimità della procedura e degli attori istituzionali che ne muovono le fila5. Nelle righe che seguono si tenterà di esporre le ragioni che hanno portato alla valorizzazione del solo dato economico, dando succintamente conto dei principali sviluppi degli ultimi anni sul côté giurisprudenziale e dell’evoluzione della prassi della Commissione europea.
Il (lungo) declino del criterio del peso istituzionale
La pronuncia sopra menzionata non è la prima occasione in cui la Corte disattende espressamente la proposta della Commissione. Invero, essa costituisce l’ultima di una serie di sentenze nelle quali la Corte ha imposto l’adozione di criteri più appropriati, criticando la deduzione in via diretta o surrettizia del parametro demografico ovvero dell’incidenza dello Stato membro nel processo decisionale. Nonostante già l’ AG Fennelly si fosse espresso criticamente in C-197/986, la Corte di giustizia prese posizione sul punto nella causa C-93/17, Commissione c. Grecia. In tale occasione venne censurata la metodologia applicata dalla Commissione sin dalla Comunicazione del 1997, nella quale la capacità finanziaria dello Stato veniva calcolata tenendo altresì conto del numero di voti di cui lo Stato disponeva nel Consiglio7. Nella sentenza tale metodologia venne giudicata non più pertinente alla luce del superamento, a partire dal 2017, del sistema del c.d. “voto ponderato” in favore del meccanismo della “doppia maggioranza” di cui all’art. 16, par. 4, TUE. Sebbene la Corte avesse riconosciuto che la giurisprudenza sino ad allora aveva costantemente accettato di tener conto del PIL dello Stato interessato unitamente al numero di voti di cui esso disponeva in seno al Consiglio, essa giunse alla conclusione che era necessario basarsi “definitivamente” (sic, sebbene l’avverbio pare essere frutto di un’infelice traduzione, poiché nella versione inglese e francese appaiono i termini “predominant” e “prédominant”, lessico rinvenibile altresì nelle pronunce successive, come descritto infra) sul PIL dello Stato8.
Ciò non ha tuttavia fatto desistere la Commissione europea dalla convinzione che fosse necessario determinare il fattore n in modo tale da riflettere anche il “peso istituzionale” dello Stato membro responsabile della violazione ovvero il suo “valore intrinseco nel quadro istituzionale dell’Unione”. La ragione di tale scelta riposava nella asserita necessità di tener conto dell’apporto dello Stato convenuto nella definizione della norma comunitaria oggetto della violazione, oltre all’intento di evitare un divario eccessivo fra i coefficienti attribuiti ai singoli Stati.
Così, nel 2019 la Commissione adottò una Comunicazione sul calcolo delle sanzioni in cui il “peso specifico” dello Stato trovava concretizzazione nel numero di seggi attribuiti in seno al Parlamento europeo9. Non mancarono critiche anche a tale approccio10. In primo luogo, venne osservato che non sussiste alcuna diretta relazione fra il numero di parlamentari attribuiti allo Stato nel Parlamento europeo e la “responsabilità” del medesimo Stato nell’adozione della norma violata, dal momento che i trattati potrebbero prevedere una variabile incidenza del Parlamento nel processo decisionale (prevedendo la procedura legislativa ordinaria ovvero quella speciale), financo la sua sostanziale marginalità in alcuni casi. In secondo luogo, fu (condivisibilmente) osservato che la posizione espressa dai parlamentari non coincide necessariamente con quello dello Stato di provenienza, sia perché essi godono di un autonomo mandato democratico, sia perché le maggioranze in sede parlamentare si coagulano tendenzialmente sulla base dell’appartenenza ai gruppi politici.
