Cour constitutionnelle : l’article 11 de la Constitution disparaît en tant que « fondement sûr » de la relation entre le droit national et le droit de l’Union européenne
Corte cost., 3 Juillet 2025, n. 95
Corte costituzionale: scompare l’art. 11 Cost. quale « sicuro fondamento » del rapporto tra ordinamento nazionale e diritto dell’Unione europea
The Italian Constitutional Court: Article 11 of the Constitution Disappears as «Secure Foundation» of the Relationship Between the National Law and EU Law
Merita attenzione l’affermazione della Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 95/20251, secondo cui, posto il tenore dell’art. 117, primo comma, Cost., che impone al legislatore (statale e regionale) di rispettare i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario” e gli “obblighi internazionali”, «le due categorie di obblighi sono equiparate quanto agli effetti vincolanti per il legislatore statale e regionale, impregiudicata restando soltanto la diversa estensione dei limiti di tali vincoli, così come precisati dalla giurisprudenza di questa Corte a partire dalle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007: il nucleo dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona umana, rispetto ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario (oggi, dell’Unione europea); l’intero corpus delle norme di rango costituzionale, rispetto agli obblighi di diritto internazionale pattizio. L’effetto della violazione degli obblighi unionali e internazionali da parte della legge, statale o regionale che sia, è però identico, e consiste nella illegittimità costituzionale della stessa, da dichiararsi da parte di questa Corte – salva naturalmente la possibilità per il giudice comune, rispetto al solo diritto dell’Unione europea dotato di effetto diretto, di disapplicare la legge nazionale o regionale che risulti con esso incompatibile» (così il punto 5.3.2 del considerato in diritto).
L’attenzione a tale affermazione si giustifica in primo luogo con la tendenza (non nuova) della Corte a richiamare i propri precedenti in modo da far loro dire solo quanto ora conviene, e mantenere così un’apparente continuità con essi. Non è in discussione che l’art. 117, primo comma, Cost. equipari i vincoli comunitari agli obblighi internazionali quali limiti generali della potestà legislativa statale e regionale aggiunti alla stessa Costituzione. Né sono in discussione i diversi limiti di contenuto che la potestà legislativa incontra di fronte ai due obblighi. Solo che già a questo punto diventa lecito chiedersi perché il diritto dell’Unione incontri solo il nucleo dei princìpi supremi mentre il diritto internazionale pattizio risulti vincolato dall’intero testo costituzionale.
La risposta è ben scritta nella citata sentenza n. 348 del 20072 (così come nella successiva sentenza “gemella” n. 3493). Quanto alla distinzione fra i due obblighi, osserva la Corte che «[s]i tratta di una differenza non soltanto terminologica, ma anche sostanziale. Con l’adesione ai Trattati comunitari, l’Italia è entrata a far parte di un “ordinamento” più ampio, di natura sopranazionale, cedendo parte della sua sovranità, anche in riferimento al potere legislativo, nelle materie oggetto dei Trattati medesimi, con il solo limite dell’intangibilità dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione. La Convenzione EDU, invece, non crea un ordinamento giuridico sopranazionale e non produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati contraenti. Essa è configurabile come un trattato internazionale multilaterale – pur con le caratteristiche peculiari che saranno esaminate più avanti – da cui derivano “obblighi” per gli Stati contraenti, ma non l’incorporazione dell’ordinamento giuridico italiano in un sistema più vasto, dai cui organi deliberativi possano promanare norme vincolanti, omisso medio, per tutte le autorità interne degli Stati membri» (punto 3.3. del considerato in diritto).
Come si vede, nel 2007 la Corte ricavò il differente e assai più ristretto limite di contenuto incontrato dal diritto UE rispetto a quello del diritto internazionale pattizio dal diverso fondamento costituzionale del primo, rinvenuto nell’art. 11 Cost., col suo richiamo a un “ordinamento” più ampio di quello statale, di natura sopranazionale, e tale da produrre norme direttamente applicabili nei relativi Stati membri, che invece difetta nel diritto internazionale pattizio.
Questa connessione si perde completamente nel passo richiamato della sentenza del 2025. La quale passa infatti a distinguere gli effetti delle norme UE e di quelle pattizie come se l’art. 117, primo comma, Cost. bastasse allo scopo, ossia ignorando il diverso fondamento delle prime alla stregua dell’art. 11 Cost. E ignorandolo può equiparare gli effetti di un’eventuale violazione della legge nazionale con le une e con le altre in termini di illegittimità costituzionale, salva la (mera) possibilità di disapplicazione della stessa in caso di contrasto col diritto UE dotato di effetto diretto.
Le acquisizioni delle sentenze del 2007 – ribadite ancora con forza negli anni successivi4 – vengono così sostanzialmente disconosciute e, ciò che più conta, l’operazione non avviene apertamente né (forse?) consapevolmente. Si direbbe che la Corte non colga la differenza fra il mettere l’uno dopo l’altro, senza collegamenti, gli assunti sui diversi limiti di contenuto degli obblighi internazionali e posti dal diritto UE e sugli effetti della relativa violazione da parte del legislatore, e il ricercare il collegamento fra gli uni e gli altri attraverso la individuazione del diverso fondamento costituzionale dell’adesione all’Unione europea o a un trattato internazionale. La quale, come dimostra appunto il passo riportato della pronuncia n. 348 del 2007, non consente di relegare in un angolo la valutazione della portata degli effetti diretti ascrivibili a una parte del diritto dell’Unione europea.
