La tutela giurisdizionale dei soggetti giudicati in absentia ai sensi del diritto UE nella sentenza Stangalov: un’occasione (parzialmente) persa?
Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-644/23, Stangalov
Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-644/23, Stangalov
La protection juridictionnelle des personnes jugées in absentia au sens du droit de l’UE dans l’arrêt Stangalov : Une chance (partiellement) manquée ?
Judicial protection of individuals judged in absentia under EU law in the Stangalov judgment: A (partially) missed opportunity?
La protection juridictionnelle des personnes jugées in absentia au sens du droit de l’UE dans l’arrêt Stangalov : Une chance (partiellement) manquée ?
Judicial protection of individuals judged in absentia under EU law in the Stangalov judgment: A (partially) missed opportunity?
Introduzione
Con la sentenza Stangalov1, la Corte di giusitizia (“Corte”) è tornata a pronunciarsi sull’interpretazione degli artt. 8 e 9 della direttiva 2016/3432 (“Direttiva”).
In primo luogo, essa ha precisato il confine tra le ipotesi in cui l’indagato o imputato può essere giudicato in contumacia senza godere, una volta informato della decisione assunta, del diritto ad un nuovo processo (art. 8, par. 2), e le ipotesi in cui invece tale diritto sussiste (artt. 8, par. 4, e 9). Così, essa ha chiarito dove si collochi il punto di equilibrio tra il diritto ad un equo processo – tutelato dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali (“Carta”), di cui gli artt. 8 e 9 sono espressione3 – e la necessità di evitare condotte elusive a detrimento dell’efficace perseguimento di reati4.
Parallelamente, la Corte è stata interrogata in merito ai poteri e obblighi che l’art. 47 della Carta attribuirebbe al giudice del procedimento contumaciale, ove la disciplina nazionale applicabile alla (eventuale) riapertura del procedimento fosse in violazione della Direttiva. Cionondimeno, quest’ultima questione pregiudiziale è stata dichiarata irricevibile.
In questo contesto, l’analisi illustra anzitutto la vicenda processuale e la pronuncia della Corte: sarà evidenziato il legame di continuità tra Stangalov e IR5, emessa in un precedente stadio del medesimo procedimento principale. Inoltre, il contributo proporrà una lettura della sentenza Stangalov in combinato con la “gemella” VB II6, pronunciata il medesimo giorno dalla stessa Sezione della Corte e riguardante altri profili di (in)compatibilità con il diritto UE della disciplina bulgara sul procedimento in absentia. Da tale lettura emerge una valorizzazione del ruolo del giudice del rito contumaciale nell’assicurare il diritto dell’imputato ad un equo (e, se del caso, nuovo) processo.
Per altro verso, il contributo mette in luce alcuni interrogativi lasciati aperti dalla sentenza in commento. Muovendo da alcuni rilievi sulle motivazioni a fondamento della declaratoria d’irricevibilità della questione sull’art. 47 della Carta, si segnala come una pronuncia sul punto avrebbe invece contribuito a definire più compiutamente il quadro di tutela applicabile alla fattispecie.
La sentenza Stangalov alla luce della precedente IR
Le sentenze Stangalov e IR derivano da un procedimento penale condotto in Bulgaria a carico del Sig. IR.
Quest’ultimo, dopo aver ricevuto l’atto di imputazione preliminare previsto dal codice di procedura penale bulgaro (“NPK”), aver nominato un difensore e aver indicato il proprio indirizzo, si è reso irreperibile. A causa della latitanza, egli ha interrotto ogni contatto con i propri difensori, e ha reso impossibile la notifica dell’atto di imputazione definitiva nonostante le approfondite ricerche condotte dalle autorità competenti.
In tale contesto, nel 2020, il tribunale penale speciale inizialmente investito del procedimento aveva interrogato una prima volta la Corte con riguardo al rispettivo ambito di applicazione dei parr. 2 e 4 dell’art. 8 della Direttiva7.