Accodandosi alle critiche appena esposte, il Kirchberg ha giudicato inappropriato anche il criterio della rappresentanza nel Parlamento europeo. Difatti, nella causa, decisa nel 2022, Commissione c. Grecia11 la Corte si è allineata alle Conclusioni dell’AG Pitruzzella, a parere del quale l’adozione di un criterio basato su valori diversi dal PIL non appare necessario ai fini dell’imposizione di sanzioni sufficientemente dissuasive12. Sulla scorta di questo rilievo, la Corte ha dunque affermato che l’obiettivo di configurare una sanzione proporzionata non si concretizza nell’assunzione del peso istituzionale dello Stato come criterio, giacché esso è indipendente dalle caratteristiche dell’inadempimento de quo. La Corte ha poi precisato che occorre basarsi sul PIL quale “fattore predominante” nella determinazione della capacità di pagare, ferma restando la possibilità per la Commissione di proporre sanzioni pecuniarie fondate su una pluralità di criteri, al fine di consentire, in particolare, di mantenere un divario ragionevole tra i diversi Stati membri13. Nonostante l’ambiguità di tale ultimo passaggio, è apparso chiaro come il peso istituzionale dello Stato convenuto non potesse più figurare fra i criteri principali nella determinazione del parametro n.
A seguito di tale ultima pronuncia la Commissione ha abbandonato l’espresso richiamo a fattori indicativi del peso istituzionale in favore di un nuovo criterio incentrato sulla dimensione demografica. Difatti, la successiva Comunicazione del 202314, modificativa di quella adottata nel 2019 ed oggetto della pronuncia della Corte nella causa Commissione c. Polonia citata in apertura, ha determinato il fattore n affiancando al parametro economico “puro” (PIL) un fattore espressivo del peso demografico dello Stato membro. In particolare, il valore era calcolato secondo la seguente formula:
Dal canto suo, la Commissione aveva motivato l’introduzione del criterio demografico in un’ottica di stabilizzazione del criterio “economico”, giacché il PIL potrebbe essere oggetto di variazioni nel corso degli anni, e di contenimento dei fattori n attribuiti agli Stati entro uno scarto ragionevole. In merito, occorre precisare che la giurisprudenza della Corte pareva aver avallato l’impiego del dato demografico, o quantomeno non ne aveva enunciato a chiare lettere la non pertinenza rispetto alla capacità finanziaria di uno Stato. Difatti, nella già citata causa Commissione c. Grecia (C-51/20) era stato lo stesso AG Pitruzzella a suggerire l’impiego di un criterio demografico, sì da mantenere una determinata proporzione tra i coefficienti applicati ai diversi Stati membri15. Tali rilievi sono stati poi ripresi dall’AG Emiliou nelle sue Conclusioni in Commissione c. Polonia, in cui non si esclude aprioristicamente la rilevanza del dato demografico nel calcolo delle sanzioni, suggerendo la sua introduzione ai fini del calcolo del PIL pro capite16. La Corte di giustizia non si è tuttavia spinta fino ad una riformulazione autonoma e “creativa” del fattore n, ad esempio attribuendo una diversa incidenza alla popolazione dello Stato, limitandosi invece ad affermare che l’assunzione di un criterio demografico come quello proposto dalla Commissione europea determina una disgiunzione del fattore n dalla reale capacità finanziaria dello Stato membro interessato, che può condurre alla fissazione di un fattore n il quale non corrisponde necessariamente a tale capacità 17. Né tale divario può trovare giustificazione nell’ obiettivo di mantenere un certo scostamento tra i fattori n degli Stati membri.
