R. MASTROIANNI (sous la dir. de), Il diritto processuale dell’Unione europea
Giappichelli, Torino, 2025, pp. I-441
Il volume curato da Roberto Mastroianni, che è altresì Autore del secondo capitolo consacrato alla presentazione di insieme del sistema giurisdizionale dell’Unione europea nonché (con Fabio Ferraro) del settimo capitolo dedicato al rinvio pregiudiziale, si iscrive nell’ormai non più esigua – per quanto pur sempre di nicchia – schiera delle trattazioni generali del sistema contenzioso dell’Unione europea, con attenzione alle “regole del processo” che disciplinano l’attività giurisdizionale del Tribunale e della Corte di giustizia.
È lo stesso curatore a ricordare come nella pubblicistica italiana vi sia, oltre al volume realizzato da Federico Carpi e Paolo Biavati (prima edizione risalente al 1994), soltanto il testo che proprio l’autore di questa recensione scrisse insieme a Roberto Mastroianni nel 2009, nell’imminenza dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Ciò ovviamente volendo limitare l’indagine alle sole opere manualistiche. Entrambe le trattazioni sono ormai ampiamente datate ed appaiono tra di loro fortemente disomogenee, soprattutto per la differente provenienza scientifica degli autori della prima e della seconda. La letteratura non italiana, invece, ha dedicato una più ampia (e risalente) attenzione alla esposizione scientifica delle regole organizzative e processuali che interessano il Giudice dell’Unione: successivamente al ben noto Contentieux communautaire, di Ami Barav e Georges Vandersanden del 1977, è soprattutto la pubblicistica di lingua inglese a dedicare attenzione al tema: basti pensare, senza pretesa di esaustività, al lavoro – di costante riferimento anche all’interno dell’istituzione – di Koen Lenaerts (che, tra l’altro, presenta il volume oggetto di recensione), Kathleen Gutman e Janek Tomasz Nowak, giunta nel 2023 alle seconda edizione (EU Procedural Law), al volume di René Barents (2016), Remedies and Procedures before the EU Courts; a quello di K.P.E. Lasok, The European Court of Justice. Pratice and Procedure (nel 2022 ormai giunto alla quarta edizione); a quello curato da Viktor Lusczc (2020), European Court Procedure. A Practical Guide ed ancora, risalendo nel tempo, al lavoro curato da Richard Plender, European Courts. Practice and Precedents (1996).
Colpisce, innanzitutto, il fatto che la più parte di questi lavori è il frutto dell’impegno di più autori, che spesso hanno il tratto comune di aver maturato un’esperienza alla Corte di giustizia dell’Unione europea (giudici, referendari, avvocati). Ne consegue, quasi naturalmente, una narrazione molto utile alla pratica, perché orientata a fornire soluzioni concrete ai problemi che il practictionner (sia esso giudice, referendario o avvocato) si trova ad affrontare nell’esercizio della sua professione giudiziaria a Lussemburgo. Ciò condiziona molto anche lo stile dell’esposizione, densa di utilissimi riferimenti alla giurisprudenza della Corte di giustizia e del Tribunale, per poter fornire immediatamente una indicazione “operativa” a chi, nel corso del giudizio o in vista del medesimo, è chiamato a compiere scelte processuali, a volte anche tattiche, sempre potenzialmente dotate di ripercussioni sull’esito della controversia.
Il lavoro che si recensisce in queste pagine si differenzia da questo metodo e da questo stile. Non certo perché manchino i riferimenti alla giurisprudenza delle giurisdizioni unionali, ma perché essi non sono sovrabbondanti e l’esposizione degli istituti rilevanti avviene con un approccio che privilegia il profilo scientifico e la presentazione dogmatica, quasi accademica, riflettendo l’impegno universitario di molti degli Autori coinvolti. Ne discende un lavoro di più piacevole lettura, certamente meglio adatto a coprire, oltre alle necessità dello specialista, anche i bisogni degli studenti o degli studiosi che frequentano i corsi di diritto processuale o del contenzioso dell’Unione europea, che sono ormai stati introdotti in diverse università italiane.
Il volume si apre con un capitolo dedicato alla tutela giurisdizionale dinanzi alla Corte di giustizia, dove l’Autore (Amedeo Arena) fin dall’introduzione ci richiama alla sua – ben nota – passione per l’accurata ricerca storica dell’evoluzione del sistema giudiziario dell’Unione europea. Il capitolo successivo, dedicato ai tratti costituzionali dell’organizzazione giudiziaria dell’Unione europea è, come si è ricordato, scritto da Roberto Mastroianni, il quale nel quarto paragrafo sintetizza efficacemente la capacità della Corte di fungere da fattore di integrazione attraverso il diritto, attitudine questa che ha reso l’esperienza giuridica di cui si tratta un unicum nel panorama dell’intera comunità internazionale.