La prima disposizione consente la pronuncia di una sentenza penale in absentia unicamente ove l’imputato risulti «informato in un tempo adeguato del processo e delle conseguenze della mancata comparizione», oppure «informato del processo» e «rappresentato da un difensore incaricato». Al di fuori di tali ipotesi eccezionali, il combinato disposto degli artt. 8, par. 4, e 9 della Direttiva permette lo svolgimento del rito in contumacia, ma attribuisce all’individuo così giudicato il diritto, una volta informato della decisione, a che si celebri un nuovo processo in sua presenza.
Alla luce di tale quadro normativo, il tribunale specializzato aveva domandato in primo luogo se un imputato resosi latitante a seguito della notifica dell’imputazione preliminare, e perciò impossibilitato a ricevere l’informazione in merito allo svolgimento del procedimento e alle consguenze della mancata comparizione, potesse essere legittimamente privato del diritto ad un nuovo procedimento in sua presenza. In caso negativo, detto giudice aveva inoltre domandato se una norma nazionale (art. 423, NPK) che non garantisce mai un nuovo processo all’imputato latitante, in circostanze come quelle del Sig. IR, fosse compatibile con la Direttiva.
Trattando tali questioni congiuntamente (punto 24), la Corte aveva chiarito che un imputato datosi alla fuga non rientra ipso facto nell’ambito dell’art. 8, par. 2, e di conseguenza potrebbe invece godere del diritto ad un nuovo processo secondo gli artt. 8, par. 4, e 9 (punto 46), dotati peraltro di efficacia diretta (punto 28). Pertanto, una disposizione nazionale che escludesse tale diritto «per il solo motivo» della fuga e conseguente irreperibilità sarebbe in contrasto col diritto dell’Unione (punto 47).
Cionondimeno, nonostante la natura eccezionale dell’art. 8, par. 2, la Corte già in IR aveva elaborato una fictio iurische consente, in alcune circostanze, di trattare l’imputato fuggitivo come se fosse informato del processo8. Tale lettura deriva dalla facoltà, riconosciuta dalla Direttiva, di rinunciare «volontariamente e in modo inequivocabile» ad esercitare il diritto di presenziare al procedimento9. La rinuncia sussisterebbe qualora «indizi precisi e oggettivi» indichino che l’imputato, consapevole di essere indagato, compia atti deliberati volti a non ricevere informazioni ulteriori relative a data e luogo del procedimento (punto 48), ad esempio fornendo un indirizzo errato o al quale, comunque, non è reperibile (punto 49). Tale interpretazione potrebbe risultare in contrasto con il considerando 39 della Direttiva, che annovera la fuga e la latitanza quali esempi di casi in cui sussisterebbe il diritto ad un nuovo processo10. Tuttavia, ad avviso della Corte, questa sarebbe supportata dall’art. 47 della Carta, integrato tramite richiamo alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’art. 6 Cedu11.
A seguito dello scioglimento del tribunale speciale e della ripresa del processo a carico di IR dinanzi al tribunale di Sofia, quest’ultimo interroga nuovamente la Corte in Stangalov. In particolare, tale giudice nota come la Corte Suprema – competente in unica istanza ad esaminare le richieste di nuovo processo – non abbia mutato in alcun modo la propria giurisprudenza a seguito della sentenza IR12. Essa avrebbe anzi continuato ad applicare testualmente l’art. 423, NPK, rigettando le domande di nuovo processo di chiunque risultasse irreperibile dopo aver ricevuto l’imputazione preliminare. Di conseguenza, il tribunale di Sofia ritiene che il Sig. IR vedrebbe senz’altro negata una tale richiesta per il mero fatto di essersi dato alla fuga, circostanza che lederebbe il suo diritto ad un equo processo.
Pertanto, il giudice del rinvio interroga nuovamente la Corte sulla compatibilità dell’art. 423, NPK, con la Direttiva. La seconda questione pregiudiziale introduce, inoltre, un elemento di novità rispetto al precedente IR. Alla Corte si chiede infatti se, qualora vi sia la certezza che il giudice competente a decidere sull’istanza di nuovo processo rigetterà tale richiesta in violazione del diritto dell’Unione, l’art. 8 della Direttiva e l’art. 47 della Carta consentano o addirittura impongano al giudice del procedimento in contumacia di non pronunciarsi.