Considerazioni conclusive
Ad esito della pronuncia Commissione c. Polonia e del successivo adeguamento della Commissione europea con la pubblicazione della Comunicazione ora in esame, il fattore n si basa esclusivamente sul rapporto fra il PIL dello Stato convenuto e la media dei ventisette. L’affrancamento dal dato demografico segna uno sviluppo positivo nella misura in cui recide definitivamente il legame con il presunto peso specifico dello Stato nel processo decisionale. Difatti, la deduzione di un fattore legato alla popolazione poteva apparire come un succedaneo del criterio fondato sul peso istituzionale, poiché ad oggi il parametro della “doppia maggioranza” comporta l’incidenza non secondaria della popolazione rappresentata dagli Stati membri votanti in Consiglio europeo e Consiglio. Tuttavia, oltre che per le ragioni sopra esposte, tale criterio perde totalmente di significato nel momento in cui lo Stato convenuto figura fra quelli oppostisi o astenutisi all’adozione della disposizione di cui si è accertata la violazione. E ancora, se si considera che la violazione deducibile ai sensi dell’art. 258 TFUE non necessariamente riguarda una norma di diritto derivato (potendo trattarsi, ad esempio, anche di un principio generale ovvero di altra norma di diritto primario) l’inconferenza di un criterio che rimandi, ancorché indirettamente, al ruolo dello Stato nella approvazione di norme di diritto secondario si appalesa ulteriormente. Si possono dunque condividere le critiche mosse dall’AG Emiliou e fatte proprie dalla Corte sul ricorso al dato demografico nella Comunicazione del 2023, giacché finiva irragionevolmente per instaurare un rapporto di proporzionalità diretta (ancorché “temperata”, poiché il fattore demografico pesava solo per 1/3 sul valore complessivo) fra popolazione di uno Stato e la sua capacità finanziaria.
Alla luce della recente giurisprudenza della Corte di giustizia, dunque, il fattore economico è il dato principale, se non esclusivo, da prendere in considerazione nella determinazione di n. Quanto ad “altri fattori”, invece, la Corte non ne ha escluso a priori la deducibilità, ma fino ad oggi la loro integrazione è parsa quantomeno problematica. Sul punto, la Corte, da un lato, ha affermato che, sì, è legittimo che la Commissione persegua l’obiettivo di contenere i coefficienti degli Stati entro un ragionevole margine, ma, dall’altro, ha contestato la metodologia adottata per giungere a tale scopo, lamentando puntualmente la non attinenza dei criteri dedotti rispetto alla capacità finanziaria dello Stato interessato18. Il criterio relativo al peso demografico potrebbe trovare nuovamente collocazione nella metodologia del calcolo delle sanzioni laddove effettivamente contribuisse ad esprimere la “capacità di pagare” di uno Stato, ad esempio attraverso il criterio del PIL pro capite, già suggerito in dottrina19. L’eliminazione del fattore demografico ha comportato marginali variazioni nominali dei fattori n attribuiti ai singoli Stati (ad esempio il fattore assegnato alla Germania è passato da 6,16 a 6,57, quello francese da 4,45 a 4,43, quello polacco da 1,37 a 1,18, quello lussemburghese da 0,09 a 0,12)20.
La recente Comunicazione segna dunque un primo punto fermo dopo diversi arresti che manifestavano una divergenza fra Commissione europea e Corte di giustizia circa la traduzione in concreto del principio di proporzionalità della sanzione. Non sono comunque da escludersi ulteriori e nuovi sviluppi, giacché permangono alcune incongruenze fra l’approccio predicato dalla Corte di giustizia e la prassi seguita dalla Commissione. In primo luogo, nonostante il richiamo in giurisprudenza alla necessità che nel calcolo della sanzione si tenga conto della situazione economica complessiva nella quale lo Stato versa al momento della pronuncia21, le sanzioni proposte dalla Commissione continuano a basarsi sul PIL risalente ad anni precedenti22. Se, da un lato, tale approccio può servire lo scopo di assicurare maggior prevedibilità nella determinazione della sanzione, d’altra parte non rispecchia fedelmente l’obiettivo primario di prevedere misure parametrate all’effettiva ed attuale capacità di pagamento di uno Stato. A ciò si aggiunga che lo stesso parametro del PIL “assoluto” è stato in passato giudicato non pienamente rappresentativo della capacità finanziaria di uno Stato, in particolare a fronte di rilievi, già esposti, sulla presunta maggior rappresentatività del PIL pro capite. Ulteriormente, si può osservare come la Commissione europea ha mancato di recepire espressamente le indicazioni della Corte sulla determinazione del coefficiente di gravità da applicarsi nei casi di mancata comunicazione delle misure di trasposizione delle direttive. Sul punto, la pronuncia ha infatti accolto le censure mosse dalla Polonia circa l’inadeguatezza della automatica applicazione dello stesso coefficiente di gravità (nello specifico, di 10) in tutte le ipotesi di mancato recepimento di una direttiva rispetto all’obiettivo della comminazione di sanzioni proporzionate, commisurate al contenuto normativo della direttiva non recepita e all’incidenza della violazione sugli interessi privati e pubblici23. L’invito dei giudici ad una valutazione della gravità dell’infrazione condotta caso per caso non trova esplicito riscontro nella ultima Comunicazione della Commissione.