Da snodo fondamentale della distribuzione del potere di normazione fra ordinamento interno e ordinamento dell’Unione, che da Granital5 in poi animò la giurisprudenza sul punto, l’art. 11 Cost. è divenuto un oggetto scomodo, se non una partie hontuese del diritto costituzionale. Ma così non si va molto lontano e si rischia di discostarsi sempre più dalla giurisprudenza “comunitaria” che impone la disapplicazione, ricorrendone i presupposti, e pone il rinvio pregiudiziale al centro dell’architettura giurisdizionale dell’Unione6. Neanche se si cerchi a tutti i costi – come si sta cercando di fare negli ultimi anni, a partire dal noto obiter dictum di cui alla sentenza n. 269/20177 sino alla più recente giurisprudenza sul “tono costituzionale”8 – un recupero del ruolo della Corte costituzionale nella dinamica dei rapporti fra corti europee e corti nazionali, e in particolare, in questo caso, fra Corte di giustizia e Corte di cassazione.
1 V. Corte cost., 3 luglio 2025, sentenza n. 95, ECLI:IT:COST:2025:95.
2 Corte cost., 24 ottobre 2007, sentenza n. 348, ECLI:IT:COST:2007:348.
3 Corte cost., 24 ottobre 2007, sentenza n. 349, ECLI:IT:COST:2007:349.
4 Si veda, per tutte, la sentenza del 24 giugno 2010, n. 227, ECLI:IT:COST:2010:227 dove, richiamando le sentenze gemelle, si evidenziano le differenze tra art. 11 e art. 117 Cost., quanto a rapporti del diritto interno con il diritto, rispettivamente, dell’Unione e internazionale pattizio e si afferma appunto (da qui il titolo di questa breve segnalazione) che «[q]uesta Corte, fin dalle prime occasioni nelle quali è stata chiamata a definire il rapporto tra ordinamento nazionale e diritto comunitario, ne ha individuato il “sicuro fondamento” nell’art. 11 Cost. (in particolare, sentenze n. 232 del 1975 e n. 183 del 1973; ma già in precedenza, le sentenze n. 98 del 1965 e n. 14 del 1964). È in forza di tale parametro, collocato non senza significato e conseguenze tra i principi fondamentali della Carta, che si è demandato alle Comunità europee, oggi Unione europea, di esercitare in luogo degli Stati membri competenze normative in determinate materie, nei limiti del principio di attribuzione. È sempre in forza dell’art. 11 Cost. che questa Corte ha riconosciuto il potere-dovere del giudice comune, e prima ancora dell’amministrazione, di dare immediata applicazione alle norme comunitarie provviste di effetto diretto in luogo di norme nazionali che siano con esse in contrasto insanabile in via interpretativa; ovvero di sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione di quel parametro costituzionale quando il contrasto fosse con norme comunitarie prive di effetto diretto (sentenze n. 284 del 2007 e n. 170 del 1984). È, infine, in forza delle limitazioni di sovranità consentite dall’art. 11 Cost. che questa Corte ha riconosciuto la portata e le diverse implicazioni della prevalenza del diritto comunitario anche rispetto a norme costituzionali (sentenza n. 126 del 1996), individuandone il solo limite nel contrasto con i principi fondamentali dell’assetto costituzionale dello Stato ovvero dei diritti inalienabili della persona (sentenza n. 170 del 1984)» (punto 7 del considerato in diritto, corsivo aggiunto).
5 V. Corte cost., 8 giugno 1984, sentenza n. 170, ECLI:IT:COST:1984:170.
6 V. le riflessioni di C. Amalfitano, Tanto tuonò che piovve: abbandonare Granital. Cui prodest?, in GCOST, 2024, n. 6, p. 2633 ss.; Id., “Tono costituzionale”: formalmente conciliante, sostanzialmente preoccupante. Brevi riflessioni a partire dalla sentenza costituzionale n. 31/2025, in questa Rivista, 2025, n. 1, p. 377 ss., e di D. Gallo, L’effetto diretto e il nodo (di quel che rimane) della dottrina della doppia pregiudizialità, in questa Rivista, 2025, n. 1, p. 63 ss.
7 Corte cost., 14 dicembre 2017, sentenza n. 269, ECLI:IT:COST:2017:269.
8 V. Corte cost., 19 novembre 2024, sentenza n. 181, ECLI:IT:C:COST:2024:181. e successive. Per alcune riflessioni sulla recente evoluzione della giurisprudenza costituzionale v. C. Pinelli, Il rinvio pregiudiziale nel quadro della giurisprudenza costituzionale sul trattamento di leggi confliggenti col diritto UE direttamente applicabile, in Giustizia insieme, 9 giugno 2025, disponibile in https://www.giustiziainsieme.it/en/costituzione-e-carta-dei-diritti-fondamentali/3518-il-rinvio-pregiudiziale-nel-quadro-della-giurisprudenza-costituzionale-cesare-pinelli.