In risposta alla prima questione, la Corte ribadisce come, in talune circostanze, la fuga possa equivalere ad una rinuncia volontaria inequivocabile al diritto di presenziare al processo. Di conseguenza, essa puntualizza l’esame a cui è chiamato il giudice del rinvio nel decidere sulla sussitenza di dette circostanze. L’imputato dovrebbe considerarsi informato del processo anzitutto ove vi sia corrispondenza sostanziale tra la descrizione dei fatti e la relativa qualificazione giuridica negli atti di imputazione preliminare e definitiva. Inoltre, sarebbe comunque necessaria la consegna di tale secondo atto, nonché del documento recante data e luogo del processo, all’indirizzo indicato dall’imputato; le autorità dovrebbero peraltro dimostrare di aver compiuto «sforzi ragionevoli» per rintracciare l’imputato (punti 39-42). La Corte precisa infine che, ove tali condizioni fossero accertate, affinché il procedimento in contumacia rientri nell’art. 8, par. 2, sarebbe ancora necessario verificare se l’imputato sia stato informato delle conseguenze della mancata comparizione, o sia rappresentato da un difensore incaricato (punto 43).
Accanto a tali considerazioni, che ricalcano in gran parte quanto già affermato in IR,13 la Corte aggiunge due precisazioni significative. In primis, prende posizione espressamente sull’art. 423, NPK14: poiché quest’ultimo non sembra consentire le valutazioni descritte sopra, gli organi giurisdizionali nazionali dovranno verificare se sia suscettibile di interpretazione conforme o, in caso contrario, provvedere alla sua disapplicazione (punti 44-45). Da tali obblighi, la Corte deduce inoltre che spetterebbe al giudice del rinvio operare la valutazione rispetto alle condizioni di cui all’art. 8, par. 2, e «dichiarare [se del caso che] non sono soddisfatte nel caso di specie» (punti 46-51).
Tuttavia, non emerge se, in tale ipotesi, il giudice del rinvio sia tenuto a sospendere il procedimento, in virtù del rischio che la Corte Suprema rigetti l’eventuale richiesta di nuovo processo. Ad avviso della Corte, tale rischio non sussisterebbe: fino alla sentenza Stangalov stessa, sarebbe stata legittima l’applicazione letterale dell’art. 423, NPK, da parte della Corte Suprema, che avrebbe potuto genuinamente ritenere la disposizione una corretta attuazione della Direttiva (punti 58-59). La seconda questione è dunque ritenuta irricevibile perché meramente teorica (punto 60).
Il ruolo del giudice del procedimento in absentia nella tutela del diritto ad un nuovo processo
Rispetto alla precedente IR, la sentenza Stangalov ha precisato i contorni del diritto dell’imputato ad un equo processo sotto il profilo del diritto alla partecipazione. In modo particolare, la decisione in commento ha apportato significativi chiarimenti circa il ruolo del giudice del procedimento in contumacia quale garante di tale diritto.
Vale la pena ricordare che, nell’ordinamento bulgaro, tale giudice dovrebbe unicamente pronunciarsi sul merito delle accuse, mentre la persona giudicata in absentia potrebbe successivamente impugnare la sentenza o, formatosi il giudicato, presentare istanza di nuovo procedimento alla Corte Suprema. Quest’ultima sarebbe investita del compito di valutare se il procedimento rientri nell’art. 8, par. 2, o nel par. 415. Una disciplina di tal fatta non è, per se, contraria al diritto dell’Unione16. Tuttavia, la sentenza Stangalov rivela come il giudice del procedimento in absentia possa essere comunque chiamato dal diritto dell’Unione a compiere in prima persona la valutazione rispetto alla sussistenza dei presupposti dell’art. 8, par. 2.
Una ricostruzione ancor più puntuale del ruolo di tale giudice emerge da una lettura di Stangalov alla luce della “gemella” VB II.