In conclusione, ed al netto dei rilievi sopra mossi, è senz’altro positivo che la Corte continui ad adottare e far proprio il metodo aritmetico elaborato dalla Commissione nelle proprie Comunicazioni, articolando così il proprio processo decisionale di imposizione delle sanzioni in maniera chiara e trasparente. Siffatto approccio, che certamente non esclude del tutto ogni margine di autonomo apprezzamento, contribuisce ad ingenerare maggior fiducia negli Stati membri destinatari delle misure sanzionatorie, promuovendo, così, l’effettività complessiva del sistema di enforcement centralizzato.
1 Comunicazione della Commissione “Modifica del metodo di calcolo delle sanzioni pecuniarie proposte dalla Commissione nell’ambito dei procedimenti di infrazione alla Corte di Giustizia”, in GUUE C 1481, 5 marzo 2025.
2 Corte giust., 25 aprile 2024, causa C-147/23, Commission c. Polonia, ECLI:EU:C:2024:346.
3 Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione in GUUE L 305, 26 novembre 2019, p. 17; come è noto, la previsione di cui al terzo paragrafo prevede che la Corte di giustizia possa comminare una somma forfettaria o una penalità di mora a seguito del semplice accertamento della mancata comunicazione delle misure di trasposizione di direttive adottate secondo la procedura legislativa ordinaria.
4 Il fattore n costituisce uno degli elementi inclusi nell’operazione aritmetica che permette di determinare in maniera obiettiva e con un apprezzabile margine di prevedibilità l’entità della sanzione che verrà comminata allo Stato membro.
5 Sulla rischio di perdita di legittimità come conseguenza dell’introduzione di meccanismi di carattere sanzionatorio, R. Bieber, F. Maiani, Enhancing Centralized Enforcement of EU Law: Pandora’s Toolbox?, in CMLR, 2014, 1092.
6 Conclusioni dell’avvocato generale Fennelly, 9 dicembre 1999, causa C-197/98, Commissione c. Grecia, ECLI:EU:C:1999:597, parr. 38-40, ove si lamenta il carattere essenzialmente politico della attribuzione dei voti in seno al Consiglio e, dunque, l’inopportunità di fondare su tale criterio il fattore n. V. anche conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer, 28 settembre 1999, causa C-387/97, Commissione c. Grecia, ECLI:EU:C:1999:455, par. 112 (nt. 40).
7 Comunicazione della Commissione europea “Metodo di calcolo della penalità prevista dall’articolo 171 del Trattato CE, in GUCE C 63/2, 28 febbraio 1997, pag. 2.
8 Corte giust., 14 novembre 2018, causa C-93/17, Commissione c. Grecia, ECLI:EU:C:2018:903, punti 136-142. Già in passato la correlazione fra “peso decisionale” dello Stato in seno al Consiglio e capacità finanziaria è stata oggetto di critiche, v. per tutti C. Amalfitano, La procedura di condanna degli Stati membri dell’Unione europea, Milano, 2012, p. 90 e dottrina ivi citata. Recentemente, sul punto, A. Kornezov, Imposing the right amount of sanctions under Article 260 (2) TFEU: Fairness v. Predictability, or How to “Bridge the Gaps”, in Columbia Journal of European Law, 2014, p. 329.