Nelle pagine finali del capitolo, si ritrova traccia dell’importante esperienza pratica dell’Autore, come referendario della Corte, avvocato di fronte alle giurisdizioni del Kirchberg ed infine giudice del Tribunale dell’Unione europea, a cui non sfugge l’importanza essenziale di figure “minori”, di quel processo. Pur nella sinteticità imposta dalla trattazione, viene infatti ricordato il ruolo chiave del Cancelliere e la grandissima utilità di quei collaboratori del giudice (o dell’avvocato generale) conosciuti come referendari. Si dedicano altresì alcune righe ai relatori aggiunti, figura pressoché sconosciuta a chi non abbia letto con attenzione le previsioni dello statuto della Corte di giustizia, ma per i quali l’Autore propone un’ipotetica – e delicata – funzione di “ponte” con le sensibilità giuridiche costituzionali nazionali, nelle cause che sollevino delicate questioni costituzionali in uno o più Stati membri, così riallacciandosi ad un’idea già formulata nell’articolo La sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2024 in tema di rapporti tra ordinamenti, ovvero la scomparsa dell’art. 11 della Costituzione, in Quaderni AISDUE, n. 1/2025.
Non scontata in un volume di diritto processuale dell’Unione europea, ma di sicura utilità scientifica e sistematica, è la presenza di un capitolo (affidato a Grazia Vitale) dedicato al ruolo del giudice nazionale. Ancor più importante aver affrontato tale tema non tanto sotto il profilo, per così dire organizzativo, dell’analisi dell’art. 267 TFUE (a cui è espressamente consacrato il capitolo settimo), ma nella prospettiva del primato del diritto dell’Unione e degli istituti giuridici che del primato sono figli e strumenti di piena realizzazione. Chi scrive queste poche righe ritrova, nel leggere queste pagine, l’insegnamento di Giuseppe Tesauro, il cui nome, senza sorprese, figura (con quello di Girolamo Strozzi) tra i Maestri a cui Roberto Mastroianni dedica il lavoro.
Interessante l’impostazione sistematica, in base alla quale si è scelto di premettere, alle trattazioni dei singoli ricorsi, un capitolo (a cura di Fabio Ferraro, Daniele Domenicucci e Andrea Circolo) dedicato ai principi di base del diritto processuale dell’Unione. Tali “principi di base” non sono le regole “comuni” di cui al regolamento di procedura della Corte di giustizia, ma piuttosto si riassumono nel diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva (di cui agli artt. 19 TUE e 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) e nei i suoi corollari, declinati però in una dimensione “interna”, e quindi con riferimento alle regole di composizione, organizzative e di funzionamento proprie dei giudici dell’Unione. In questo contesto, colpisce il vago vaticinio sulla portata del principio di indipendenza rispetto agli stessi giudici di Corte e Tribunale, potendo la giurisprudenza della Corte sul rispetto degli artt. 19 e 47 da parte dei sistemi giuridici nazionali «ben presto coinvolgere gli stessi giudici di Lussemburgo». Il tema ha suscitato, del resto, molto interesse nella dottrina più recente: al lettore appassionato del sistema giurisdizionale dell’Unione non sarà sfuggito il vivace, pur non sempre puntuale, dibattito sul ruolo del “Comitato 255”, particolarmente animato dalle pagine di EU Law Live nel 2024 e nel 2025.
Seguono i capitoli dedicati alle singole vie di ricorso, affidati a sicuri esperti di ogni argomento, vuoi per vocazione professionale nella pratica dell’istituzione giudiziaria europea, vuoi per studi e approfondimenti scientifici compiuti nella materia. Senza che sia qui possibile dare conto in egual misura di ognuno di essi, ci si permette di menzionare il capitolo quinto, dedicato alla procedura di infrazione e molto opportunamente suddiviso in due parti: la prima, sulle regole e la prassi europea, affidata a Luca Prete, referendario alla Corte di giustizia e noto esperto dell’argomento; la seconda, sulle regole e la prassi interna, affidata a Claudia Massa, ricercatrice universitaria, che, per affrontare un profilo poco esplorato della dimensione organizzativa nazionale con cui viene gestito il complesso meccanismo delle infrazioni al diritto dell’Unione, si è intelligentemente avvalsa (come denota il ringraziamento all’inizio del capitolo) di confronti con il Servizio procedure di infrazione e gestione del pre-contenzioso del Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio, in cui, da fine 2023, si è trasformata (con scelta la cui efficacia è ancora da misurare) la storica struttura di missione a ciò dedicata fin dal 2006 e che chi scrive ha avuto l’onore di guidare per alcuni anni. La trattazione del ricorso di annullamento, come del ricorso per responsabilità extracontrattuale dell’Unione, affidati entrambi a referendari del Tribunale di comprovata esperienza, consente al lettore interessato (specie se avvocato o comunque attento alla dimensione pratica di quelle azioni) di apprendere aspetti della giurisprudenza della Corte e del Tribunale altrimenti non facilmente individuabili, i quali, del resto, dallo studioso orientato alla mera prospettazione teorica dell’attività del giudice dell’Unione, rischiano di essere pretermessi, a dispetto della loro fondamentale importanza per permettere di “misurare” l’effettività della tutela giurisdizionale diretta nell’Unione europea.