Per quanto qui rileva, quest’ultima pronuncia verte su vari profili di incompatibilità delle regole procedurali applicabili alla richiesta di nuovo processo dinanzi alla Corte Suprema – tra cui l’art. 423, NPK – con la Direttiva e il principio di effettività17. La Corte afferma che, ove il giudice del rinvio constati – alla luce delle indicazioni della Corte – un contrasto insanabile, questo sarebbe tenuto a disapplicare le dette disposizioni18. In tale contesto, la Corte ricorda che di per sé la Direttiva non impone al giudice del rito contumaciale di prendere posizione, direttamente nella decisione emessa in absentia, sulla sussistenza del diritto ad un nuovo processo ex art. 8, par. 4; tuttavia, essa neppure lo vieta19. La Corte conclude dunque che «gli obblighi imposti da tale Direttiva sono rispettati» se il giudice del processo contumaciale afferma nella propria decisione che l’interessato avrà diritto ad un nuovo processo20.
Le statuizioni della Corte in VB II risultano, dunque, complementari a quelle contenute nella sentenza Stangalov: in combinato, esse consentono di ricostruire la regola cui dovrà attenersi il giudice del rinvio ove ritenesse necessario disapplicare l’art. 423, NPK.
Da un lato, dalla sentenza VB II non emerge esplicitamente se l’eventuale disapplicazione delle norme relative alla procedura dinanzi alla Corte Suprema debba necessariamente tradursi in una competenza del giudice del procedimento contumaciale sulle valutazioni di cui all’art. 8, par. 2 della Direttiva. Una risposta positiva parrebbe, tuttavia, ricavabile dalla pronuncia Stangalov: citando VB II, essa afferma che, ove diapplicasse l’art. 423, NPK, il giudice del rinvio «potrebbe essere chiamato ad operare esso stesso» la valutazione sulla sussistenza o meno dei presupposti dell’art. 8, par. 2 e, se del caso, «spetterebbe [ad esso] dichiarare» che non sussistono21.
D’altro canto, VB II chiarisce che la Direttiva non vieta al giudice del rito contumaciale di statuire sia sul sul merito delle accuse, sia sulla valutazione se tale rito rientri nel par. 2 o nel par. 4 dell’art. 8, nella sentenza che chiude il procedimento contumaciale.
Quanto detto risponde parzialmente – e non espressamente – alle preoccupazioni che hanno spinto il giudice del rinvio a sollevare la questione pregiudiziale poi dichiarata irricevibile. Tale giudice, come si ricorderà, domandava se gli artt. 8 della Direttiva e 47 della Carta lo obbligassero o autorizzassero a rifiutare di pronunciarsi in contumacia, al fine di proteggere il diritto del Sig. IR all’equo processo a fronte di una prassi della Corte Suprema in contrasto col diritto dell’Unione.
A tal riguardo, la Corte fornisce alcune utili indicazioni. In primis, dalle considerazioni suesposte può ragionevolmente dedursi che il diritto dell’Unione non imponga, nelle circostanze del procedimento principale, l’interruzione di questo. Tuttavia, il giudice del rinvio potrebbe chiarire nella propria sentenza che esso rientra nell’art. 8, par. 4 e che, dunque, il Sig. IR avrà diritto ad un nuovo processo. Peraltro, la Corte stessa parrebbe orientata in tal senso: sebbene IR possa considerarsi, verosimilmente, informato del processo, egli non risulterebbe (salva la valutazione ultima del giudice remittente) né rappresentato da un avvocato incaricato22, né informato delle conseguenze della mancata comparizione23.
Facendo leva, dunque, su tali considerazioni, il giudice del rinvio godrebbe di un certo potere – oltre le competenze conferitegli dal diritto domestico – nel garantire che IR possa in futuro beneficiare del diritto ad un nuovo processo, e dunque nel tutelare i diritti che questi ricava dalla Direttiva, espressione a sua volta dell’art. 47 della Carta.