9 Comunicazione della Commissione europea “Modifica del metodo di calcolo delle somme forfettarie e delle personalità giornaliere alla Corte di giustizia dell’Unione europea”, in GUUE C 70/1, 25 febbraio 2019.
10 In generale, per una disamina critica della Comunicazione del 2019, R. Adam, “Peso istituzionale” degli Stati membri e calcolo delle sanzioni per inadempimenti a obblighi europei, in Osservatorio, Il Diritto dell’Unione Europea, 2019.
11 Corte giust., 20 gennaio 2022, C-51/20, Commissione c. Grecia, ECLI:EU:C:2022:36.
12 Conclusioni dell’Avvocato Generale Pitruzzella, 1 luglio 2021, causa C-51/20, Commissione c. Grecia, ECLI:EU:C:2021:534, par. 35.
13 Corte giust., 20 gennaio 2022, causa C-51/20, Commissione c. Grecia, cit., punto 116.
14 Comunicazione della Commissione “Sanzioni pecuniarie nei procedimenti di infrazione”, GUUE C 2 01, 4 gennaio 2023, p. 1.
15 Conclusioni dell’avvocato generale Pitruzzella, 1 luglio 2021, Commissione c. Grecia, cit., par. 37.
16 Conclusioni dell’avvocato generale Emiliou, 14 marzo 2024, causa C-147/23, Commission c. Polonia, ECLI:EU:C:2024:241, par. 128. La differenza è, però, sostanziale, giacché nella metodologia suggerita dalla Commissione il valore espressivo del peso demografico figurava come fattore di una moltiplicazione, diversamente, ai fini del PIL pro capite funge da denominatore.
17 Così Corte giust., 25 aprile 2024, C-147/23, Commissione c. Polonia, cit., punti 84 – 85. La non pertinenza del criterio demografico era già stata trattata incidentalmente nelle conclusioni dell’avvocato generale Wathelet, 16 maggio 2018, causa C-93/17, Commissione c. Grecia, par. 39.
18 Cfr. Corte giust., 20 gennaio 2022, causa C-51/20, Commissione c. Grecia, cit., punti 116-117; 25 aprile 2024, causa C-147/23, Commissione c. Polonia, cit., punto 85.
19 S. Peers, Sanctions for Infringement of EU Law after the Treaty of Lisbon, in EPL, 2012, p. 48 e riferimenti ivi citati.
20 Tuttavia, la variazione si traduce comunque in differenze di non poco momento. Ad esempio, assumendo una violazione di media gravità (coefficiente 5) e della durata di 2 anni, la somma forfettaria comminata alla Polonia passerebbe da 5. 000 500 euro a 4 307 000 euro, quella inflitta alla Germania da 22 484 000 a 23 980 500 euro, quella inflitta al Lussemburgo da 328. 000 euro a 438. 000 euro.
21 Corte giust., 14 novembre 2018, causa C-93/17, Commissione c. Grecia, cit., punti 134-135; 2 dicembre 2014, causa C-196/13, Commissione .c Italia, ECLI:EU:C:2014:2407, punto 104.
22 V. da ultimo Comunicazione della Commissione “Modifica del metodo di calcolo delle sanzioni pecuniarie proposte dalla Commissione nell’ambitodei procedimenti di infrazione alla Corte di Giustizia”, cit., Allegato, punto 3, ove si fa riferimento al PIL del 2023.
23 Corte giust., 25 aprile 2024, causa C-147/23, Commissione c. Polonia, cit., punti 71-79. La fissazione del coefficiente di gravità “fisso” pari a 10 in caso di mancata comunicazione delle misure di trasposizione risale alla citata Comunicazione del 2023, “Sanzioni pecuniarie nei procedimenti di infrazione”, punto 3.2.2.