La parte quinta del capitolo sesto, dedicata agli “altri ricorsi diretti” raggruppa un eterogeno insieme di meccanismi di tutela giurisdizionale, di valenza (anche sistematica) molto differenti tra di loro. Esigenze editoriali, e forse anche di utenza finale, hanno certamente imposto una trattazione sintetica di vie di ricorso che avrebbero meritato (almeno alcune di esse) un più ampio esame, sia per l’importanza istituzionale (si pensi alle controversie fondate sull’art. 269 TFUE ovvero a quelle relative al SEBC e alla BCE), sia per la loro rilevanza quantitativa non disgiunta da delicati problemi (anche di diritto applicabile) a cui hanno dato luogo (si pensi al capitolo sulle controversie in virtù di clausole compromissorie).
Completano l’esposizione delle vie di ricorso il capitolo sul rinvio pregiudiziale e quello sui pareri resi ai sensi dell’art. 218 TFUE (quest’ultimo affidato a Flavia Rolando). Il primo di essi è un’importante ed estesa trattazione sui profili istituzionali dell’art. 267 TFUE, adeguatamente collocata nella sistematica della completezza dei rimedi e dunque con attenzione, da un lato, alla complementarietà con le altre vie di ricorso e, dall’altro lato, al ruolo del giudice nazionale. Il secondo affronta un aspetto delle competenze della Corte certamente poco trattato dalla manualistica tradizionale nonostante l’indiscutibile rilevanza, anche istituzionale, di alcuni tra i pareri pronunciati dalla Corte di giustizia. Di particolare interesse il paragrafo sui “parametri di valutazione”, dove l’Autore si allontana dallo schema propriamente processuale per richiamare principi e regole che la Corte ha elaborato nell’ambito della redazione dei pareri e che fanno ormai parte dei capisaldi istituzionali del diritto dell’Unione europea.
Infine, il capitolo nono, dedicato alle regole del processo, è – potenzialmente – il condensato di un manuale a sé stante, analiticamente consacrato all’esame, sempre condotto alla luce delle pronunce giurisprudenziali rilevanti, dei singoli istituti propriamente processuali, distinti in “orizzontali” (perché si applicano, con pochissime distinzioni, tanto al processo di fronte al Tribunale, quanto a quello di fronte alla Corte) e in regole applicabili nel processo di fronte al Tribunale e regole applicabili nel processo di fronte alla Corte, ivi compresa (e in qualche modo “annegata” nella sistematica della trattazione) la fase del giudizio di impugnazione, che forse avrebbe meritato autonoma e distinta trattazione. La tutela cautelare e il procedimento di liquidazione delle spese chiudono il lavoro, con l’approccio analitico e ben organizzato di chi pratica quotidianamente la materia (Massimo F. Orzan e Fabio Filpo, entrambi referendari e il primo autore di una recente monografia sulla protezione cautelare).
La sommaria, e lacunosa, rassegna dei capitoli di questo volume si è resa necessaria per dare atto del fatto che, a dispetto del titolo che sembra evocarne una dimensione puramente processuale, il lavoro curato da Roberto Mastroianni risponde ai caratteri propri di una trattazione istituzionale e adeguatamente approfondita del ruolo istituzionale della Corte di giustizia dell’Unione europea nell’ordinamento giuridico a cui appartiene e della sua continua interazione con i giudici, e quindi con i relativi sistemi giuridici, nazionali. La lettura e lo studio del testo sono pertanto raccomandati certo a chi voglia familiarizzare e approfondire la tutela processuale di fronte ai giudici dell’Unione, ma anche a chi abbia interesse a coglierne e a misurarne l’effettiva importanza per la tenuta –anche politica – di un sistema giuridico che ha garantito ai suoi cittadini più di sessant’anni di pace e giustizia.