L’irricevibilità della questione rlativa all’art. 47 della Carta e gli interrogativi lasciati aperti
Restano, cionondimeno, alcune significative questioni aperte.
In primo luogo risultano non del tutto condivisibili, a modesto avviso di chi scrive, le motivazioni dell’irricevibilità della seconda questione pregiudiziale. Come già ricordato, tale inammissibilità si basa sulla considerazione per cui agli occhi della Corte Suprema l’art. 423, NPK, avrebbe potuto rappresentare una corretta trasposizione della Direttiva24. Di conseguenza, l’opinione del giudice del rinvio secondo cui la Corte Suprema rifiuterebbe di considerare il diritto dell’Unione sarebbe, ad avviso della Corte, errata (punto 60). È certamente vero che, a seguito della sentenza Stangalov, la Corte Suprema dovrebbe mutare la propria giurisprudenza (punto 59). Tuttavia, come osservato in dottrina, era già piuttosto evidente dalla causa IR che l’art. 423, NPK, presentasse evidenti profili di contrasto con la Direttiva25. Ciononostante, nel proprio rinvio, il giudice a quo aveva riferito come la Corte Suprema non abbia mai neppure tenuto conto della sentenza IR, né sollevato questioni pregiudiziali per ottenere chiarimenti ulteriori. A tal riguardo, «non spetta alla Corte verificare le premesse sulle quali si fondano le domande di pronuncia pregiudiziale»26, e ciò in quanto, secondo consolidata giurisprudenza, è responsabilità unicamente del giudice a quo definire il contesto giuridico e fattuale che dà luogo ai suoi dubbi27. Peraltro, una domanda volta ad accertare se il diritto UE consenta di proseguire il procedimento parrebbe necessaria per risolvere il giudizio a quo28.
Facendo leva su tali elementi, la Corte avrebbe forse potuto cogliere l’occasione per rispondere al quesito fornendo qualche chiarimento ulteriore29. In particolare, ciò avrebbe consentito di precisare se il giudice del rinvio debba – come ipotizzato supra – procedere in contumacia e se del caso dichiarare in sentenza che la situazione rientra negli artt. 8, par. 4, e 9 della Direttiva. Risulta infatti dalla giurisprudenza della Corte che la violazione di diritti procedurali può precludere lo svolgimento di un procedimento in contumacia30. Seppur nel caso citato si trattasse di violazioni già avvenute, e non del rischio di una violazione futura come nel caso Stangalov, una pronuncia esplicita avrebbe certamente offerto indicazioni più complete al giudice del rinvio. In tal senso, la scelta della Corte di non pronunciarsi sull’art. 47 della Carta sembra peraltro in controtendenza rispetto alla generale valorizzazione di tale disposizione, talora perfino in assenza di richieste specifiche da parte dei giudici del rinvio31 o in casi di sua dubbia applicabilità32.
Restano, infine, ulteriori profili incerti: in circostanze simili a quelle di tale procedimento, il giudice adito con la richiesta di nuovo processo sarebbe vincolato a quanto affermato nella sentenza resa in absentia rispetto alla sussistenza del diritto ad un nuovo processo? A tal riguardo, è necessario distinguere due situazioni.
Qualora la sentenza affermi che la persona non godrà di tale diritto, verrebbe in rilievo l’art. 10 della Direttiva. Questo richiede la previsione di mezzi di ricorso a fronte di violazioni dei diritti in essa previsti. Interpretando le corrispondenti disposizioni di altre direttive sui diritti procedurali, alla luce dell’art. 47 della Carta, la Corte ha ripetutamente sottolineato la necessità di assicurare tale diritto in modo effettivo33. Parrebbe ragionevole concludere che, se il giudice del procedimento in contumacia avesse dichiarato che questo rientra nell’art. 8, par. 2, il giudice investito da una richiesta di nuovo procedimento dovrebbe ritornare su tale valutazione e, se ravvisasse una violazione del diritto UE, consentire la celebrazione di un nuovo processo.
Se, invece, il giudice del merito avesse affermato che le condizioni di cui all’art. 8, par. 2, non sussistono, ma la domanda di nuovo processo fosse successivamente rigettata – in violazione del diritto dell’Unione – dal giudice competente, resterebbe dubbio il quadro di rimedi. Tale incertezza deriva, peraltro, dal fatto stesso che la decisione sia affidata ad un giudice di unica istanza. In via generale, a fronte di violazioni del diritto dell’Unione da parte di giudici di ultima o unica istanza il danneggiato può far valere la responsabilità civile dello Stato membro34. Se, tuttavia, questo fosse l’unico rimedio disponibile, sarebbe necessario interrogarsi sulla compatibilità di esso con l’art. 10 della Direttiva, letto alla luce del considerando 44, secondo cui il rimedio previsto dovrebbe porre l’interessato nella posizione in cui si troverebbe in assenza della violazione. Potrebbe, in tal senso, rendersi necessaria una parziale revisione di quanto affermato nella sentenza XC35, secondo cui il diritto dell’Unione non obbliga per se gli Stati membri ad istituire mezzi d’impugnazione ulteriori a quelli già previsti nel diritto nazionale, né a disapplicare la disciplina nazionale sul giudicato, neppure ove fosse necessario a porre rimedio ad una violazione del diritto dell’Unione già accertata36.
La sentenza Stangalov offre, dunque, al giudice del rinvio indicazioni per far fronte alle proprie preoccupazioni rispetto al diritto del Sig. IR ad un equo processo nella vicenda a qua. Tuttavia, da una prospettiva più generale, essa lascia significative questioni aperte, sulle quali la Corte potrebbe essere – presto o tardi – chiamata a fornire ulteriori chiarimenti.
1 Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-644/23, Stangalov, ECLI:EU:C:2025:16.
2 Direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, in GUUE L 65, 11 marzo 2016, pp. 1 ss.
3 Direttiva (UE) 2016/343, considerando 33.
4Bilanciamento già al centro della precedente IR: L. Bernardini, Fostering in Absentia Proceedings When the Individual Absconds: Criminal Proceedings against IR, in CML Rev, 2023, n. 60, pp. 1419, 1426, 1428 e 1429.
5Corte giust., 19 maggio 2022, causa C-569/20, Spetsializirana prokuratura (Procès d’un accusé en fuite), ECLI:EU:C:2022:401.
6 Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-400/23, VB II (Information sur le droit à un nouveau procès), ECLI:EU:C:2025:14, cit.
7 Rinvio pregiudiziale che ha portato alla sentenza Corte giust., 19 maggio 2022, causa C-569/20, Spetsializirana prokuratura, cit.
8 L. Bernardini, Fostering in absentia proceedings when the individual absconds, cit., p. 1429.
9 Ratio dell’art. 8, par. 2: Corte giust., 19 maggio 2022, causa C-569/20, Spetsializirana prokuratura, cit., punti 34, 35 e 48.
10 L. Bernardini, Fostering in absentia proceedings when the individual absconds, cit., p. 1422.
11 Tale uso “integrativo” della Convenzione EDU è stato definito toolbox function: J. Callewaert, Convention control over the application of Union Law by national judges: The case for a wholistic approach to fundamenta rights, in European Papers, 2023, n. 1, p. 337; J. Callewaert, The Recent Luxembourg Case-Law on Procedural Rights in Criminal Proceedings: Towards Greater Convergence with Strasbourg?, in EuLawLive, 2023, p. 2.
12 Sintesi della domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 98, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, punto 29.
13 Si veda Corte giust., 19 maggio 2022, causa C-569/20, Spetsializirana prokuratura, cit., punti 58-59.
14] Il silenzio di IR sul punto è stato definito rather odd: L. Mancano, Convictions In Absentia and the Right to a Fair Trial. The Building of an EU Theory of Justice Continues: Spetsializirana Prokuratura (C-569/20), in EuLawLive, 2022.
15Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-400/23, VB II, cit., punti 25-27.
16 Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-400/23, VB II, cit., punti 53, 75, 78-80; Corte giust., 8 giugno 2023, cause riunite C-430/22 e C-468/22, VB (Information du condamné par défaut), ECLI:EU:C:2023:458.
17Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-400/23, VB II, cit., punti 53-75.
18 Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-400/23, VB II, cit., punto 83.
19 Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-400/23, VB II, cit., punto 85; Corte giust., 8 giugno 2023, cause riunite C-430/22 e C-468/22, VB, cit., dispositivo.
20 Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-400/23, VB II, cit., punto 87.
21Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-644/23, Stangalov, cit., punti 46 e 51.
22 Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-644/23, Stangalov, cit., punto 48.
23 Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-644/23, Stangalov, cit., punti 49-50.
24 Corte giust., 16 gennaio 2025, causa C-644/23, Stangalov, cit., punto 59.
25 L. Mancano, Convictions In Absentia and the Right to a Fair Trial. The Building of an EU Theory of Justice Continues: Spetsializirana Prokuratura (C-569/20), cit.
26Corte giust., 19 dicembre 2024, cause riunite C-185/24 e C-189/24, Tudmur, ECLI:EU:C:2024:1036, punto 27.
27 Inter alia, recentemente, Corte giust., 12 dicembre 2024, causa C-527/23, Weatherford Atlas Gip, ECLI:EU:C:2024:1024, punto 17.
28Su tale criterio: R. Mastroianni e F. Ferraro, Il rinvio pregiudiziale, in R. Mastroianni (a cura di), Il diritto processuale dell’Unione europea, Torino, 2025, p. 298.
29Una tale scelta sarebbe, peraltro, parsa in linea con il filone di pronunce in cui la Corte ha sostanzialmente risposto alle questioni sollevate, perfino qualora queste risultassero, in ultima istanza, irricevibili: da ultimo, Corte giust., 23 gennaio 2025, causa C-187/23, Albausy, ECLI:EU:C:2025:34; J.T. Nowak, Inadmissible, but still a Reply. On legitimate and illegitimate Exercises of interpretative Jurisdiction by the Court of Justice under Article 267 TFEU, in EuLawLive, 2025.
30Corte giust., 23 novembre 2021, causa C-564/19, IS (Illégalité de l’ordonnance de renvoi), ECLI:EU:C:2021:949, punto 137.
31 Corte giust., 20 febbraio 2024, causa C-715/20, X (absence de motifs de refus), ECLI:EU:C:2024:139; Corte giust., 26 settembre 2024, causa C-792/22, Energotehnica, ECLI:EU:C:2024:788.
32 A. Rasi, Effetti indiretti della Carta dei diritti fondamentali? In margine alla sentenza Commissione c. Polonia (Indépendance de la Cour suprême), in European Papers, 2019, n. 4, pp. 615-628.
33 Corte giust. 19 settembre 2019, causa C-467/18, Rayonna Prokuratura Lom, ECLI:EU:C:2019:765, punti 55-63; Corte giust., 7 settembre 2023, causa C-209/22, Rayonna Prokuratura Lovech, ECLI:EU:C:2023:634, punti 46-51.
34 M. Eliantonio, ‘A Spectre Is Haunting Kirchberg’ – The Spectre of Article 47: The CJEU Case Law on the Finality of Judicial Decisions and on the Ex Officio Application of EU Law, in M. Bonelli, M. Eliantonio e G. Gentile (a cura di), Article 47 of the EU Charter and Effective Judicial Protection, Volume 1: The Court of Justice’s Perspective, Oxford, 2022, p. 105.
35Corte giust., 24 ottobre 2018, causa C-234/17, XC e a., ECLI:EU:C:2018:, punti 51, 53-54; M. Eliantonio, ‘A Spectre Is Haunting Kirchberg’ – The Spectre of Article 47: The CJEU Case Law on the Finality of Judicial Decisions and on the Ex Officio Application of EU Law, cit., pp. 110-111.
36 S. Montaldo, Res Judicata and violations of EU Law: Disapplication, state liability and beyond, in A. Turmo (a cura di), L’autorité des jugements en droit Européen, Larcier Intersentia, 2024, pp. 23, 38-39.